martedì 30 dicembre 2008

"Amnesie retrograde" - SDVQ

Non mi ricordo che voce tu abbia e al telefono parlo con te come fossi un estranea per quaranta minuti e capisco che sei te quando metti giù con quel tocco freddo che hai solo te. Che mi son venuti i reumatismi conoscendoti. Che mi si son intasati i reni e il Reno mi si è rovesciato dagli occhi che così sei contenta della ventata europea che porto nei nostri rapporti. Nei nostri rapporti redatti dall'fbi risulto un killer seriale. e serio. e sazio.
Reclamo al mio sindacato tutto ciò che non mi dai. E che dovresti darmi per contratto. Per contatto. Per tatto. Per tutto. Per lutto.
Che il mio analista si addormenta quando ripeto le stesse cose e mi addormento quando mi ripetono le stesse cose che non sono un ritardato, ancora no.
Le mie filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate-filedicazzate occupano spazio come molte persone come molti sentimenti come molti fili alle dita che ci stiamo portando dietro un passato che ha reso giorni millenni.
Non riesco a liberarmi di tutti questi brani tremendi che scrivo perdendo nottate amici amici amici e qualcosa che avevo in tasca o in testa. "Se ti dimentichi ciò che mi devi dire vuol dire che è una bugia". Le tue Insostituibili amnesie totali e le mie totali perdite di tempo correndo all'impazzata che poi dove cazzo corro lo sa solo dio e sono ateo e allora mi fermerò solo quando mi renderò conto di quanto cazzo sono stupido e stupito di ciò.
Che non Comunico e non Cago. E non ti considero per nulla.
Volevo dirti questo ma me lo sono dimenticato. Che non sono un genio in matematica ma so che 2+2 fa 5 sempre e comunque. fa 5. fa 5. fa 5.
Non puoi acculturarti se dimentichi.



Ti ho detto Ti Amo?
non ricordo, scusami.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"e cosa mi rimane ora che non" - SDVQ

Che è stato tutto in slow-motion. Potevo leggere ogni tuo pensiero dalle pupille da quanto era lento il mondo nel procedere. La rotazione dell'asse terrestre e le terre di mezzo grandi centinaia di migliaia di acri da non vedere i nostri reciproci confini. I tuoi orizzonti li so a memoria comunque.
Ho imbrattato il tuo cuore di frasi con il 3 di mezzo. Che c'è sempre un terzo incomodo. In che modo recuperare un 3 a 0 a 13 minuti dalla fine? 13 giorni.
Che non ci sarebbe bisogno di aspettare il 2012 per l'apocalisse. Quest'epoca è già finita da un po'. E c'è poca possibilità di salvare le ossa. Quasi 3 su 100.
E che non so davvero più dove sbattere la testa che ho tutte le pareti di casa frantumate come quando sei scappata e son corso via ma dall'altra parte. Che non ci rivedremo neanche in foto e non mi rimarrà nulla di fisico.
Prendetemi a sberle che ho la faccia che si sta sciogliendo e potreste ancora bloccarla. Andiamo a berci su che ho 50 euro per scopare o bere e mi hai reso asessuato. ANCHE TU.
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
e cosa mi rimane ora che non so nemmeno più scrivere?
Ne è soffiato di vento per portarmi via tutto, in questi mesi.
Le ho scritto se mi dà degli appunti ma quella fottutissima troia ha detto "non mi sembra il caso".
Pessima musica
Pessimo gusto.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"la nostra Svezia di serie B" - SDVQ

