martedì 2 giugno 2009

"Altre Brutte Citazioni" - SDVQ

A

Piove da quando mi hai detto ci vediamo e non ci siamo visti. I navigli esondano dai tuoi occhi sulle mie scarpe di tela e te la vorrei tanto dare la motivazione per chiudere i rubinetti della nostra indifferenza. Quando mi hai detto che sarebbe stato bello, o quantomeno normale, ho sorriso e mi son rotto la mandibola.
Mandami altre nostre bugie che ho fame.
Siamo finiti a santificarci ancora prima di parlarci e stratificarci, che ora siamo uno strato superficiale di laicità emozionale. Quantecazzatechedico.
Con i decibel delle tue poesie, per un po', mi ero tappato le orecchie dal mondo. Ma poi avevi altro da fare e il ritorno alla realtà è stato come frantumarsi. O dirti che mi

B

Vorrei che mi tirassi dietro tutti i libri che hai letto. A letto dici che questa è la prassi. Passi che sono giorni che eviti di amarmi, ma almeno rispondi al telefono che è urgente. Suono. Al tuo campanello.
Indosso una maglietta stretta sui polmoni che prima delle tue dichiarazioni non riesco a respirare e forse son svenuto proprio quando hai detto qualcosa riguardo alla fine di qualcosa e l'inizio di null'altro.
Ho finito gli sos. Aspetto la mezzanotte.

C

L'impossibilità di uscirne vivi in qualsiasi mo(n)do. I calli della nostra sopravvivenza tentata e tentennante che usiamo come scudo di protezione. Le nostre frasi preservativo. Perderti fa schifo.
Ho gli occhi gonfi come le tue caviglie. E il mal di testa del nostro sesso.
Ci siamo rotti le ditta stringendoci la mano in promesse (man)tenute all'oscuro.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

sabato 23 maggio 2009

Diagnosi

ho perso i sentimenti.

sabato 9 maggio 2009

"abbiamo cucinato sulle nostre ferite aperte e abbiamo abbondato con il sale" - SDVQ

Che ci mettiamo in testa due cannucce piegate e ridiamo su di noi e sulle nostre aureole senza pensare ad altro ad alta musica brutta in filodiffusione ad un litro di alcool che abbiamo dimenticato nei frigoriferi di tutte le serate passate.
Per presentarmi faccio un segno con la mano sul tuo cellulare e per preservarmi decido che questo è l'ultimo cocktail. ma non mi credi nemmeno tu che sai tuttonientetuttoniente di me e quando rido roteo gli occhi e tu le labbra.
Piacere Mattia.
Piacere Scusanonhocapitoiltuonomepuoiripetermelo?
Dici che i giorni sono come i film porno, e che non abbiamo una trama. E me lo scrivi sullo specchio del bagno tracciando linee sul vapore. Dici "rimarrà per sempre. C-R-E-D-O."
Ti chiedo se vuoi rimanere per cena e tu rimani per pena di lasciarmi li ad affettare cuori arti cipolle. E quando piango tu ridi e viceversa; dipende da chi cucina.
Che il Wonka fa schifo e ci siamo conosciuti li e ci abbiamo riso su e tu l'hai cucinato andandotene via e lasciandomi li. Ti ho scritto se me ne lasciavi un po' e tu me ne hai lasc
Le rughe dei nostri quarant'anni suonati in due.
Le righe dei nostri quaderni piegati in due.
Pago per due ed entri solo te.
E ti saluto con la mano e tu non mi offri da bere e dico cristosanto ma non mi si moltiplicano i free drinks.
non C-R-E-D-O.

Settimana prossima andiamo a scontrarci ed incontrarci da qualche parte da qualche party.
Che mi hanno ridato la patente per vivere e i punti di sutura.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

lunedì 27 aprile 2009

"Tutti i tetti del mondo danno sui nostri limiti?" - SDVQ

e poi ci finiremo a chiedere se tutti i tetti del mondo danno sui nostri limiti. che l'orizzonte si manifesta nel cortile interno delle palazzine dei nostri decifit. i nostri debiti d'amore e d'ossigeno che un giorno dovremo saldare. Saldiamo i nostri legami che tra poco cadiamo a pe
z
z i.
cristosanto.
ci siamo terrorizzati nel vederci riflessi nelle birre vuote e nelle notti vuote dove cerchiamo di riempirci di qualcosa. solido o liquido.
son rimasto chiuso fuori da te, potresti aprirmi in due e portarmi via il cuore e lo stomaco?
i nostri fegati appesi ad un filo e io che non ho il fegato per dataoraluogo in cui dirti che è finito un altro venerdi sera. Sarà che ci siamo rotti le scarpe a camminare su noi stessi. Sarà che abbiamo perso i calendari con i giorni del mestruo, i santi e i giorni in cui avremo vinto.
i giorni in cui ne sarei uscito vinto.

che tutto sa di niente,
apocalisse compresa.

trascorri qualcosa come una notte positiva un giorno positivo una settimana media.
che si è fatto tardi per arrampicarsi sul tetto di noi stessi.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

sabato 18 aprile 2009

"quando parlavamo tra parentesi mi sembravi geometrica" - SDVQ

Parliamoci tra parentesi che i nostri discorsi così potrebbero sembrare più bisbigliati ed onesti. Ho sfondato la tua aurea entrandoci con la macchina ai 130 all'ora e mi hai chiesto se conoscevo una ditta sicura per ritirare su le tue protezioni. I preventivi e i preservativi che ti ha regalato tua madre anni fa. Senza accento.
I nostri discorsi che sono pavimenti e moquette e parquet e piastrelle. E tu ci cammini sopra coi tacchi alti per tutto venerdì sera e ti dico "no, non dovevo dirti nulla. Davvero.". Di nuovo. Di nuovo non c'è nulla. Parlo a te con un fare da artistoide intellettualoide asteroide. Parole a caso che così capisci meglio che non dico nulla di vera-mente logico.
Death Cab For Cutie.
Nome-di-architetto.
David Bowie.
Nomi-di-architetto-più-anziano.
Le questure di cuore. Abbigliati con la nostra falsa modestia. Nudi come non siamo stati mai, neanche quando mi ha chiesto se sarebbe stato bello farlo sopra i nostri romanzi incompiuti.
Ti ho detto che cerco l'equilibrio del mondo e tu mi hai spintonato giù dal letto che non avevi abbastanza spazio in quel momento. E nell'architettura contemporanea.
Che quando mi hai chiesto di suonare la nostra canzone al pianoforte ho suonato un miliardo di volte solo il Do. Ti do più opzioni di toccata-e-fuga che così stai tranquilla. Che in questo secolo non c'è più novecento.
Intanto poi finiamo a dialogare senza labbra. Che per quello che ci diciamo vivendo altrove, mi pare già abbastanza. E in Triennale ho riso e mi hai zittito. Abbassa la voce e le aspettative, mi hai detto piano. E non me lo aspettavo.
Quando parliamo tra parentesi mi sembri geometrica.
Per non dire altro.
Per non dire tanto.
perdio.


Avevi dei pantaloni blu e gli occhi blu, credo.
Ma ti mascheravi da bianco comunque.
Neanche fossimo chissà quali pittori stravaganti e vaganti.
Ti ho detto che sarebbe stato bello se solo fossimo...
finiamola lasciandoci in sospeso.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

giovedì 9 aprile 2009

"le tue unghie stanno piangendo di nuovo" - SDVQ

Che poi ti dico che ti amo e finiamo a riderci su e giù che ti viene la nausea e vomiti e mi dici che sei incinta dei nostri difetti, e sei di fretta. E sei fredda.
Abbiamo preso così tanto freddo che l'abbiamo tenuto in borsa. E poi lo abbiamo giocato perdendo tutte le quotazioni e le equazioni. E le convinzioni.
E poi gli insonni e i sonni e in sonno sogno te che poi sono io e goodbye mr. Ego.
Qualcuno cade innamorato e qualcuno inciampa e si rompe i denti e sembriamo identici a quegli enti governativi che ci inondano di petrolio quando ci stringiamo le mani e le tue unghie piangono.
Che avevamo un credo, credo, ma lo abbiamo rimpiazzato con delle riviste di moda di musica di design, tanto per darci un tono. Tanto per darci dentro abbiamo ancora tutta la nostra maturità e la nostra vecchiaia. La nostra era glaciale.
Ed il nostro amore,
ahahahahahahah.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

lunedì 30 marzo 2009

RECENSIONE DISCO - The Music Lovers - Masculine Feminine

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Music Lovers:
Masculine Feminine

ANNO: 2008
ETICHETTA: Sleeping Star

"Se si decidesse di usarlo come sottofondo per una cena romantica con l'amore della propria vita, sarebbe l'ideale"

VOTO: 7

GENERE: elegant-pop, since 2003 (come recita il loro sito web).

PROTAGONISTI: questi 'Amanti della Musica' sono una band di sei elementi provenienti da San Francisco. I componenti: Matthew Edwards (voce), Jon Brooder (basso), Bryan Cain (chitarra), Kate Weeks (tastiere e viola), Ping Chu (batteria), Isaac Bonnell (piano).

SEGNI PARTICOLARI: terzo album su Le Grand Magistery (in Italia esce per Sleeping Star) dopo 'The Words We Say Before You Sleep' e 'The Music Lovers Guide For Young People'.

INGREDIENTI: un pop al di fuori della comune denominazione. La band di San Francisco non ripropone la solita formula, ma cerca di articolarsi in un percorso più ricercato, più alto. A dar man forte alla splendida voce di Edwards, ci pensano arrangiamenti jazz, swing, soul, i quali impreziosiscono il suono in svariate occasioni.

DENSITA' DI QUALITA': non c'è che dire, dentro questo album c'è una ventata di 'intelligenza' enorme. Che però risulta essere sia il punto forte che il punto debole del lavoro in questione. 'Masculine Feminine' non è un disco d'impatto, da primo ascolto. Per esemplificare, se si decidesse di usarlo come sottofondo per una cena romantica con l'amore della propria vita, sarebbe l'ideale. Ma se lo si volesse utilizzare come sottofondo per una cena romantica durante la prima uscita con una ragazza, si potrebbe passare per noiosi e intellettualoidi. L'iniziale 'Blackout' è un ottimo esempio di Music Lovers: pop ricercato arricchito da echi di jazz e swing. Subentra a sprazzi un'anima più sbarazzina, come in 'Saturday' o 'A Word From Your Faschion Editor', a contrapporsi ad episodi di gran liricismo come 'Autumn Royal' (la sezione d'archi è grandiosa) e al puro sentimento di 'The Wherewithal'. Ad arricchire tutte le composizioni è la voce di Matthew Edwards, profonda ed aristocratica. Un barocchismo indispensabile per mantenere tensione durante l'intero svolgimento del disco. Per chi ama la musica. E vuole sentirla e scoprirla ascolto dopo ascolto.

VELOCITA': camminare in un riservato salotto altolocato.

IL SITO: 'Myspace.com/themusiclovers'; 'Themusiclovers.net'.

Mattia Barro

RECENSIONE - Metronomy (La Casa 139, 1-3-09)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

1-3-2009
Metronomy @ La Casa 139, Milano
Chi conosce i Metronomy sa più o meno di cosa si parla quando li si definisce 'Geniali'. Trovate intelligenti e divertenti nei videoclip quanto nei live. Pose plastiche, coreografie, giochi di luce (oltre alle ormai consuete luci rotonde sul petto, si aggiungono quelle inserite nelle chitarre e tenute al polso).

I brani proposti in scaletta sono tutti ballabili e presentano sempre qualche buono spunto. I singoli estratti ci sono tutti e stupisce come, qualsiasi canzone, pare essere un papabile singolo futuro. La formula sulla carta è semplice: tre tastiere accompagnate a tratti da basso, chitarra e sassofono sopra le ritmiche in uscita dal Mac. Trame elettroniche con riff di tastiera appiccicosissimi, canto spesso in falsetto aiutato da cori e controcori ('Holyday', in apertura, ne è la sintesi).

Ogni componente della band, sul palco, diviene solista nel gruppo. Si viene quindi rapiti dai saltelli sia fisici che musicali di Oscar Cash (vero leader visivo), dall'autocelebrazione di Gabriel Stabbing e dal simpatico atteggiamento del cantante Joseph Mount ("The friendliest man in pop" per l'NME).

Un concerto davvero piacevole. I Metronomy garantiscono divertimento e interessante musica da ballare. Per chi era arrivato in Italia di spalla ai Bloc Party qualche anno fa, l'affermazione è finalmente giunta: signori e signore, ecco a voi i Metronomy.

Mattia Barro

RECENSIONE - Dente (Magnolia, 3-3-09)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

3-3-2009
Dente @ Magnolia, Segrate (MI)
Sarà che è martedì sera, sarà che pioviggina, sarà che non c'è il mare a Milano. Probabili ragioni per spiegare la freddezza iniziale del pubblico milanese che subito si scontra con lo spiccato umorismo e la vivacità attitudinale di Dente. Accompagnato da tastiera, basso e batteria, il cantautore italiano, finalmente alla sua consacrazione su larga scala, presenta il suo nuovo disco con un lungo live diviso in tre parti.

Si inizia con un trittico tratto dall'ultimo lavoro, con 'A Me Piace Lei', 'Incubo' e 'Buon Appetito', ma Dente non si dimentica dei precedenti lavori, anzi, ne ripesca i suoi massimi esponenti come 'Canzone Di Non Amore', 'Baby Building', '28 Agosto' e molte altre.

C'è sempre grande intensità nei brani proposti e il pubblico, pian piano, si lascia rapire dal cantautorato dolce e raffinato del nostro Giuseppe Peveri. Sono tutte esecuzioni di alto livello, intramezzate da simpatici siparietti (auto)ironici di Dente che riesce pienamente a conquistarsi una folla che pareva, addirittura, scettica nei suoi confronti. Spesso è lo stesso cantautore, però, a dover rimbrottare i disattenti (a dir poco) fonici, persi "a farsi le canne" invece di aggiustare la voce del tastierista che sparisce a tratti e che non pare venga notata dagli addetti ai lavori a fondo sala.

Dopo una lunga scaletta (che si conclude con la cover di 'Verde' dei Diaframma), congedandosi con la frase "Vado. Vado a fare pipì", il cantautore di Milano ritorna sul palco poco dopo in solitario (e con aureola in testa) per una ricca proposta di canzoni voce-chitarra. I brani storici sembrano quelli più amati ed aspettati dal pubblico che, quando può, si lascia andare ad un canto leggero di supporto.

Recuperata la band, c'è ancora un ultimo spazio dedicato ad altre canzoni di non amore prima della definitiva conclusione che, però, viene ancora rimandata da Dente, affamato di palco, che torna per i "bisses". Si riparte con 'Parlando Di Lei A Te', in cui c'è un intenso duetto tra pianoforti, per concludersi, stavolta definitivamente, con 'Beato Me' (tratto dalla fresca compilation 'Il Paese è Reale').

Seguendo le buone impressioni ottenute con The Niro e Vasco Brondi, Dente mantiene alto il percorso cantautorale intrapreso dai giovani talenti italiani in quest'ultimo periodo. Portando sul palco ironia (è straordinario l'atteggiamento che mantiene con il pubblico) e una lunga (quasi un'ora e mezza) e alta e straordinaria qualità musicale, un concerto di Dente si rivela la semplice formula della felicità.

Mattia Barro

INTERVISTA - Handsome Furs

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Interview: Handsome Furs
Arriviamo alla Casa 139 e Dan e Alexei, marito e moglie uniti musicalmente nel nome di Handsome Furs, sono alle prese con un set fotografico. I due canadesi sembrano cool rockstar da cui sarà difficile estrapolare qualcosa. Ma dopo alcuni scatti svelano la loro anima divertente e socievole. Cambiando completamente l'idea che ci eravamo fatti ad un approccio puramente visivo, ci sediamo con loro per una deliziosa chiaccherata.

Indie-Rock.it - Siete un duo e siete marito e moglie. Quando vi siete conosciuti e avete iniziato a vivere ed a lavorare insieme?

Dan - Ci siamo conosciuti circa 5 anni fa.

Alexei - Lavoravamo in uno stesso call center a Montreal.

Dan - Entrambi avevamo una relazione in corso e una forte attrazione reciproca. Continuare a vederci ogni giorno ci faceva impazzire. Così abbiamo lasciato quel lavoro e, praticamente, per due anni non ci siamo più visti. Ci siamo poi incontrati nuovamente 3 anni dopo a Vancouver, dopo un concerto coi Wolf Parade. Avevamo chiuso con le nostre passate relazioni e allora abbiamo iniziato a vederci. Siamo andati a vivere insieme in un appartamento minuscolo, abbiamo formato gli Handsome Furs e siamo andati in tour, principalmente nel nord Europa.

Alexei - Il nostro primo live è stato ad Oslo.

Che differenza riscontrate tra la vostra relazione sentimentale e quella lavorativa?

Dan - Non so quale sia la differenza...

Alexei - Come facciamo sesso a letto, lo facciamo anche sul palco!

Dan - Di certo è molto differente dal suonare con una band. Non ci sono quel genere di tensioni. La musica è gran parte della nostra vita, del nostro rapporto. Di sicuro ci sono molte differenze, ma per come la viviamo ora, non saprei elencartele.

Potreste essere comparati ad un'altra famosa coppia di Montreal, il nucleo fondante degli Arcade Fire...

Alexei - Sì sì, oltretutto Dan ha suonato il basso negli Arcade Fire.

Dan - Sì, ero un loro membro agli esordi. Arlen (Wolf Parade) ha suonato la batteria in un loro brano ('Wake Up'), mentre io sono uscito dalla band prima delle registrazioni del disco. Proprio in quel periodo stavamo formando i Wolf Parade e, sia io che Arlan, abbiamo deciso di concentrarci solo su quello.

Rimaniamo ancora sui Wolf Parade. Dan, come cambia il tuo approccio nel suonare con la tua band invece che con Alexei?

Alexei - Non fa sesso sul palco!

Dan - E' completamento diverso, è proprio un altro mondo. Con la band, il nostro flusso creativo lo troviamo jammando in studio per un lungo periodo. Di solito ci troviamo io, Spencer e Arlan. E' un processo totalmente diverso rispetto a quello che accade negli Handsome. Convivendo con Alexei, quando un'idea nasce, la buttiamo sulla drum machine velocemente.

Alexei - Possiamo lavorarci poi su la notte, o la mattina. Fermarci per cena e riprendere rapidamente.

A tal proposito avevamo preparato una domanda, fate musica prevalentemente a casa o in studio?

Dan - Entrambi.

Alexei - Ora stiamo principalmente lavorando in studio dove cerchiamo di perfezionare ed arricchire la traccia o l'idea che è nata precedentemente a casa.

Dan - In studio, potendo lavorare in zone separate, riusciamo a chiarire meglio la direzione che sta prendendo il brano. Oltretutto è davvero vicino a casa, quindi ci andiamo spesso anche se dobbiamo farci una fottuta camminata.

Alexei, tu sei una scrittrice. Puoi parlarci di questa tua carriera?

Alexei - Scrivo storie brevi, dialoghi, cose così. Molti sono stati pubblicati per riviste o siti internet.

Chi scrive i testi delle vostre canzoni?

A: entrambi.

E quali sono le maggiori difficoltà che hai trovato nel passare da scrivere questo genere di cose a scrivere liriche per canzone?

Alexei - Scrivere le liriche è stata davvero una grande sfida per me. E lo è ancora. E' totalmente differente. Ciò che scrivo normalmente è più articolato, posso dilungarmi e perdermi di più su qualche questione o qualche particolare.

Dan - Personalmente, credo che la sfida più grande per Alexei sia rendere poetica la canzone. Il 90% delle canzoni rock ha questo problema. Ciò che scrivi su carta spesso sembra perfetto, ma la difficoltà sta nella capacità di trasportare quelle sensazioni all'interno della canzone e unirle al mood musicale. Non è solo il testo che ha importanza, ma soprattutto il modo in cui lo canti. E anche se a volte le liriche appaiono semplici, cambiando la maniera di interpretarle vocalmente, cambia il loro significato.

Alexei - L'obiettivo è scrivere qualcosa di pulito ed immediato che arrivi.

Qual'è la principale ragione che vi spinge a fare musica?

Dan - Non potrei fare nient'altro. Credo che questo valga anche per Alexei. Ho provato a fare lo chef andando in delle scuole professionali apposite. Ma quando la musica arriva, ti distrugge tutte le carriere intelligenti che avresti potuto percorrere. Avevo una carriera da chef, ma l'ho buttata via per andare in tour.

La musica è strutturata su più livelli. Una parte ritmica, una melodica e così dicendo. La loro somma forma il suono. Quale è la vostra relazione con il 'suono'?

Alexei - Per me dipende dalla singola canzone che stiamo producendo. A volte cerchi di creare una determinata atmosfera e ti concentri su quello, altre volte vuoi soltanto musicare il rumore.

Dan - Io prediligo la semplice melodia. Una buona struttura, con una melodia diretta e rumore nel background. Per questo apprezzo i Sonic Youth o altre robe del genere. E' il suono con cui sono cresciuto. Quella musica che spesso si avvicina al confine della non-musica.

Quali sentimenti avevate durante la lavorazione del primo disco e quali avete inserito in quest'ultimo?

Alexei - Il primo album è nato dal nulla, senza aver avuto esperienza live insieme. Questo, invece, cresce con alle spalle una lunga militanza sui palchi che l'ha portato ad adattarsi e a vestirsi di un'anima più rock, più veloce, più groovy.

Dan - Il primo è nato rapidamente. Mentre i brani di quest'ultimo li abbiamo provati in tournée. Erano molto più rumorosi in principio, poi ci hanno rubato la drum machine e abbiamo dovuto riprogrammare tutto su di un'altra. Durante questo procedimento abbiamo accelerato le tracce. Finito il tour avevamo abbastanza materiale per completare 'Face Control', il quale è un lavoro più focalizzato, al contrario di 'Plague Park' che è nato in una vena più istintiva. Amo quel disco ma ora non ci rappresenta più completamente, siamo cambiati. Abbiamo viaggiato molto.

Il vostro continuo viaggiare come influenza la vostra musica?

Alexei - Molto. Un album come 'Face Control' dipende gran parte dai nostri viaggi e dai nostri spostamenti. L'incontrarsi con popoli di culture storicamente diverse. E' cambiato il modo di scrivere e di approcciarsi alla musica. Le idee venivano a crearsi rapidamente viaggiando, in studio le abbiamo semplicemente sviluppate e concluse.

Dan - Abbiamo fatto foto dei vari posti che abbiamo visitato e in studio, riguardandole, cercavamo di recuperare quelle sensazioni...

Alexei - Ad esempio, suonare provando a sognare Mosca. Con ciò che ci aveva trasmesso.

I nomi dei vostri dischi derivano da episodi o posti reali. Potete raccontarci le storie che si celano dietro ad essi?

Dan - 'Face Control' è una sorta di dress-code, un'usanza russa. Club e ristoranti russi hanno sulla porta questi enormi uomini che ti guardano, ti squadrano e decidono se puoi entrare o no. Anche se hai già pagato soldi per prenotare un tavolo, all'entrata, questa persona può decidere di non farti entrare. Non è un vero e proprio controllo dell'abbigliamento, decidono in base al tuo volto. E' un controllo del volto.

Alexei - 'Plague Park' è una località in Finlandia, nella sua capitale, Helsinki. E' un parco dove sono sepolte centinaia di persone ed è strano vedere quanta vita c'è e quanto è magnifico l'ambiente li intorno. In primavera, addirittura, c'è un enorme festa su questi campi verdi e tutti bevono birra. E' strano percepire tanta vita sopra così tanta morte. A Helsinki è tutto così fantastico, così suggestivo.

Avete un forte legame con la Scandinavia, non avete mai pensato di trasferirvici?

Alexei - Ci andrei subito. Mollerei tutto per andare li, ora. E' Dan che non vuole trasferirsi. Soprattutto per via dei Wolf Parade.

Dan - A me piacerebbe spostarmi a Siracusa. L'Italia è stupenda. Siamo già stati qua qualche volta e l'amiamo. Siamo stati vicino a Siracusa, in vacanza, ed era fantastico come la gente si relazionava con noi. Credo sia un paese incredibile. A partire dalle persone. Sono affascinato da questo forte carattere che avete.

Avete un tour incredibile. Date in tutta l'Europa e per il resto dell'America e del mondo. Che diverse sensazioni ricevete dai vari paesi?

Dan - I ragazzini, soprattutto negli USA, sono entusiasti, ma rimangono a guardarti con il loro cellulare o il loro iPhone, ti filmano e ti riguardano poi su YouTube il giorno dopo. Ti applaudono ma non esprimono quelle emozioni che rivedranno online o scriveranno su qualche blog. Tutto ciò mi disorienta. E' un vivere la realtà senza parteciparci. In Italia, ad esempio ieri a Brescia, invece, parlano, ascoltano, danzano, restano li con il loro bicchiere di birra, fan casino, applaudo, partecipano. E la gente è di qualsiasi età. Non è settoriale.

Alexei - All'est, d'altro canto, ti guardano con profondo interesse. Porti una grossa novità. E per questo, la folla è decisamente più casinara e rapita dallo show.

Dan - In USA ci sono i ragazzi dal college, in Europa c'è una platea più matura.

Alexei - E in Europa si mangia meglio.

Dan - Tranne in Inghilterra. Lì il cibo fa schifo.

A proposito di questi ragazzini iper tecnologici, nel vostro MySpace, nella biografia, c'è una forte critica verso la YouTube generation. Qual'è la vostra opinione a riguardo?