Ed eravamo immersi nella Svezia. Di serie B. La nostra Svezia piemontese tra le autostrade. E qualcuno ha detto che così ha senso. Senso. Motivami Senso, che è facile buttarla li.
Alle 4 e mezza oramai tramonta ma intanto io e te siamo nel buio più totale a qualsiasi ora che non so mai se è l'orologio sbagliato o lo siamo noi. O solo io. Non ci son più neanche le nostre ombre o le nostre bombe. Tombe di chicosacomeperchè che chi c'è sepolto è SICURAMENTE UNA BRAVA PERSONA se te lo viene a chiedere il Tg 5. Sarai una brava persona anche te, te lo assicuro mon amour.
Ho una valanga di post-it con su scritto parole contaminate che si stan sciogliendo, che intanto non diamo peso alle parole per poterle lasciare volare più in alto. Come se lassù avessero un senso, come se avessi un senso. Il dio sole a 3.60 negli autogrill che intanto ci stiamo mangiando Tutto. iometeluiluiluinoinoivoivoivoivoivoi.
Disdico la mia sim.
Disdico la mia connessione ad internet. In ogni casa-palazzina-pianeta in cui metterò piede.
Ti (dis)dico che non hai senso così. Che non ha senso così.
Ti dis(dico) che non ho senso così. Che non ha senso così.
Disdico casa a Milano.
Disdico l'università che non mi sta insegnando come dare un senso a ciò che Non siamo e a ciò che tu riesci a significare. Forse non ho solo capito semiotica. ma ho passato l'esame lo stesso.
E sulla corsia di sorpasso rischio i frontali che con te non ho mai avuto. Che avevi da dormire-studiare-dire-fare-baciare-lettera-e-testamento.
E sulla corsia d'ospedale rischio d'affondare che con te non ci sono ancora riuscito del tutto. Che a volte lo sperma è più loquace delle tue perplessità.
Ero ovunque nella tua vita. Che non potrai buttarmi fuori con le tue selezioni all'ingresso e le tue cinture di castità di cui il fabbro ha fatto il doppione e ne produce copie private da vendere sottobanco a 25 euro l'una. cadauna.
.cadavere.
Ho finito i soldi da troppo tempo che il ricordo del tuo volto sulla banconota da 10 mila lire mi pare una mia personale rivisitazione storica.
I grotteschi finali che non finiscono. La platea si sta annoiando e inizia a lamentarsi sommessamente. Per calmarli abbiamo chiamato il fabbro per la distribuzione dei paradisi in pillole.
Wake up.
Wake up.
Wake up.
Era tutto un grande sogno e ora sai che cosa è vero. Che cosa (v)ero.
Che i miei stralci di vita diventano stracci che riempio di alcool per le molotov del mio amore, che se prendessi fuoco almeno capiresti che si può provare qualcosa.
A(pa)Tia.
Ci sono delle rappresentazioni del mondo così ev(id)enti che mi viene da ridere quando ci sbatti il naso e non le noti. Non le note.
Dopo la barba dopo il punk dopo tutto abbiamo già mandato giù qualsiasi veleno possibile. già mandato giù. E ciò che stai vomitando e solo l'alcool di tutti i nostri giorni insieme e di tutte le ferite che abbiamo tentato di disinfettare ma poi da li son comunque fuoriuscite centinaia di risposte che ora non sappiamo più che replicare a tutte queste domande.
Ti chiedo dove sei e dici Basta. Che mi pari sconnessa. Che msn cade come quando scendevo a mille le scale per arrivare in tempo da te e mi son fratturato il cuore cadendone giù. abbiamo già mandato giù tutto, cuore compreso. L'abbiamo ingoiato in un colpo solo e oramai è dentro di noi. Cazzi nostri. Cazzi tuoi che ne sai di certo più di me.
Io te e tutti i brani dei Verve che durano più di sei minuti.
E sei muta.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