Dan - In paesi come Canada e, specialmente, negli Stati Uniti, internet è diventato un mezzo prevalente nelle comunicazioni personali. Nel sito dei Wolf Parade, dove la gente ci chiede prevalentemente informazioni sui dischi o sul tour, abbiamo dovuto rimuovere parecchi commenti di gente che ci buttava dentro la sua merda personale. Trovo figo, invece, che vengano postati i video dei concerti.

Alexei - L'uso di internet dipende molto da dove ti trovi. In molte zone è usato al fine di scoprire qualcosa di diverso su cui dialogare.

Dan - In Nord America e nell'Europa occidentale è diventato il mezzo prioritario per informarsi e parlarsi. Ne sono critico perché penso sia difficile apprezzare qualcosa in quella marea di informazioni...

Alexei - Che spesso finiscono per essere approssimate e poco accurate.

Una domanda prettamente tecnica, qual'è la vostra strumentazione?

Alexei - Io uso un MicroKorg. E una drum machine di produzione scandinava.

Dan - Io invece una Fender Telecaster prodotta in Messico. Un chitarra di ottimo rapporto qualità/prezzo e che si sposa bene con dei pedali stranissimi che mi porto dietro.

Giusto qualche giorno avevamo una discussione sul valore del MicroKorg. Credete che verrà ricordato come il 'suono' di questi anni?

Dan - Credo sia uno strumento straordinario! Ha la capacità di creare dei suoni pazzeschi. Ha tutte le carte in regola per diventare un modello di riferimento di questo periodo.

Alexei - Ora davvero in molti ne fanno utilizzo. La vera sfida sta nell'usare il MicroKorg in un modo originale in cui nessuno è ancora riuscito.

Siete sotto contratto con la Sub Pop, come gli italiani Jennifer Gentle. Li conoscete?

Dan - Si, li abbiamo visti l'altra sera. Sono fantastici. Ne abbiamo parlato con dei ragazzi di Bologna di come è assurdo che in Italia siano così poco conosciuti ed apprezzati.

Alexei - Sono davvero bravi.

Dan - Sai, anche la Sub Pop non capisce perché non abbiano mercato qui da voi...


Mattia Barro con la collaborazione di Roberto Grosso Sategna

RECENSIONE DISCO - Fever Ray - Fever Ray

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Fever Ray:
Fever Ray

ANNO: 2009
ETICHETTA: Rabid

"Ansioso e luminoso, piovoso ed innevato"

VOTO: 8

GENERE: electro-pop nordico.

PROTAGONISTI: Karin Dreijer Andersson: conosciuta al di fuori dai confini svedesi per gli ottimi risultati internazionali ottenuti, con suo fratello, nei Knife e per aver collaborato con i norvegesi Royksopp ('What Else Is There?') e i belgi dEUS ('Slow').

SEGNI PARTICOLARI: opera prima, da solista, per la cristallina Karin. Fever Ray arriva dopo il successo di 'Silent Shout', terzo disco in studio per i Knife. Anche l'esordio della Andersson è prodotto da Christoffer Berg, già dietro i comandi nei suoi progetti precedenti.

INGREDIENTI: electro a tratti molto minimalista, con scorci di arcobaleni. Il sole tra le neve appena posatasi su una struttura ritmica cupa.

DENSITA' DI QUALITA': Karin è, nel nostro immaginario, la voce dei ghiacci e delle nevi nordiche. Ha quel timbro inconfondibile che potresti riconoscere ovunque. Anche sotto ogni effetto e distorsione applicatole, la sua glaciale purezza è un dono limpido. 'Fever Ray' è un disco ansioso e luminoso. Piovoso ed innevato. Ad aprire questo suo esordio troviamo il primo singolo estratto, 'If I Had A Heart'. Una cupa trama sonora. Se avessi un cuore potrei amarti. Un dialogo claustrofobico tra una voce profonda e lontana e il pulito canto di Karin. 'When I Grow Up', tra i brani più riusciti, esprime magnificamente il liricismo della cantante svedese che si appoggia come solo lei sa fare su un beat minimalista ed una chitarra ritmica. 'Dry And Dusty' gioca ancora con il dialogo tra voci mentre 'Seven' cerca una via più electro, con un basso a strutturare il brano ed aperture sonore che si diffondono tra le pianure innevate della Svezia. La successiva 'Triangle Walks' si riempie di barocchismi divenendo uno dei lavori musicalmente più 'vivaci' di quest'opera. Al contrario, 'Concrete Walls' è un'altra traccia al piombo, grigia e cadenzata. Le liriche traggono spunto dalla seconda maternità di Karin. La composizione diviene un'anti-ninnanna, proprio come 'If I Had A Heart' può essere considerata, commercialmente, un anti-singolo. 'Now's The Only Time I Know' trova le migliori linee melodiche del disco amalgamandosi con una struttura ricca e aperta. Probabilmente l'apice della produzione Fever Ray che riusciamo a scovare. 'I'm Not Done' è un'altra perla, costruita attorno ad un beat complesso ed armonioso. Ampia e coinvolgente. 'Keep Streets Empty For Me' è, invece, completamente in balia della voce della Andersson: un tappeto sonoro dove Karin si adagia e lascia libero sfogo alle sue ansie e ai suoi desideri. In coda, 'Coconut'; un lento concludersi.

VELOCITA': si viaggia su binari nordici ai 100 bpm con qualche rara accelerata e qualche conseguente rallentamento.

IL TESTO: "I live between concerte walls / In my arms she was so warm / Eyes are open and mouth cries / Haven't slept since since summer", tratto da 'Concrete Walls'.

LA DICHIARAZIONE: da una dichiarazione della stessa Karin: "La metà delle canzoni vertono sul subconscio, sono idee di cose che succedono. Molte di esse riguardano il sognare di giorno, quando si è svegli ma stanchi; e molte delle storie sono realmente accadute nel mondo."

IL SITO: 'Feverray.com'.

Mattia Barro

INTERVISTA - Emidio Clementi (Massimo Volume)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Fnac, Milano. Tardo pomeriggio. Emidio Clementi (Massimo Volume) finisce il reading composto da estratti del suo nuovo romanzo 'Matilde E I Suoi Tre Padri' e si ferma a salutare e ringraziare la coda di fan ed amici che strepitano dal bisogno di comunicargli qualcosa. Dopo essersi concesso ad ognuno di loro, Mimì mi fa strada fino ad un ufficio dietro la sala del reading. Si gira una sigaretta (la prima di molte) e iniziamo una chiaccherata sulla scrittura e sulla musica.

Indie-Rock.it - La decisione di riformare i Massimo Volume è data dal fatto che credevate di aver qualcosa di nuovo da dire o perché ritenevate che quello che avevate detto era ancora valido e da propagandare?

Emidio Clementi - In realtà è stato veramente un caso. Siamo stati contattati dall'organizzazione del Traffic di Torino per una doppia serata, comporre musica inedita per il film 'La Chute De La Maison Usher' e suonare con Afterhours e Patty Smith. Non potevamo dire di no. Noi l'abbiamo vissuta come un rimpatriata per un occasione speciale. Dopo ognuno di nuovo al proprio lavoro. Poi però rimettersi a suonare e risentire il nostro suono che esce... C'è sembrato attuale e ci siamo chiesti: "Perché no? Perché non rimettersi a suonare e fare un disco nuovo?". Forse però l'idea non sarebbe venuta a nessuno se non ci fosse stata quella chiamata.

State lavorando al disco nuovo. Che tratti avrà questo lavoro, a 6 anni di distanza dal precedente?

A questa domanda non so davvero risponderti. Siamo ancora agli inizi, è prematuro parlarne. Io vorrei salvaguardare la poetica dei Massimo Volume perché è qualcosa che ci appartiene. Naturalmente vogliamo però fare un disco che parli al 2009, non so a quale tipo di pubblico, ma vogliamo che sia attuale. Non possiamo ripartire dal 2002. Ma ciò che sappiamo fare, non voglio perderlo nel tentativo di attualizzarci.

Il vostro modo di fare musica si è comunque propagato nella musica contemporanea. Citiamo Offlaga Disco Pax e, in parte, Vasco Brondi de Le Luci Della Centrale Elettrica su tutti. Avresti mai pensato di riuscire a fare scuola?

No, no, assolutamente. Ne parlavamo anche tra di noi e notavamo che ciò che ci sembrava un limite dei Massimo Volume era che fosse un progetto un po' fine a se stesso, nel senso che era difficile trovare, per noi, vie di fughe da quell'attitudine. Invece così non è stato e ci fa davvero molto piacere che si sia creata, mettendo le virgolette, una scuola. Noi non abbiamo inventato nulla, non siamo stati i primi. Io sono cresciuto, ad esempio, con gli Starfuckers. 'Brodo Di Cagne Strategico' è un disco che mi ha ispirato molto. C'erano molti punti di contatto con ciò che poi avremmo fatto noi. Cito anche i CCCP, anche se la loro poetica l'ho sempre considerata molto differente. Ho apprezzato molto che Max (Collini, Offlaga Disco Pax) e Vasco parlino di questa nostra influenza nella loro musica. Inoltre con loro ho un rapporto d'amicizia.

Come è stato tornare sul palco dopo tutto questa lunga pausa?

Bello, emozionante. La gente lo aspettava da tempo. C'è stata una bella prova di attaccamento da parte del nostro pubblico, di affettuosità, di presenza. E' anche vero che questa volta abbiamo raccolto ciò che non ci era stato dato, tranne che con l'ultima tournée forse. Oltre a coloro che ci seguivano all'epoca, si è formata una nuova generazione che ha scoperto i nostri dischi ed ha avuto l'occasione di vederci dal vivo. Questo oltre a farci piacere, ha allargato la fetta del nostro pubblico.

E a livello di sensazioni?

Più che sensazioni, ho avuto le stesse paure di sempre. Molto profane. Il bello di un concerto lo recuperi alla fine, ma li per li, in un occasione come quella di Torino, dopo sei anni che non suonavo dal vivo, hai poco tempo di pensare a ciò che c'è stato prima. Controlli se il basso è accordato, se ti ricordi gli stacchi, se senti abbastanza la batteria. Si rimane molto sul pratico. Nel frattempo io ho continuato a salire sul palco, ma ciò che mi mancava di più era la potenza del suono. Mi son continuato ad esibire in cose più fragili, più a bassa voce, mi mancava la spinta del suono.

Come vivi i differenti approcci al palco, da una parte il reading e dall'altra il live con i Massimo Volume? E' la mancanza di potenza la più grande differenza?

Sì, sicuramente. Mi piace muovermi per il reading, è più snello e più rapido. Non c'è soundcheck e attrezzatura da montare e smontare. Ma, probabilmente, c'è qualcosa di più sacrale che circonda un concerto vero e proprio. Io voglio continuare a vivere entrambe le situazioni.

Come vivi l'intimità del reading? Probabilmente leggendo qualcosa di più tuo, non difeso dalla potenza sonora, metti più a nudo la tua anima di fronte agli sguardi delle persone.

Ormai non mi spaventa più di tanto. Ne ho fatti davvero tanti. Poi, in particolare con quest'ultimo libro, che ha poco di autobiografico, riesco ad essere anche un po' più distaccato.

Quando hai iniziato a scrivere?

Al liceo.

Hai sempre prediletto questa forma racconto, o hai provato a sperimentare altre vie di scrittura?

All'inizio erano cose molto semplici, frammenti. Molto simili a ciò che poi è divenuta la poetica dei Massimo Volume. Tutto si risolveva in una pagina. Dopo il primo disco che abbiamo prodotto, ho sentito l'esigenza di allargare i miei confini. Mi stavano stretti i 3-4 minuti della canzone. Il passaggio complesso è arrivato con la scrittura da romanzo. In un romanzo è difficile tenere presente tutta la storia e avere la struttura ben chiara e visibile. Un racconto breve ha il vantaggio di essere facilmente rileggibile, mentre in un romanzo è più difficile vedere dove stai portando la tua storia. Son contento della mia carriera da scrittore nella quale son riuscito a crescere un passo alla volta, partendo da una piccola casa editrice, senza che nessuno mi assillasse.

Scrivere partendo dalle proprie ossessioni. Credi sia questo che il punto da cui parti per scrivere o hai altri motivi?

Credo che nella scrittura di ognuno, compresa la mia, c'è sempre qualcosa che ritorna in ogni libro. Io mi chiedo spesso perché scelgo di parlare di certe persone invece che di altre, di cui magari conosco meglio la biografia e le caratteristiche. Però spesso mi rendo conto che reputo affascinante da raccontare il momento in cui una persona si trova da sola ad affrontare il mondo. Persone che nella solitudine devono affrontare una situazione. Infatti, più o meno, ho sempre parlato di questo. Credo che sia vero che siamo spinti da ossessioni. Non so se siano proprio ossessioni, ma considerando che tornano con una certa frequenza, forse è questa la parola esatta.

Come definiresti di per sé, o rispetto agli altri, 'Matilde E I Suoi Tre Padri'?

Rispetto agli altri c'è un cambio di passo abbastanza evidente. Sicuramente è un libro borghese. Di una borghesia magari illuminata, ma pur sempre borghese. Ho cercato di lavorare soprattutto sullo stile dato che parlo di argomenti come il '77, come il movimento a Bologna e le case occupate che sono già stati descritti molte volte con un grande carico di pathos e nostalgia. Io invece volevo parlarne con distacco, come se ne prendessi le distanze.

A differenza dei tuoi precedenti lavori, questo romanzo non è autobiografico. Quindi mi sorge spontaneo chiederti, quanto c'è di autobiografico in un romanzo non autobiografico?

Sempre abbastanza. Quando descrivi le reazioni o i sentimenti di alcuni personaggi è normale che ti rifai alle tue reazioni, o sentimenti, in determinate circostanze. In una qualche maniera ha profondamente a che fare con me stesso. Credo che in questo libro, tante cose che appartengono a Laura, ad esempio, siano mie. Devi comunque diluirle. Forse è un percorso più affascinante dell'autobiografismo in senso stretto.

Come hai vissuto l'evoluzione come scrittore e come musicista?

In parte è stato un percorso parallelo con vari punti di contatto. Nella band c'è un lavoro più di equipe e i cambiamenti risultano più repentini quando tutti si muovono dalla stessa parte, anche se spesso diventano più complessi. Dal punto di vista letterario, c'è stato un distacco sempre più maggiore dal mio vissuto. Già da 'L'Ultimo Dio', che è un lavoro molto autobiografico, riuscivo già a maneggiare con maggior cura l'immaginazione. Prima mi risultava più difficile.

Ho letto, in qualche tua intervista, che ti turba l'aver perso "gli orizzonti sconfinanti dell'adolescenza"? Cosa rimane della tua adolescenza?

E' una domanda difficile. Il nucleo di me è rimasto comunque inalterato, anche quando ho preso coscienza di me. Le mie insicurezze e i miei entusiasmi credo che agiscano sempre stimolati dalle stesse cose. In quello non sono cambiato. Però è vero che col passare degli anni, l'orizzonte diventa sempre più limitato e cominci a farci i conti. Ma d'altro canto, è anche rassicurante. Prima avevo orizzonti molto più ampi e riuscivo a stemperare le tensioni in un futuro che sarebbe stato completamente diverso. Adesso ho capito che l'unica cosa che mi resta da fare è affinare quei pochi ambiti in cui ho capacità. In questo caso la scrittura e la musica. Si vive sempre su un filo facendo l'artista, ma questo equilibro precario mi protegge in un qualche modo.

Come ha influito la tua paternità in questo?

Parlando a livello pratico, ho iniziato a scrivere il libro prima che Nina nascesse. Dopo la sua nascita mi è stato più facile descrivere Matilde, perché ho potuto proprio vedere in presa diretta i suoi atteggiamenti. In generale, come succede ad ogni padre credo, oltre alla stanchezza, la paternità porta un maggior senso di responsabilità. E' anche vero che i figli riescono a spegnerti i pensieri. Quando sono agitato, passare mezz'ora con mia figlia mi rilassa molto.

Qual'è lo scritto o lo scrittore a cui ti senti più legato?

La scrittrice che prediligo è Katherine Mansfield, la sento molto vicina.

E su ciò che hai scritto te? Con quale hai un maggiore legame interiore?

Non per sviare la domanda, ma mi piacerebbe ricompattare tutto ciò che ho scritto in un unico libro e dire "questo". Quello che ha più limiti, è il mio primo romanzo 'Il Tempo Di Prima', ma anche li, ci sono delle pagine che, rileggendole, mi piacciono. Nello stesso modo trovo difetti in ogni mio romanzo. Mi piacerebbe dire l'ultimo, perché è l'ultimo, perché è l'ultimo di un percorso. Però, forse...dai, 'L'Ultimo Dio'.

Città come Bologna e Torino appaiono ricorrenti e fondamentali con la tua vita. Com'è il tuo rapporto con queste città? Quanto influisce?

Molto. Ad esempio, in quest'ultimo lavoro ci sono anche gli Stati Uniti con San Francisco e New York. Luoghi che, per ironia, ho visitato dopo aver scritto certe pagine. Allora sono andato a visitarle controllando se avessi scritto tutto giusto. Sai, ora con 'Google Maps' sei comunque aiutato, anche solo a vedere le disposizioni dei vari locali. Però ti muovi su un terreno più scivoloso. Quando conosci una città, e ne scrivi, riesci a muoverti decisamente meglio.

Conclusasi questa risposta, gli addetti ai lavori della Fnac ci invitano cordialmente ad uscire dal locale e a svuotare il piccolo palco dove Emidio aveva eseguito il reading accompagnato da un chitarrista. Ci congediamo con un abbraccio. E qualche augurio.


Mattia Barro

giovedì 26 marzo 2009

"mi si son cariati i denti" - SDVQ

Metti gli Interpol a tutto volume e poi lanciati contro una parete e tira giù il mondo. Che ci facciamo un po' di spazio per noi almeno. Per noi che siamo andati a ballare sui cocci dei nostri sentimenti. Senti niente.
Che siamo caduti dentro le bottiglie di vodka vuote e ci siamo sbucciati le ginocchia. Ma abbiamo continuato a berci su. E ti ho detto che a vent'anni sembrano tutti artisti.
Sembri un artista conciata così.
Ci siamo smembrati gli occhi nel guardarci a fondo e infondo non abbiamo trovato nulla di meglio di un letto sul tetto del mondo e sai che tira un freddo della madonna. La madonnina di Milano che ci vomita addosso quando camminiamo a passi svelti sotto il duomo. Tuona.
Mi si son cariati i denti a dirti che forse provo qualcosa e a provare qualcosa nel camerino di Pull And Bear e sentirmi stupido e fuori luogo, da ritrovarmi in un camerino di H&M.
diotuo, che io non ce l'ho.

-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

martedì 17 marzo 2009

"Gli organi delle chiese dove ci siamo sposati ubriachi" - SDVQ

Abbiamo donato gli organi delle chiese dove ci siamo sposati ubriachi. Proiettando le parole della Nostra canzone che non conosciamo e non abbiamo mai sentito. Storia di confine con la fine. E tra i nostri ingressi passano i tram. "Feeling" non è la parola esatta, ma è la prima che mi viene in mente, scriverebbe qualcuno.
Gli abiti e gli abc che scegli quando mi chiedi "sei felice, Charlie Brown?".
Aprire le parentesi coi cocci dei nostri cuori malconci. Le linee rette delle nostre rette vie in cui sbandiamo e su cui brindiamo su.
Le finestre aperte e i passanti che ci buttano in casa i lacrimogeni durante le discussioni accese e poi spente come le sigarette su cui lasci il rossetto. Che commenteremo ad alta voce un film muto e ti pagherò il mutuo coi miei reni e i miei geni. Gli edifici sacri e i sacrifici per tenerli su. Che non crollano mai e che s'incollano a noi. Se vuoi. Ci urleranno di andarcene in una qualche lingua, o legione, straniera. E quando arriverà il padrone saremo estranei. E strani.
Tutti i se dei nostri SEntimenti. Che se ti menti non riusciremo ad andare da nessuna parte nemmeno con le scarpe buone che ci siamo comperati dopo. E vorrei dirti parole con la A maiuscola e la m minuscola come è giusto che accada. E cada.
E un giorno dormirò sul divano lasciandoti il letto.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

lunedì 9 marzo 2009

"causa vostre lacrime causa tue lacrime causa" - SDVQ

Che questo vento ci ha spazzato via dignità e serenità. I grandi sentimenti che ti porti appresso e che lasci nel bagagliaio quando butta le sue mani sui tuoi seni. O se no la pioggia insistente sulle tue parole libere. Espropriazioni proletarie dei tuoi attici e dei tuoi attimi che mio dio quanto ti manco che poi ti dimentichi pure l'ora in cui arrivo e resto alla stazione ad aspettarmi per quattro lustri. Lustrati la coscienza.
I predicati verbali e i predicatori che portano il verbo e la coda lunga un chilometro appena fuori dal tuo zerbino liscio. I pre-indicatori delle tue bugie e scusa puoi girarti di lato che quando mi guardi con quel naso lunghissimo rischi di perforarmi un occhio?
Passi le notti con il dentifricio al limone e poi mi dici che mi ami è un posto magnifico. Che te l'ha detto una tua amica che c'è andata quando c'era ancora Bush. Senior.
Ho cancellato Solo i tuoi messaggi.
Le prese di coscienza della Bastiglia e le brioches per il popolo sovrano di cui fai parte. Di cui te ne fai arte. Di cui te ne fai rate. Prestito a tasso zero+me+te che mi consigli di vendere un rene o n. sogni. N.
Le mie spalle imbarcate causa vostre lacrime causa tue lacrime causa.



Mattia Barro

"le rosticcerie cinesi, le domeniche pomeriggio, le partenze" - SDVQ

Che ci alziamo alle 2 del pomeriggio che siamo stanchissimi e scopiamo fino a sudare lacrime. E mentre ti riprendi ti rubo la macchina e giro il mondo alla ricerca di una rosticceria cinese aperta alle 5 del pomeriggio di domenica. E poi quando la trovo compro di tutto che ho gli occhi più grandi dello stomaco e del portafoglio e c'è tua madre fuori dal negozio che mi chiede dove sei e perchè ho la tua macchina e io sorrido da scemo e dico Come Stai?, alla faccia delle buone maniere e delle buone mani. Poi arrivo a casa che siamo così affamati che divoriamo il fritto velocemente e avanziamo quasi tutto. Avanziamo di peso e stanotte moriremo di fame di nuovo. Per la festa della donna ti regalo uno di quei dolcetti cinesi con dentro una frase esistenziale e tu reciti "troverai l'amore della tua vita. Da consumarsi preferibilmente entro il 1998". Tu mi abbracci in camera e sembra di essere a Chinatown dall'odore che abbiamo addosso. E facciamo un falò per dirci che ce ne andremo da qui. E da li.
I nostri problemi e due porzioni di pollo flitto.
I Rayban che lascio a Milano quando sono a Ivrea e i Rayban che lascio a Ivrea quando sono a Milano sono lo stesso paio di occhiali.
E siamo a corto di ide
e
e
e
e
e.
Che vuoi partire e ti chiedo per dove e tu mi rispondi ma non sento che i motori degli aerei fanno un frastuono incredibile. E rimango al chek-in. Pare stia arrivando la primavera e un British Airways ed è meglio che torni a casa. Che coi congiuntivi non so mai se lo dico a te o a me.
Accoltellami con una bacchetta incastonata nei ravioli al vapore che poi cambierà il sapore. Che abbiamo messo tutti i preservativi pieno dei nostri figli dentro a dei fazzoletti nelle buste della Fnac.
Che quando mi hai chiesto se reputo importante il modo di vestire delle persone, ti ho detto .


Mattia Barro

domenica 22 febbraio 2009

"Buon Appetito Amore Mio" - SDVQ

Che siamo finiti a dirci che io e te siamo pertosse. E percosse. Percorse le strade che portano ai burroni per suicidarsi, ci siamo fermati per un picnic. Io ho portato da mangiare e tu i tuoi oggetti più cari, scelti in base ad un calcolo economico con i tassi di inflazione aggiornati. A giornate.
Ti stringo le gambe mentre ci baciamo sdraiati e tu decidi di amputarmi tutto l'amore che ho. E i nostri problemi che si incagliano tra i tuoi collant. O le tue calze a rete. Sbagliare i goal a porta vuota e portare emozioni vuote alle nostre cene dei cretini che ci siamo invitati a vicenda. Avvicinati quando mi urli a bassa voce nel silenzio tombale di ciò che reputiamo musica per occupare spazio.
Che mi innamoro di trecento ragazze a notte pur di passare il tempo e non pensarti e non pesarti. Che quando mi hai presentato ai tuoi, loro hanno chiesto asilo politico sui tuoi satelliti sulle tue lune sui tuoi lumi.
Io aspetto che tu dica qualcosa mentre stendi su una fetta di pane un etto di malcontenti.
"Ho messo le mani in tasca ed ho sputato sulla tavola,
Buon Appetito Amore Mio."

-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

RECENSIONE CONCERTO - Emiliana Torrini (Magazzini Generali, 12.02.09)

12-2-2009
Emiliana Torrini @ Magazzini Generali, Milano

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Il tecnico entra rapidamente sul palco e alza l'asta del microfono. "E' l'unica cosa che dovrei fare", esclama Emiliana sorridendo. I Magazzini Generali sono incredibilmente colmi. Per del songwriting islandese. Di giovedì sera. Da non credere.

Emiliana ne è quasi spaventata e si muove come una bambina imbarazzata durante le sue splendide esecuzioni dei brani, sempre in un inglese fortemente caratterizzato da un accento difficile da mascherare. Dai suoi tre dischi, la gioiosa italo-islandese pesca a più mani, per circa un'ora e mezza di soffici canzoni pop cadenzate da arpeggi di chitarra principalmente malinconici.