sabato 27 dicembre 2008

"giorno di dicembre. qualcosa dopo natale" - SDVQ

Che son nevicate quintali di circostanze sui tetti dei nostri rapporti. Le grondaie intasate di rimorsi che non riusciamo a scaricare. Il bianco Natale delle morti celebrali.
E sai bene che sono le cose davvero genuine il meglio che tu possa trovare. E ancora dubito sulle tue scelte alimentari che tanto siamo affamati di affetto altrui a qualsiasi ora del giorno. Le pastiglie dopo i pasti sono bombardamenti aerei.
December-day! December-day!
Il tuo codice morse dato a morsi sulle mie ossa dato che non stavo più nella pelle aspettandoti. E non mi sarei mai più aspettato un tuo Semplice Ornamento Simbolico. Senza Orpelli Superficiali.
December-day! December-day!
Che tutto ciò che ci riguarda e dietro lo schermo a riguardare le nostre repliche. Replicanti di noi stessi che intanto noi siamo a scopare nei camerini. Camerieri. Camerati. Le nostre Grandi novità.
I nostri sentimenti biodegradabili come tutti i pasti che saltiamo.
La neve sputata sul mio giardino e l'ultima nevicata che mi pare risalga al 1998. I cambiamenti climatici tuoi nei miei confronti quando ti chiedo di vederci. I silenzi come quando rivedo compagni del liceo dopo anni e non so che dire, che intanto non è successo un bel cazzo di nulla e son diventato solo più stronzo. Che intanto non è successo un bel cazzo di nulla degno di nota. Annotalo.
December-day! December-day!
Che il tuo 2008 non è mai esistito. 24 mesi di peste bubbonica e lazzareti. E la mostra di Burri che considero "così e così". La triennale dei tuoi giorni che non ricordi ma che hai marchiato a fuoco sulla mia schiena per rileggerli quando mi accoltelli. Come tenere riviste in bagno. E' soltanto l'ennesima sala d'attesa. L'ennesima sala.
Saran le copertine dei libri a coprirci le spalle dai freddi polari e dai venti improponibili che sfondano le Alpi. Sarà il nostro affannoso tentativo di acculturarci di accoltellarci di acculturarci. I fitti poemi epici sui nostri conflitti da cui usciamo sconfitti. I nostri oneri.
I nostri doveri reciproci di recepirci. di percepirci.
Non siamo perspicaci.
December-day! December-day!
I giorni che segni in rosso per il mestruo mentre io segno tutto il resto. Ti ho dato amore e mi hai dato xxx più venti euro di resto. Del resto non possiamo pretendere che l'amore migliori la sua situazione in borsa. Azionisti fermi. Azionisti che riflettono e non agiscono e mi pare di scorgerti e mi pare di sconcertarti. e Sconcentrarti. Come ai concerti in cui rimango solo e non ci sei te ma poi manca anche la band che ha nevicato da far schifo e son fermi chissadovè senza catene e buon natale a tutti ci dispiace che siate venuti fin qua per niente. Le casse spente e le casse da cui estrai ciò che mi devi perchè ho dato tutto ciò che avevo ma la merce era molto di meno. Marcia molto di più.
D-D!D-D!
Domani Dovrò Davvero Dirtelo.
che ora dormo un po'.

-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

"Scottex sul tavolo" - SDVQ

E se avessi la crisi da foglio bianco non ti scriverei "Mangia" sullo scottex lasciato sul tavolo. Stai morendo d'egoismo come il 50% degli animali perchè il restante 50% l'abbiamo addomesticato all'apatia e alle ciotole. Ciottoli di noi che dicono che non va poi così bene come quando rispondiamo ai come stai.
Chiameremo i rapporti cirrosi e le cirrosi cirrosi, o postumi d'amore.
Non ho mai capito se l'omino che corre verso la porta antincendio si salverà. E mi servirebbe saperlo per capire se correre da te ha un senso. E ho le scarpe slacciate e ci siamo slacciati. Non lasciati. Slacciati. E made in Vietnam. Come la democrazia, la libertà, la fratellanza dei popoli al napalm.
Once upon a time non c'erano tutti questi farmaci per salvarti le pupille. Il tuo psichiatra stregone da 80 euro a seduta dice che il progresso è positivo. Ma non c'è lui quando in mascara di catrame e reggiseno sei pronta a morire.
E
non arrivo in Mercedes.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