La ricerca della felicità sembra la chiave principale su cui la cantautrice cerca di instaurare un rapporto dialogico con il pubblico. La sua musica vuole allargare la luce che vediamo alla fine di ogni tunnel, trascinarcene fuori sorridendo.

Il concerto non subisce evidenti cali durante il suo lungo trascorrere. L'intensità che viene a crearsi è un continuo scambio palco-platea. Spesso vengono zittiti coloro che, accompagnando qualcuno, si perdono sul balcone del bar a parlare di chissà quale guerra mondiale intravista nell'ennesimo reality.

Parlare di singole canzoni sarebbe riduttivo. Emiliana è 'Jungle Drums', ma anche 'Nothing Brings Me Down' e 'To Be Free'. Ed il suo concerto è un sentiero attraverso la sua evoluzione musicale che, ammaliati, continuiamo a percorrere rapiti dalla sua voce cristallina.

Mattia Barro

venerdì 20 febbraio 2009

"Ti ho portato indietro gli ombrelli" - SDVQ

E finisci che tu mi chiedi di nuovo perché ti ho salvato la vita e ora mi sto quasi innervosendo. E a carnevale cerco di baciare il mio orgoglio ma finisco nella bocca di un'altra. Senza incespicare. Poi cado per terra ballando e mi rialzo goffo e tu probabilmente ti starai sparando in vena tutte le canzoni che non ti mai inviato.
Far fronte ai nostri tele-obiettivi.
Gli apici e gli amici che non riusciamo a raggiungere che quando abbiamo corso mano nella mano contro il mondo un palo ci ha sfondato le falangi. Gli effetti serra delle tue parole sillabate e sussurrate.
Che siamo caduti dall'ultimo piano delle nostre pantomime. E abbiamo ballato canzoni d'orrore sulle mine inesplose del nostro passato ingombrante. Scalzi e scazzati. Incazzati.
Hai skippato tutte le tracce dove c'era una M. Eno Ale.
Ti ho portato indietro tutti gli ombrelli con cui mi ero riparato dalle tue piogge sentimentali. Amarti è stato l'ennesimo scolapasta inserito nelle nostre vite Ikea. Il fascino a cui ci rimanda il nord Europa. Il fascino a cui ci rimanda.
Ti ho sussurrato all'orecchio tutti i titoli dei brani che metteva il dj per farti sorridere. E probabilmente hai riso, avendoli riconosciuti per il loro uso ipnotico e per il loro sopruso spasmodico. Siamo destabilizzati e disintossicati da poter vedere quanta noia ci circonda. I nostri sentimenti in panne e i panni sporchi che lavo nel tuo bagno mentre dormi da 12 ore filate e sfilate.
Abbiamo bevuto così tanto da dimenticare il modo con cui sarebbe stato educato dirci addio. Che ora così, suona davvero male.
Che ora così, fa davvero male.



-Stralci Di VIta Quotidiana-
Mattia Barro

lunedì 16 febbraio 2009

"Il giro del mondo il giro del mondo il giro del mondo e tu vomiti" - SDVQ

Ma poi sono arrivati i giorni dopo ed il presente. Ed il futuro prossimo. Che a contare i giorni che mancavano avevamo finito le dita delle nostre mani.
Non c'era Svezia.
Rifare l'asfalto dei nostri sentieri percorsi.
Rifare l'asfalto dei nostri pensieri e di corsa.
Rifare lo smalto dei tuoi ponteggi.
Rifare lo smalto dei miei denti.
E poi son arrivati i corsi universitari e le corsie d'ospedale. I corsi d'acqua dove ci siamo lavati i peccati con lo stesso liquido putrido. Pure tu. E non provavamo imbarazzo a vederci nudi e cosparsi di parti di altri.
Ti ho tenuto la mano quando sei caduta giù nel Grand Canyon e pensavo fosse uno scherzo di cattivo gusto. Avevi la faccia rossa ed eri buffa. Proprio non ci resta che chiuderci in camera tua con i dischi inascoltabili che continui a propinarmi.
L'alba vista dal tuo letto sembra il tramonto. O abbiamo bevuto così tanto da ribaltarci le vite? Che da ubriaca ti sei tatuata il mio nome vicino alla vagina ma manca la i e fa molto ridere. E quando l'hai notato la polizia ha riempito la stanza di lacrimogeni e io ho continuato a riderci su.
Mi hai dato appuntamento sulla torre di Pisa e siamo caduti giù. Solo noi. Avevamo cemento miracolato sulle nostre ginocchia sbucciate. E i cinesi ci facevano foto con obiettivi enormi mentre noi stringevamo i nostri giornalieri obiettivi minuscoli.
Il giro del mondo il giro del mondo il giro del mondo e tu vomiti.
La distanza aerea tra Milano e New York è pari alle nostre incomprensioni settimanali. E Ryan Air intanto ci divora la pazienza reciproca. Al LAX mi dici che hai dei ritardi e non sai dirmi se mentali o mestruali. O orari. E mi limito a sorriderti.
Io e i tuoi xanax sotto la Torre Eiffel.
Io e i tuoi xanax sotto al Big Ben.
Io e i tuoi xanax dentro di me.
Che stare con te era come sposarsi una farmacista.
Quando abbiamo parlato di architettura hai avuto un attacco epilettico pur di non darmi ragione. Diamine. E poi hai attratto tutta quella folla che sembravi un carretto dei gelati.
Avevi sempre fame e la Moleskine della capitale sbagliata.


Abbiamo speso un capitale per starcene a casa quando potevamo uscire ad apprendere qualcosa. A prendere qualcosa.
A perdere qualcosa.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

giovedì 5 febbraio 2009

"Che io e te siamo come un film di Lynch" - SDVQ

Che un giorno te ne andrai da qui. Ma prima ti righerò la macchina.
Mentre ti saluterò terrò la chiave tesa a sfregiarti un fianco, una guancia. Perderai sangue e verniciatura che a volte non c'è nemmeno tutta sta differenza. Come nei film in cui ti perdi.
Abbiamo programmato con così poca cura il nostro futuro che finiremo dentro qualche burrone ai mille all'ora. Dentro le vetrine di Torino. Dentro il tuo traforo chiuso per lamentele. E ragnatele. Che per alleggerirti sulla bilancia ti togli il cuore e io ti chiamo sul cellulare, perplesso per il tuo distacco impassibile.
Ora che bruci tutto nel falò della tua vendetta finalmente ti abbronzerai. Come nei festival alle 4 del pomeriggio sotto il sole cocente e l'odore di salamelle. E di birra. Hai preso il lettino e ti sei messa su i Rayban, e l'ipod probabilmente passa qualcosa che tu reputi Piacevole. L'ombrellone coi miei abiti. Non ricordo dove abiti.
Che io e te siamo un film di Lynch dove non si capisce mai un cazzo di nulla. Un cazzo di nulla.
Ed era Piacevole sentirti dire che stavo sbagliando. Piacevole per te.
I giorni dedicati ai nostri sorrisi e buon San Mestruo che almeno non sanguini per colpa mia. Per una volta. Per una svolta.
Che sono stanco di dover finire a sputarci contro ogni nostra cronica incapacità di comunicare. Intanto menti così tanto da avere la testa enorme. Aggrapparsi aggrapparsi aggrapparsi sui rapporti vetrati che compongono i nostri condominii di scuse epiche.
Manca l'amore come mancano i messaggi gratis da mandare.
Manca l'amore come mancano le connessioni adsl nei nostri buchi del culo.
Il tuo cattivo gusto nei ragazzi e nelle frasi fuori luogo che mi tiri dietro. Che mi tiri indietro. Ho provato a spiegarti che basterebbe contare fino a dieci ma hai iniziato dall'undici e giustamente dopo un po' te ne sei rotta le palle. La matematica non è un'opinione ma un grosso tomo con formule che mi ha rotto la schiena a 15 anni. e a 13. e a 16.
Io e te e la generazione di storpi che siamo.
Io e te e la generazione di stronzi che siamo.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

domenica 1 febbraio 2009

"Previsioni" - SDVQ

Le tue previsioni esatte che dovresti fare la meteorologa. O la meteora nella mia vita. Che sai sempre come va a finire e a metà film devo cambiare che inizi ad annoiarti annoiarti. Telecomandi le nostre azioni future nel tuo distacco nobile e nel tuo modo di agire barbarico non ti accorgi di tutti i dettagli su cui cadi sopra quando sei sbronza. Frantumi ogni mio gesto che intanto sono un film con la trama che già conosci e già capisci e quando ti faccio leggere ciò che scrivo mi dici "datti all'ippica" ma oggi nevica così forte che han chiuso gli ippodromi e mi tocca rimettermi a scrivere ed escono cose insensate tipo questa. Che poi non è che se scrivessi chissà quale storia, cambieresti la tua idea di me in em.
I baricentri spostati dei nostri discorsi che finiamo sempre a parlare di cose così distaccate che dici che le nostre domande non sanno di niente e le nostre risposte non sanno niente. anno dopo anno. La pensavo diversa ma hai detto basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta basta e io ho replicato che non ho capito e hai fatto uno di quei versi che fai quando sei nervosa e mi viene da ridere nei momenti peggiori. Come i nostri ultimi 8 mesi, in cui ho riso fino alle lacrime.
Ahahahahah.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

sabato 31 gennaio 2009

RECENSIONE CONCERTO - Pivot (Casa 139, 5.11.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

5-11-2008
Pivot @ La Casa 139, Milano
Il gruppo si chiama Pivot e viene dall'Australia. Il loro secondo disco, 'O Soundtrack My Heart', è uscito quest'estate. L'etichetta che li lancia è la Warp, una certezza. E' lecito, quindi, aspettarsi dell'ottima musica. E' ciò puntualmente accade.

Il terzetto sale sul palco e, per circa un'ora, ci inonda di trame sonore decisamente interessanti. Sulla scia dei Battles, loro compagni di label, il live è un rock sperimentale-strumentale in cui la voce appare solo in sporadici episodi, come strumento aggiuntivo. Mantenendo ancora un attimo il paragone coi Battles, dove la band newyorkese ci mette forte tecnica nella costruzione dei brani, i Pivot si lasciano completamente trascinare dall'istinto e dalle proprie emozioni.

Uno show musicalmente animalesco dove spesso è il nervosismo eclettico delle produzioni ad intrigare. La batteria è il perno su cui ruotare le intere composizioni (molti brani sono suonati con le percussioni riverberate e ritmiche spasmodiche) e su cui, molto spesso, l'attenzione si getta interamente. Tappeti di tastiere, ossessività MAC-caniche, ritmi ad ostacoli. Ottimo il lavoro sullo sviluppo delle tracce, il quale mantiene il pubblico totalmente rapito dell'evoluzione sonora. Semplicemente due tastiere, una chitarra, un computer ed una batteria. Brani come 'Sweet Memory', 'Sing You Sinners' o la title-track del loro disco d'esordio risultano immediati anche nella loro complessità.

Un'ottima prova corale che si conclude con l'atipica (parlando a riguardo dei loro brani) scelta di portare come bis 'I Zimbra' dei Talking Heads, la quale ha il magico potere di rallegrare e scatenare qualsiasi individuo stipato nell'intimità della Casa 139.

Credo che, a concerto finito, tutti siano usciti con un'enorme voglia di suonare. Qualsiasi cosa.

Mattia Barro

RECENSIONE - The Niro (17.01.09)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

17-1-2009
The Niro @ Koko, Biella
Il Koko è un nuovo club nel biellese che porta, come in precedenza aveva fatto il Babylonia (stessa gestione?), una bella dose di cultura live nella provincia piemontese. Un'opportunità per molti gruppi di rodarsi. Questa sera, in apertura, la band è di casa e di nome fa All About Kane. Ed è proprio il nome a svelarci che il gruppo in questione proporrà una visione intima ed onirica del mondo di Kane. Un pop ampio e melodico, citabile tra Snow Patrol e One Republic (ebbene sì). Un'apertura abbastanza lunga ma che non appesantisce. Le strade percorse sono buone, però ancora prive di una totale autonomia compositiva.

Ed il palco si svuota. Ne emerge una sola figura: Davide Combusti. Voce e chitarra. La capacità di reggere la tensione di un concerto chitarra-voce è di difficile impresa. Non tutti i musicisti vi riescono, ma anzi, in molti, soprattutto i più egocentrici, tendono a frantumarsi contro le difficoltà che emergono in questo genere di rappresentazioni.

The Niro. Voce e chitarra. The Niro. La sua voce riesce a sgusciare agilmente tra una varietà elevata di modalità canore, dal falsetto al mormorio, dall'emozionato all'emoziante. The Niro. La sua chitarra è totale. Le sue mani coprono a turno tutta la tastiera della chitarra e sono rapide, precise, in continua moltiplicazione. La retina appena focalizza un dito subito lo perde nel suo spostamento, finendo col riprodurre nel nostro cervello un'invasione di mani. The Niro. Voce e chitarra. "Sfortunatamente non sono potuto essere qui con la band poichè il nostro bassista, appena qualche giorno fa, ha subito un infortunio. Spero di riuscire, in ogni caso, ad arrivarvi".

La mancanza è colmata dall'incredibile capacità di arricchire, anche in una veste così spoglia, il quadro sonoro. Una versione intimistica di ogni stralcio di vita di un uomo ordinario: "Questa canzone parla di amore e di indifferenza."

Mattia Barro

RECENSIONE DISCO - Circlesquare - Songs About Dancing and Drugs

PUBBLICATA SU Indie-rock.it

Circlesquare:
Songs About Dancing And Drugs

ANNO: 2009
ETICHETTA: !K7

"Un gioco continuo che si affaccia nell'electro, nel rock, nello shoegaze, nell'elettronica"


VOTO: 7


GENERE: elettronica con echi rock, pop, shoegaze.

PROTAGONISTI: Jeremy Shaw, aka Circlesquare, è un produttore canadese.

SEGNI PARTICOLARI: primo disco con l'etichetta !K7 dopo aver pubblicato una serie di album con la Output di Trevor Jackson. L'esordio ufficiale risale al 2003 con l'uscita di 'Pre-Earthquake Anthem'.

INGREDIENTI: le tracce di Jeremy spesso contengono un comune denominatore. Inizialmente i brani sono ridotti all'osso, scarni e morbosi, quadrati e stabili. La trama che si sfila nei minuti a seguire (tutti i brani sono di almeno 5 minuti) è un lento e coinvolgente filone emotivo che allarga la superficie sonora. Il quadrato si fa cerchio e il cerchio si fa quadrato. Un gioco continuo che si affaccia nell'electro, nel rock, nello shoegaze, nell'elettronica.

DENSITA' DI QUALITA': 'Hey You Guys', in apertura, è una completa e avvolgente sintesi dell'idea musicale di Jeremy. Si inizia con un meccanico duetto voce-chitarra muta, statico nella sua melodia danzante. I suoni che vengono ad affiancarsi in seguito rafforzano e riempiono completamente lo spazio salendo fino all'attesa esplosione finale che coincide, spesso, con il ritorno alla forma base del brano. La seguente 'Dancers' ricorda da vicino le atmosfere di Bomb The Bass (suo compagno di scuderia). 'Timely' ha qualcosa di alieno ed alienante nel suo incedere mentre 'Music For Satellites' ricorda un Eno più spoglio. 'Ten To One' ritorna ad accelerare per sfracellarsi sul Silenzio di 'Bombs Away, Away', epica. Lasciata in conclusione la suite (o quasi tale) 'All Live But The Ending', 13 minuti di idee e sviluppi. Sembra che tutto ciò che fosse stato dimenticato prima venga inserito qui, nel maggior esempio di Circlesquaring riscontrabile. Che la vita è tutta una questione di sviluppo della trama, a quanto pare.

VELOCITA': i battiti cardiaci alternati alterati.

LA DICHIARAZIONE: "I named the album in the tradition of Leonard Cohen, Talking Heads, Big Black, etc. I always loved the directness of Songs from a Room, Songs of Love and Hate, More Songs About Building and Food, Songs About Fucking... Dancing, drugs and science seemed to be the most prevalent themes of the album, as usual, so I went with the first two."

IL SITO: 'Songsaboutdancinganddrugs.com'.

Mattia Barro

lunedì 26 gennaio 2009

"Continuare a ripetere Continuare a ripetere Continuare a ripetere" - SDVQ

Che continui a ripetermi che ci sei e ti rispondo che quella nave l'hai già colpita ed affondata. Seleziona le coordinate. Altre coordinate. Altre coop. Altre altre altre altre. I tuoi miseri tentativi di sembrare anormale quando dici frasi epocali per essere citata nei discorsi demagogici. I tappi per le orecchie con rincari del 2% e tu rincari la dose di amarezza nel rispondermi che non puoi cambiarti, che la merce si poteva cambiare solo entro il 31 dicembre, come sempre.
Che continuo a ripeterti che comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarò al cesso a leggere altro. Non sono nomi ma assonanze. Non sono nomi e cognomi ma assonanze. Somiglianze.
Che continui a ripetermi che ci sei e ti rispondo che quella nave l'hai già affondata e colpita. Seleziona le coordinate. Altre coordinate. Altre coop. Altre altre altre altre. I tuoi miseri tentativi di sembrare normale quando dici frasi rivoluzionarie per essere citata nei discorsi democratici. I tappi per le orecchie con rincari del 6% e tu rincari la dose di consapevolezza nel rispondermi che non puoi cambiarmi, che la merce si poteva cambiare solo entro il 31 dicembre, come mai.
Che continuo a ripeterti che comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo comunque vada sarà un successo ovunque tu vada sarò a leggere dell'altro. Non sono nomi ma assonanze. Non sono nomi e cognomi ma assonanze. Somiglianze.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Che continuo a ripetere.
Non mi resta altro da fare.


Mattia Barro

lunedì 19 gennaio 2009

"Sono completamente disinteressato al tuo acne giovanile" - SDVQ

I buchi neri della tua anima, del tuo culo, della tua bocca dove ingoi tutto ciò che potrei darti al massimo delle mie possibilità. I possibili modi e moti con cui posso cercare di farti vedere che ci sono che ci sono che ci sono che ci sono che ci sono che se te lo scrivo tanto magari pensi che alla fine, ci sono. Tutte le ditarotte.
Tutte le ditarotte.
Ho preso le distanze dal tuo setto nasale e dalle tue settecentomila tonnellate di parole che iniziano con _. come sempre. Come se_presentassi a Dio il conto per tutto ciò che _i deve dare indietro.
E penso che tradirti con tutti i microcefali viventi sia un modo abbastanza carino per dirti che sono stanco. Che rapportarmi a te è la maratona di New qualcosa. E non mi pare ci sia nulla di nuovo.
Coi tuoi silenzi mi sono pagato il mutuo sulla casa e le multe per i divieti di sosta sul tuo cuore che hai chiamato l'Aci per la mia rimozione forzata. Forzata. Forzata. Sforzata. Forzata. Forzata.
I burroni delle tue frasi sospese sui puntini.
I fili tesi tra te e me che passano per un altro meccanismo.
Il metallo.
I meccanici che dicono che perdo olio dagli occhi ma non ho fatto incidenti che hanno inciso su possibili altri meccanismi. La ruggine che s'instaura quando non parliamo per 18 anni filati e i fiati corti.
Sono completamente disinteressato al tuo acne giovanile.
Ti chiamo e mi dici che non sai e non ti sento che ho altro per la testa e la tua voce è frastuono e tra un tuono e l'altro son finiti i colpi di fulmini e sono rimasti solo i colpi che ci diamo per ferirci e i colpi che ti do nello scoparci.
Che la fine di qualcosa è l'inizio di qualcos'altro ma ho totalmente perso l'inventiva e non so trovare nulla di New se non correre correre correre e dove cazzo corro con queste converse rotte me lo chiedo ancora.
Sai,
sono completamente disinteressato del tuo acne giovanile.
E dei buchi neri della tua anima, del tuo culo, della tua bocca.
Che oggi piove ma forse smetterà e profumerà tutto di nuovo che anche il gelo finisce. Che anche un credo finisce. Che anche se ci credo poi finisce.
Come noi.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

domenica 18 gennaio 2009

INTERVISTA - Offlaga Disco Pax

PUBBLICA SU INDIE-ROCK.IT

Interview: Offlaga Disco Pax

Incontriamo Max Collini degli Offlaga Disco Pax al Magnolia di Segrate (MI), prima della loro esibizione in programma di lì a poco. Max prepara il piccolo spazio a disposizione, cercando un adeguato posizionamento per noi ed il registratore. Sposta le sedie molto vicine in modo che la conversazione possa essere più intima, mettendoci a nostro agio. All'interno del piccolo luogo adibito a camerino, formaggi ed affettati inondando l'aria di un sapore quasi da sagra popolare.

Indie-Rock: Siete arrivati al fatidico secondo disco. Dopo 'Socialismo Tascabile', arriva 'Bachelite'. Come è stato il diverso approccio ai vostri due lavori?

Max Collini: certamente son due dischi che abbiamo lavorato in modo diverso. Diciamo che l'esperienza del primo è stata utilissima per poter pensare a questo secondo dal punto di vista sonoro in maniera più strutturata. Oltretutto avevamo maggiori risorse, dato che 'Socialismo Tascabile' era andato bene. Potevamo rimanere in studio con più tranquillità. La lavorazione dei brani è stata più lunga e ci siamo presi il tempo necessario per poter produrre al meglio delle nostre possibilità. Il primo era stato registrato in un paio di settimane, mentre questo in sei, e credo che si senta nell'impatto sonoro. Il suono del secondo disco è decisamente più lavorato. Abbiamo scelto di usare nastri analogici proprio per ritrovare una maggiore qualità.

Indie-Rock: Invece per quanto riguarda la scrittura, come l'hai vissuta? All'epoca del tuo primo disco avevi già i tuoi racconti ed avevi dovuto svolgere un lavoro prettamente di riadattamento, mentre in quest'ultimo sapevi già che, presumibilmente, i tuoi racconti sarebbero finiti direttamente nell'album. Come ha influenzato ciò la tua attitudine allo scrivere?

M.C.: Per me è stata una cosa un po' diversa, nel senso che nella scelta del materiale da inserire nel disco, la mia consapevolezza era maggiore. Comunque, la selezione del testi viene svolta insieme. Io propongo dei brani ed essi devono corrispondere al gusto di tutto il gruppo. In questo caso, c'era già l'idea che sarebbero potuti finire nell'album e, addirittura, tre testi del disco son stati scritti appositamente con quel fine. Mentre prima il mio approccio alla scrittura era "intanto scrivo, poi si vedrà in futuro" o addirittura "scrivo e basta" (quando il gruppo non c'era ancora), in 'Bachelite' alcuni testi, come 'Lungimiranza', 'Fermo!' e 'Onomastica', son scritti appositamente per un loro ipotizzabile uso. Poi chiaramente son piaciuti e son entrati a farne parte. Altre scelte, invece, come 'Venti Minuti' e 'Ventrale', son più intuizioni di Enrico e Daniele, poiché io non li avrei pensati adatti alla realtà degli Offlaga Disco Pax.

Indie-Rock: Quindi per i testi su cui lavorare, tu proponi un certo numero di brani dai quali vengono poi scelti, dal gruppo, quelli che verranno sviluppati...

M.C.: A volte io propongo, a volte son loro che leggono qualcosa di mio e mi chiedono di utilizzarlo. Non c'è un sistema predefinito. E' una decisione concorde, sia sulla musica che sui testi.

Indie-Rock: Chi consideri coloro da cui trai ispirazione nello scrivere?

M.C.: Ho iniziato a scrivere a 30 anni suonati, ora ne ho 41, e non avrei mai pensato che avrei scritto qualcosa. Devo ciò a due situazioni. La prima cosa è stata avere a disposizione un computer, che fino a trent'anni non ho posseduto. Di certo, se avessi dovuto scrivere a mano, mi sarei limitato a delle lettere. Il computer mi ha reso più spontanee le mie composizioni. Oltre a ciò, grazie alla lettura di alcuni testi, ho capito che avrei potuto farlo anche io. La prima cosa che ho scritto in età adulta è stato il testo di 'Superchiome'. Naturalmente non nasceva con l'idea di finire in un progetto musicale, ma era semplicemente il ritratto di una persona che stavo frequentando. Ho continuato a scrivere senza obiettivi, per me o per amici a cui mandavo i brani per email, senza ambizione. La seconda situazione è derivata dal fatto che un racconto che ho scritto è stato letto da Giuseppe Calicieti, un noto scrittore di Reggio Emilia di saggi e romanzi molto belli (come 'Fonderia Italghisa' che è uno dei miei romanzi preferiti), il quale l'ha pubblicato sulla gazzetta di Reggio, di cui cura una rubrica. Io non glielo avevo mandato a tale scopo, ma solo per farglielo leggere, poiché sono un suo ammiratore. Lui mi ha fatto i complimenti ed incoraggiato a continuare e, sentendomi gratificato, ho preso convinzione dei miei mezzi. L'altro personaggio fondamentale è stato Arturo Bertoldi, l'autore del testo di 'Cinnamon', con cui ho condiviso la mia militanza, negli anni '80, a Reggio Emilia. Aveva scritto questo brano ('Cinnamon', ndr) e mi era piaciuto enormemente. Queste due persone sono state le molle che mi han portato a scrivere con più convinzione.

Indie-Rock: Trovo geniale il modo in cui 'Cinnamon' e 'Ventrale' riescano a sviluppare una sorta di percorso politico mondiale attraverso percorsi (gomme da masticare e salto in alto) totalmente distaccati dalla politica...