giovedì 25 dicembre 2008

"Natale 1998, questo Natale è una mestruazione unica" - SDVQ

Quando a furia di perdere liquidi son riuscito a colorare quel vestito di rosso per il tuo Natale. E mi son bruciato il culo sul tuo camino acceso che quasi non ardevo totalmente.
Buon Natale.
Quando a furia di parlarti ho perso la sensibilità ai polpastrelli. Che le mie impronte digitali sulla scena del nostro crimine non si vedranno mai e pagherai tutto te, come i galantuomini.
Buon Natale anche a Te.
Continuando di questo passo nevicherà molto presto sui soldati morti a terra. E le budella che non si saranno ancora biodegradate luccicheranno. E i cuori sparsi per i campi innevati trasformeranno questo Natale in un mestruazione unica.
Buon Natale a Lei.
I fiumi con le palle piene dei nostri suicidi luridi e le palle sugli alberi che sarà un altro bel Natale del cazzo a quanto dicono le previsioni. I venti freddi e i freddi ventenni.
Buon Natale Signorina.
E i passanti che appaiono meno gentili con il resto della gente. Sbattersi contro camminando per le compere dell'ultima ora e l'ultima ora di sole e a mezzogiorno del giorno che ti sei dimenticata di vivere. Quando ti sei alzata e hai scoperto che avevi già perso tutto. tutti.
Buon Natale Dormigliona.
Quando tutti i taxi del globo son morti, sono rimasto alla stazione a capodanno con i piedi nelle Converse nere di tela sprofondate in una pozzanghera di solitudine. Finirà così. Che scocca la mezzanotte ma non sono Cenerentola e per me è solo un altro cazzo di anno che si spegne. Come i televisori o i nostri sentimenti a (tele)comando.
Buon Natale Canale 5.
Non ho mai capito nulla dalle parole. Che mi servirebbero giganteschi maxi-schermi con i sottotitoli a pagina 777. O la gente che canta le parole che non dici al karaoke.
Buon Natale Fiorello.
Che Petit prima di iniziare l'attraversamento ha studiato con una precisione meteorologica ogni possibile spostamento d'aria, ogni fiato che creavi dalle tue sporadiche parole. Ha calcolato ogni tuo gesto possibile. Ogni mossa del tuo fragile corpo che a quell'altezza tremava come non mai. Probabilmente, cadendo, penserà che non avrebbe mai immaginato una tua reazione di tale portata.
Buon Natale Philippe.
Buon Natale Mio Caro.
Che ero li e te eri li e non ci vedevamo e avremmo dovuto fare causa ai nostri oculisti e ai suv di Milano sud. Suvvia. C'è ancora una vita davanti per farci investire.
Buon Natale Paraurti.
e i miei GIGANTESCHI cartelloni con scritto che?
Buon Natale anche a Me.


-Stralci Di Vita Quotidiana-
Mattia Barro

lunedì 22 dicembre 2008

"Stagioni" - SDVQ

Che poi sono arrivati gli inverni e le estati e noi siamo rimasti fregati con i nostri abbigliamenti da mezze stagioni. E non ci resta che vendere tutto.
Abbiamo sprecato i nostri giorni più lunghi chiusi in casa mentre mi dicevi che eri troppo impegnata a fare niente per potermi vedere, volere; ma ti avrebbe fatto piacere rivedermi. Le architetture dei nostri GIGANTESCHI difetti e dei miei marmorei progetti di sabbia. Studiane ogni sezione.
Che una freccia ha trapassato il mio cuore e tu mi hai corretto dicendomi che era una linea che finiva in un triangolo. Che ti lancio linee che confluiscono in triangoli, ma non capisci e ti faccio dei gesti plateali dall'ultima fila.
La tua pila di barbiturici.
La mia barba incolta.
Le tue cicatrici e i miei bisturi.
Le battute fuori luogo prima del nostro prossimo by-pass.
Ti ho scritto che ho preso casa con un grande prato davanti, a Milano, e tu non mi hai creduto perchè sei intelligente e sai che i miracoli non accadono.
Le tue richieste di divorzio incise sugli assorbenti. E i nostri rapporti che fanno acqua dappertutto, che posso darti il mio giudizio universale su come anneghiamo. Negati i prossimi 12 pasti e i tacchi 12.
Che poi sono arrivati gli inverni e ci siamo gelati che tutto era fermo e nemmeno perdevamo liquidi da quanto eravamo di ghiaccio. Docce al cloroformio. Dodici medi di merda.
Non dirlo a me, mi dici sbadigliando.
Ci siamo sbattuti in faccia le nostre finestre di msn che sembrava fosse stato il vento o qualche corrente d'aria. Per tenerti al corrente, stiamo morendo d'aridità. E chiediti come può essere possibile dato che non mi sento solido. I tuoi gesti di solidarietà nei miei confronti. Elemosinare sentimenti e abbracci.
Ho riempito la camera di post-it con l'idea di strappare tutti i miei bisogni scrittici sopra. Criptici. Ermetici.
Nei miei incubi ci sono i nostri EGOmostri.
Nei miei incubi ci sono i nostri EGOmostri.
Nei miei incubi ci sono i nostri EGOmostri.
Nei miei incubi ci sono i nostri EGOmostri.
Nei miei incubi ci sono i nostri EGOmostri.
Nei miei incubi trovi ancora i mostri che avevo provato ad esorcizzare. E tutte le mosche dei nostri barattoli d'amore. Che stiamo barando con gusto. Che stiamo barando e punto.
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Ho tirato un masso sulla finestra di camera tua per attirare la tua attenzione e tra poco non ti prendevo in pieno.
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Quando sei uscita per dirmi che dovevo smettere di dirti cosa provavo che intanto non avevo le prove per dimostrare che era davvero qualcosa. E io ci provavo comunque a dirti che aveva una qualche sottoforma di ragione.
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Che vinci sempre tu che giochi rosso sangue. Il mio nero nero nero nero nero nero nero nero nero nero nero nero nero non esce Mai. Cristo.
Hai gli occhi di Las Vegas attorno a te.
Ti stanno circondato.
ed é tutto esplicito esplicato espiato espatriato. Aspirine come se nevicasse a Leverkunsen. Come se nevicasse pattume. Niente ombrelli od ombretti.
Che musica ascolti?
Emo.
Che musica ascolti?
Ego.

giovedì 18 dicembre 2008

"che non gli troverò un nome nemmeno sanguinando copiosamente" - SDVQ

1.

Che su ogni mio atomo ho scritto che ti dimenticherò. Così potrò rileggerlo al microscopio durante le nostre amnesie retrograde.
Mercury's retrograde.
Mercoledì ho capito che è tutto andata a farsi fottere, scontri di anima compresi.
Che ora
Inizi ad andare
Sempre
A
Capo.
Col
Punto.
Proviamo a rientrare in carreggiata mentre guidiamo bendati. Sequestrati. Sarà a_ore. Che con la mia testa a forma di radio mi sento idiota. Che lo so scuoti diventa Odi Tia. Ed è veramente raccapricciante.
Che quando ti scrivo che mi manchi, vorrei dettarlo ad un dattilografo per poi dirti "Non l'ho scritto io, te lo giuro".
Immagino solo più famiglie spezzate da sembrare un puzzle da 2008 pezzi. Che quelli avanti cristo sono andati persi. In parte. Se sbadiglio sembra che io pianga e se sbaglio sembra che io pianga. E non so quanto questo sembrare sia così lontano dall'essere.
Scegli te, che non mi pare che io abbia un qualche tipo di potere, in generale.
Che forse
si stava meglio prima. In prima fila.




2.

Che sei una stanza con un'infinità di pareti di cui vedo solo la facciata. E mi metti all'angolo con una facilità imbarazzante. Improponibile. Che divento rosso, ma forse è solo sangue tranquilla.
Non riusciamo a coagularci sullo stesso divano rosso "quando a forza di ferirci siamo diventanti consaguinei" che, comunque, ci mancano gli attrezzi per le trasfusioni per le effusioni per le nostre fusioni nucleari. Arrivando al nocciolo: i nostri nuclei primordiali.
Keep good high contact.
Ho ricevuto sms, email, piccioni viaggiatori sporchi di petrolio e smog che dicevano "Non essere Te, non essere Te con Lei. Vinci tu, per una volta. Lord knows it would be the first time." I bookmakers ci credevano anche ed ora mi è toccato cambiare casa per evitare lapidazioni e lapidi.
Che domani parto e non so se ti vedrò che alla stazione la gente si scontra ed accadono sporadici episodi cinematografici. Da Milano Due. Da due a Milano come siamo che non sono abbastanza vicini per farsi spezzare in due da Milano. Ma intanto prendo la macchina con un copri cerchione in meno e una cerchio alla testa per lo più. Che le autostrade sono scivoli acquatici in questo periodo e so annegare.
A capodanno butterò via questi fogli.
Lo stato patrimoniale del mio stato personale dice che va di merda.
Economisti.
Egonomisti
che non siamo altro.


Mattia Barro

lunedì 15 dicembre 2008

INTERVISTA - Le Luci