M.C.: quando ho letto 'Cinnamon', per la prima volta, ne son rimasto sconvolto. Geniale. Per quanto riguarda ciò che produco io, in realtà, non ho tecnica; non mi sento un vero e proprio scrittore. Scrivo attraverso un flusso emotivo anche se, in ogni caso, ho un'idea approssimata della storia che voglio raccontare. Come poi viene fuori, a volte, è del tutto inaspettato. Un testo come 'Fermo' o 'Venti Minuti' non pensavo sarebbero diventati ciò che sono ora.

Indie-Rock: come racconteresti, a chi non li ha vissuti, gli anni '80 italiani?

M.C.: mi viene soltanto da dire che la politica ed il Partito Comunista di allora erano una cosa molto seria, non come adesso. E con questo non voglio fare il nostalgico che dice "si stava meglio quando si stava peggio" perché credo che si stava meglio quando si stava meglio. La politica fino agli anni '80 era trattata davvero con una grande serietà. Da qualunque schieramento e partito. Credo che avesse più nobiltà, o un qualche valore in più che ora è andato perso. Non voglio fare il qualunquista, dato che non rispecchia ciò che sono, però ricordando con quale ardore ed ingenuità mi affacciavo al mondo politico a vent'anni, vedendo ora, cosa ne è rimasto, si nota che è cambiato tutto, completamente. Forse non c'è più bisogno di una politica così importante ora che la società è cambiata. In Europa troviamo ancora tali valori che qua sono andati persi. La politica italiana non è seria.

Indie-Rock: A mio parere, la maggior parte dei giovani d'oggi è apolitica. Tu sei di Reggio Emilia dove, riprendendo una tua dichiarazione, l'ideologia viene prima di tutto. Cosa credi sia successo?

M.C.: Non credo che le nuove generazioni siano apolitiche, ma apartitiche o a-ideologiche. E' tutto politica, ancora adesso. Qualunque scelta tu faccia. Ora dirò una frase che di certo non invento io: io posso disinteressarmi della politica, ma la politica, di me, si interessa tutti i giorni. Quindi avere un occhio su ciò che succede può aiutare tutti quanti.

Indie-Rock: Credo che alla domanda "Cosa ne pensi della politica italiana", tu abbia già risposto...

M.C.: Non voglio generalizzare, ma credo sia lo specchio della nostra società. Certo, è rimasto ancora qualcuno spinto da uno spirito nobile. Venti o trenta anni fa, la politica era, almeno in parte, guidata da un'elite sull'idea che gli elettori volessero esprimere con il loro voto qualcosa di più alto di un semplice sentimento popolare, c'era l'idea che la classe dirigente che ci rappresentava fosse la parte migliore del paese. Chi ci rappresenta ora è, indubbiamente, lo specchio del nostro paese e, sinceramente, non credo sia un bello specchio.

Indie-Rock: E, in base a ciò, cosa pensi di quest'Italia praticamente bipartitica?

M.C.: in un paese di profonde tradizioni, questo svuota la nostra identità culturale. Probabilmente questo è un Paese più complesso di Pdl-Pd. Anzi, sicuramente. Non riuscirlo a rappresentare in alcun modo nelle nostre istituzioni è controproducente. E non è neanche giusto.

Indie-Rock: tornando alla musica, tu hai iniziato tardi rispetto ai più...

M.C: Si, son entrato in una band all'età in cui, normalmente, si smette. Il mio primo concerto l'ho fatto a 36 anni con Enrico e Daniele che hanno dieci anni in meno. Loro suonavano da quando erano adolescenti, io mi son limitato a scrivere qualche racconto che a loro è piaciuto e mi son trovato catapultato sul palco. Ora sto recuperando il tempo perduto.

Indie-Rock: Infatti vantate un numero di concerti elevatissimo...

M.C.: Circa 250...

Indie-Rock: Tantissimi per una band con due soli dischi all'attivo. Come riuscite a mantenere la tensione, o meglio, l'attenzione del pubblico? Il vostro non è propriamente un genere facilmente orecchiabile.

M.C: Noi non ci proponiamo come un gruppo che vuole attirare l'attenzione. Non obblighiamo nessuno a stare attento. Basta che non ci tirino oggetti sul palco, la gente può fare ciò che meglio crede. [Risate] Ho notato come, grazie ai nostri duecento e passa concerti, si sia creato un Nostro pubblico. Un pubblico che non è qui a caso, ma è qui per vedere un tuo concerto. Certo, verrà anche gente per curiosità o casualità, ma, oramai, un concerto degli Offlaga è una scelta, non un caso. In generale, mi accorgo che raramente c'è disinteresse, ma, anzi, molto spesso, ci troviamo immersi tra un silenzio e un'attenzione quasi commovente. Credo che ciò dipenda dal fatto che ti dicevo prima: la gente ha fatto una scelta nel venirci a vedere.

Indie-Rock: Come mai la scelta di aggiungere un trio d'archi al vostro live?

M.C.: Noi abbiamo già collaborato in alcuni live e in 'Bachelite' con Deborah Walker, la violoncellista. Poi Enrico ha proposto di orchestrare di più i brani di 'Bachelite' e, infatti, ieri abbiamo lavorato in studio proprio a questo, con delle sovraincisioni in alcune tracce. Era un'esperienza che avevamo già avuto e, quindi, l'abbiamo perfezionata e strutturata dando ancora più spazio a queste sonorità, sfruttando un trio d'archi. Deborah e Silvia sono italiane, Franz è parigino. Vivono tutti e tre a Parigi e, anche se loro sono di stampo classico, son molto portati alla sperimentazione e il risultato che ne esce, dalla nostra collaborazione, è spiazzante, ma molto bello. Porta un valore emotivo, ed emozionale, a qualcosa che è già impregnato di emotività.

Indie-Rock: gli Offlaga devono molto a quella scena italiana (principalmente degli anni '80) di cui CCCP, Diaframma sono i massimi esponenti. Come hai vissuto quel periodo musicale italiano, in cui tu eri adolescente?

M.C: l'ho vissuto completamente. In quegli anni, la musica che ascoltavo era questa e gruppi come CCCP, Litfiba, Diaframma han segnato gli anni dalla mia quarta superiore ai miei primi anni d'università, che non ho mai finito. Probabilmente, queste influenze han modellato in parte il mio modo di scrivere. Questo gusto musicale mi ha portato poi a conoscere Enrico e Daniele. Loro venivano da gruppi di stampo new wave (Enrico) e shogaze (Daniele) che ho sempre apprezzato ed amato molto. Comunque, sull'aspetto musicale degli Offlaga, incido pochissimo. Mi fido totalmente della capacità e dell'inventiva di loro due. Han più importanza quelle di Enrico e Daniele, le quali sono molto più anglosassoni ed americane.

Indie-Rock: Com'è il lavoro in studio per voi? Com'è la sala prove degli Offlaga Disco Pax?

M.C: Noi ci troviamo in studio con un'idea già abbastanza chiara di ciò che vogliamo fare. Gli Offlaga non sono un gruppo da sala prove, proviamo pochissimo. Quando lo facciamo, c'è una grande attenzione e comunicazione e vediamo di completare, migliorare, ampliare le idee che abbiamo, che siano basi o testi. Dipende dalle situazioni, a volte qualcosa si crea direttamente in sala prove.

Indie-Rock: Come descriveresti la tua Emilia?

M.C: Non troppo diversamente da come ne scrivo. Il mito dell'Emilia rossa è un mito più diffuso all'esterno che tra chi ci vive quotidianamente. Un certo vento occidentale ha fatto il suo bel percorso anche in Val Padana. Credo che rimanga una forte tensione verso la cooperazione, la socialità, la musica, la cultura. Questo è un impeto molto forte a prescindere dai venti ostili di direzione diversa. E' proprio una terra così di sua tradizione. Le opportunità sono molte e la capacità di mantenere un livello di stato sociale alto c'è ancora. Chi sogna l'Emilia rossa di quarant'anni fa, farà fatica a ritrovarla, anche perché si è creato abbastanza benessere da egoismi diffusi. Ma alcuni valori di fondo saranno difficili da sradicare. Credo che il vento dovrà soffiare ancora molto prima di spazzarli via. E speriamo che qualche volta (Max cambia voce) Il vento cambi!

Continuiamo, a registratore spento, a chiacchierare con Max. Una persona squisita. Una di quelle che, finito l'intervista, ti lasciano qualcosa. Una di quelle che, finito il concerto, ti chiedono come l'hai vissuto. Decisamente un live coinvolgente e toccante, Max.

Mattia Barro

giovedì 15 gennaio 2009

"In ogni fuga la mia pelle è ignifuga" - SDVQ

I trecentododici chili di delusioni che sto provando a vendere su ebay ma per cui non ricevo offerte. Sarà per le spese di spedizione troppo costose causa peso. Gli angoli che smussano la mie personalità e mi rendono un monocromatico involucro di cellophane.
In ogni fuga la mia pelle ignifuga. In ogni fuga la mia pelle ignifuga.
Le persone simpatiche sincopate simpatiche che riempiono i tavolini del bar della mia vita. I cinegiornali sulla masturbazione come gesto rivoluzionario e i rivoli del mio sangue cromato partigiano. La sensazione della plastica sulla bocca e le bocche di fuoco per le nostre lampade abbronzanti e d'Aladino.
In ogni fuga la mia pelle ignifuga. In ogni fuga la mia pelle ignifuga.
L'inserzione per trecento dodici chili di delusioni su ebay che son tentato di comprare ma di cui non mi convincono le spese di spedizione e d'espiazione. Respirazioni artificiali e come va il coma che qua tutto bene e ieri ci siamo divertiti ma te lo voglio nascondere. I rapporti. Anali. e i pentagrammi con una sola nota in fumo e solo una nota per cinque grammi di fumo segnata sul calendario vicino alle tue mestruazioni e mostrificazioni. Desertificazione del liquido amniotico e l'amianto nella tua socialità.
In ogni fuga la mia pelle ignifuga. In ogni fuga la mia pelle ignifuga.
Che così è triste da spararsi in vena un litro delle tue lacrime. Hai smesso di piangere troppo presto che ora sono in astinenza da rapporti con le curve di metà delle donne che conosco e delle cure al metadone. Che volevo dirtelo ma mi pareva incomprensibile e inutile o utile e comprensibile; ma ora che ho il cervello staccato non ne trovo differenza e diffidenza. I diverbi e i verbi del signore tutti al passato passato passato che non si sono più presentati e non ci siamo ancora presentati che "il mio è nome Mattia è sono il tuo più grande fan". mah.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

giovedì 8 gennaio 2009

"quando ci siamo messi ad amare e siamo stati trivellati da sentimenti non corrisposti" - SDVQ

Quando ci siamo messi ad amare siamo stati trivellati da sentimenti non corrisposti. I posti di blocco per i nostri gusti caritatevoli e i pacchi bomba con le nostre lettere d'amore bloccati in dogana. Da ritirare o da ritirarsi.
Addormentarsi fa paura.
Che quando ti ho detto che tra noi sarebbe stato stupendo mi hai chiesto se era la trama del nuovo film di Julia Roberts e ti ho risposto di si; che ormai te ne eri convinta e vinta.
E' vita.
A Parigi mangiavo lumache e mi dicevi di sbrigarmi che volevi fare un giro per la città ma intanto ti eri dimenticata le sneakers a Milano e avevi solo metri di tacco per misurare le distanze tra noi od il distacco tra le nostre stanze da letto. Tutte le bottiglie di rosso cadute sul pavimento che nella nostra camera d'albergo sembrava ci fossimo mitragliati frasi d'amore in un italiano scorretto. I nostri sentimenti miopi ed agnostici. E monosillabici.
E dalla finestra ricordo solo degli incerti arcobaleni ad intermittenza.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"Che tutto questo sangue mi ha reso astemio" - SDVQ

E il primo bacio dell'anno lo dovevo dare a te a te a te che non c'eri perchè ....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
Ti lascio lo spazio per compilare i puntini con il motivo a te più appropriato.
Ho pensato che magari era a causa del mio taglio di capelli o del mio taglio netto di tutti i rapporti sessuali che importano più a te che a me.
Che tutto questo sangue mi ha reso astemio.
Che tutto questo sangue mi ha reso isterico.
Al buio hai continuato dritta per la strada e sei caduta in un fosso. Abbiamo chiamato l'Aci e ci abbiamo speso i soldi per i nostri viaggi insieme che ora non ce ne saranno più. Che ce ne saranno meno dirai.
I sacchetti dove vomitiamo le nostre relazioni infelici conteranno i pranzi per le gite fuori porta che abbiamo in programma da 15 anni. When you were young. Le montagne e i rifugi sperduti e i rifiuti di Napoli per addobbare i nostri alberi di Natale o i nostri alberi di trasmissione. cambio canale e rete.
Che poi per dirmi che ti manco, scomodi degli dei. Ed oltretutto non ci credi per Nulla. Sei atea su ciò che mi dici senza emettere suoni. Ed omettere sogni.
Sei vai a ballare l'ultimo dell'anno, entri nel locale l'anno dopo e magari vorresti qualche free drinks.
Tutti quei suoni cupi su cui ti sei creata i valori di sempre come l'andare a dormire con chiunque tranne che con me che sai che ti rimboccherei le coperte i coperti i coperchi.
Le tue entrate ad effetto e i tuoi ritardi di un anno che ti ho chiesto di andare a cena nel 2008 e poi sei arrivata l'anno dopo. Dovevi truccarti per bene mi hai spiegato più tardi. L'amore ci taglierà le mani come il gelo dei tuoi occhi che balliamo e mi allontani se pensi che io possa invadere la tua superficie corporea e ti dimentichi che ho già visitato i tuoi bilocali. Me li hai mostrati tu. E potevamo essere ovunque e, se ci pensi, lo eravamo. O almeno io.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

mercoledì 7 gennaio 2009

"TerraChiamaTErraChiamaTErra" - SDVQ

Per te ho consumato un camion bianco carico di Bic ed in cambio ho ottenuto così tanta da indifferenza che mi toccherà scrivere ad un te ipotetico. E facciamo che, ipoteticamente, tu sia quel te.
Che non riesco a trovare un nome con cui chiamarti che iniziate tutte per s,c,l,f,g,g,g,g,g,g Che Le m Non Sono Riuscito Ad Abbinarle Neanche Una Volta A me. Sarà l'ego. Sarà la mancanza di fantasia. sia. sia. sia.
Ho provato a far di tutto per scalare la tua montagna senza morire di freddo-fame-stanchezza-solitudine-noiamortale. Mi son rotto tutte le unghie e aperto le mani in varie parti dopo aver combattuto a mani nude contro gli orsi del tuo totale disinteresse.
Ah, non ho ritrovato il fanciullesco contatto con la natura, nella remota possibilità che te lo stessi chiedendo. Nei tuoi momenti di pausa tra i pensieri troppo distanti e scollegati. Come quando msn cade.
Ho detto a Silvia che credo che finirò per amarti primo o poi. ha esclamato "Che bello!". Ho risposto "Bella merda".
COME SE NON FOSSI GIA' ABBASTANZA FOTTUTO.
Che pari un buco nero quando ti mando emozioni sentimenti e li ingoi come detriti interstellari. e non provi nulla.
TerraChiamaTErraChiamaTErraChiamaTE.
Prova a metterti nei miei panni. Nella mia 46, nelle mie t shirt e felpe di taglia che nemmeno posso pronunciarti più e nel mio 45 di Converse. Non credo staresti comoda. Glielo posso assicurare signorina.
Che è tutta una grande fine del mondo e ho dimenticato gli occhiali da sole in macchina tua. cristosanto.
Che se il mio cervello fosse ancora in garanzia lo porterei a cambiare. La portaerei da dove s'involano i miei difetti di fabbrica. Che cambierei anche il cuore ma le ammaccature che ci sono svelano un cattivo utilizzo e non malformazioni congenite di produzione.
Scioperi.
Operi.
Eri.
In circolazione ci sono _odelli di _e _olto più sofisticati. Con la _ funzionante. Come l'a_ore che _anca a _e.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"Codice Postale 10010" - SDVQ

Silvia mi ha detto che se non avessi mangiato per salvarmi dalle perforazioni mi avrebbe preso a schiaffi. Che parlare con te era farsi portare via le gambe da un incidente.
Non eri incinta e non eri ignifuga.
L'erba sintetica che ti fumavi era quella su cui avevo corso x rincorrere un sogno che ora non so nemmeno più che forma abbia. Di certo non più sferica. Incespicare sui ricordi e sui paracaduti aperti a terra che ti sei buttata giù da me.
In crisi. o meno. In risi.
La saliva sui francobolli delle tue lettere minatorie è causa della mia malattia virale, come la speranza. Antidolorifici per quando parliamo. In preventivo. In preservativo.
Il preventivo per i miei vent'anni di danni. Le assicurazioni sulla sFiga.
I torcicollo per vedere quanto sei indietro che per una volta che sono primo, saranno beati gli ultimi. Il battesimo c'è. Il battistrada pure.
La totale mancanza di anestetici mi abbatterà durante questi monologhi. Questi luoghi sono in coda per un abbraccio mentre firmi autografi.
I miei calli giganteschi a furia di scriverti lettere d'amore in cui credo di aver sbagliato il tuo indirizzo che dopo un mese non hai ancora commento nulla su tutto ciò che ti ho mandato. Saranno i ritardi postali o i miei ritardi mentali nel credere che leggerai. Leggerai.
Gli angoli impolverati del nostro rapporto e tutti gli oggi fuori posto tutti gli oggetti fuori posto. Ti ho perso nelle scelte sociali che i club sono le spie rosse che lampeggiano che mi pare di non vederti più dove sei sempre andata senza me.
Dici che le _ sono un disastro per te a_ore. E sembra una mancanza di rispetto gratuita per iniziarmi ad un altro bell'Anno di merda.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"Che quando mi hai stretto la mano mi si è rotto il polso" - SDVQ

Mi han detto di aspettarti qui e ho perso ogni mezzo di trasporto possibile e ogni possibile trasporto emozionale che con questo riscaldamento globale mi si son gelate le palle.
Tu devi capire e per natale ti regalo un corso di recupero. E tu mi regali mezzo chilo d'ego per non essere da meno e tenermi, in ogni caso, leggero.
Che quando mi hai stretto la mano mi si è rotto il polso e ciò potrebbe farti capire quanto ci tieni. O quanto tieni duro.
Tremo così tanto mentre dormo che sogno che, chiunque dorma al mio fianco, si spaventi e si alzi preoccupato. Il mio inconscio ha capito che ciò è l'unico cellulare su cui deve rintracciarmi.
Attacchi epilettici in vaschette da sei e gusto da otto. E le rivolte in piazza. e le rivoltelle in piazza.
I miei incubi hollywoodiani in cui tu mi spieghi che non è come sembra. E capisco che pure nei sogni, se vedo qualcosa di magnifico come te, non è reale.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

martedì 30 dicembre 2008

"Amnesie retrograde" - SDVQ

Non mi ricordo che voce tu abbia e al telefono parlo con te come fossi un estranea per quaranta minuti e capisco che sei te quando metti giù con quel tocco freddo che hai solo te. Che mi son venuti i reumatismi conoscendoti. Che mi si son intasati i reni e il Reno mi si è rovesciato dagli occhi che così sei contenta della ventata europea che porto nei nostri rapporti. Nei nostri rapporti redatti dall'fbi risulto un killer seriale. e serio. e sazio.
Reclamo al mio sindacato tutto ciò che non mi dai. E che dovresti darmi per contratto. Per contatto. Per tatto. Per tutto. Per lutto.
Che il mio analista si addormenta quando ripeto le stesse cose e mi addormento quando mi ripetono le stesse cose che non sono un ritardato, ancora no.
Le mie filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate occupano spazio come molte persone come molti sentimenti come molti fili alle dita che ci stiamo portando dietro un passato che ha reso giorni millenni.
Non riesco a liberarmi di tutti questi brani tremendi che scrivo perdendo nottate amici amici amici e qualcosa che avevo in tasca o in testa. "Se ti dimentichi ciò che mi devi dire vuol dire che è una bugia". Le tue Insostituibili amnesie totali e le mie totali perdite di tempo correndo all'impazzata che poi dove cazzo corro lo sa solo dio e sono ateo e allora mi fermerò solo quando mi renderò conto di quanto cazzo sono stupido e stupito di ciò.
Che non Comunico e non Cago. E non ti considero per nulla.
Volevo dirti questo ma me lo sono dimenticato. Che non sono un genio in matematica ma so che 2+2 fa 5 sempre e comunque. fa 5. fa 5. fa 5.
Non puoi acculturarti se dimentichi.



Ti ho detto Ti Amo?
non ricordo, scusami.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"e cosa mi rimane ora che non" - SDVQ

Che è stato tutto in slow-motion. Potevo leggere ogni tuo pensiero dalle pupille da quanto era lento il mondo nel procedere. La rotazione dell'asse terrestre e le terre di mezzo grandi centinaia di migliaia di acri da non vedere i nostri reciproci confini. I tuoi orizzonti li so a memoria comunque.
Ho imbrattato il tuo cuore di frasi con il 3 di mezzo. Che c'è sempre un terzo incomodo. In che modo recuperare un 3 a 0 a 13 minuti dalla fine? 13 giorni.
Che non ci sarebbe bisogno di aspettare il 2012 per l'apocalisse. Quest'epoca è già finita da un po'. E c'è poca possibilità di salvare le ossa. Quasi 3 su 100.
E che non so davvero più dove sbattere la testa che ho tutte le pareti di casa frantumate come quando sei scappata e son corso via ma dall'altra parte. Che non ci rivedremo neanche in foto e non mi rimarrà nulla di fisico.
Prendetemi a sberle che ho la faccia che si sta sciogliendo e potreste ancora bloccarla. Andiamo a berci su che ho 50 euro per scopare o bere e mi hai reso asessuato. ANCHE TU.
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
Ne è soffiato di vento per portarmi via tutto, in questi mesi.
Le ho scritto se mi dà degli appunti ma quella fottutissima troia ha detto "non mi sembra il caso".
Pessima musica
Pessimo gusto.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"la nostra Svezia di serie B" - SDVQ

Ed eravamo immersi nella Svezia. Di serie B. La nostra Svezia piemontese tra le autostrade. E qualcuno ha detto che così ha senso. Senso. Motivami Senso, che è facile buttarla li.
Alle 4 e mezza oramai tramonta ma intanto io e te siamo nel buio più totale a qualsiasi ora che non so mai se è l'orologio sbagliato o lo siamo noi. O solo io. Non ci son più neanche le nostre ombre o le nostre bombe. Tombe di chicosacomeperchè che chi c'è sepolto è SICURAMENTE UNA BRAVA PERSONA se te lo viene a chiedere il Tg 5. Sarai una brava persona anche te, te lo assicuro mon amour.
Ho una valanga di post-it con su scritto parole contaminate che si stan sciogliendo, che intanto non diamo peso alle parole per poterle lasciare volare più in alto. Come se lassù avessero un senso, come se avessi un senso. Il dio sole a 3.60 negli autogrill che intanto ci stiamo mangiando Tutto. iometeluiluiluinoinoivoivoivoivoivoi.
Disdico la mia sim.
Disdico la mia connessione ad internet. In ogni casa-palazzina-pianeta in cui metterò piede.
Ti (dis)dico che non hai senso così. Che non ha senso così.
Ti dis(dico) che non ho senso così. Che non ha senso così.
Disdico casa a Milano.
Disdico l'università che non mi sta insegnando come dare un senso a ciò che Non siamo e a ciò che tu riesci a significare. Forse non ho solo capito semiotica. ma ho passato l'esame lo stesso.
E sulla corsia di sorpasso rischio i frontali che con te non ho mai avuto. Che avevi da dormire-studiare-dire-fare-baciare-lettera-e-testamento.
E sulla corsia d'ospedale rischio d'affondare che con te non ci sono ancora riuscito del tutto. Che a volte lo sperma è più loquace delle tue perplessità.
Ero ovunque nella tua vita. Che non potrai buttarmi fuori con le tue selezioni all'ingresso e le tue cinture di castità di cui il fabbro ha fatto il doppione e ne produce copie private da vendere sottobanco a 25 euro l'una. cadauna.
.cadavere.
Ho finito i soldi da troppo tempo che il ricordo del tuo volto sulla banconota da 10 mila lire mi pare una mia personale rivisitazione storica.
I grotteschi finali che non finiscono. La platea si sta annoiando e inizia a lamentarsi sommessamente. Per calmarli abbiamo chiamato il fabbro per la distribuzione dei paradisi in pillole.
Wake up.
Wake up.
Wake up.
Era tutto un grande sogno e ora sai che cosa è vero. Che cosa (v)ero.
Che i miei stralci di vita diventano stracci che riempio di alcool per le molotov del mio amore, che se prendessi fuoco almeno capiresti che si può provare qualcosa.
A(pa)Tia.
Ci sono delle rappresentazioni del mondo così ev(id)enti che mi viene da ridere quando ci sbatti il naso e non le noti. Non le note.
Dopo la barba dopo il punk dopo tutto abbiamo già mandato giù qualsiasi veleno possibile. già mandato giù. E ciò che stai vomitando e solo l'alcool di tutti i nostri giorni insieme e di tutte le ferite che abbiamo tentato di disinfettare ma poi da li son comunque fuoriuscite centinaia di risposte che ora non sappiamo più che replicare a tutte queste domande.
Ti chiedo dove sei e dici Basta. Che mi pari sconnessa. Che msn cade come quando scendevo a mille le scale per arrivare in tempo da te e mi son fratturato il cuore cadendone giù. abbiamo già mandato giù tutto, cuore compreso. L'abbiamo ingoiato in un colpo solo e oramai è dentro di noi. Cazzi nostri. Cazzi tuoi che ne sai di certo più di me.
Io te e tutti i brani dei Verve che durano più di sei minuti.
E sei muta.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro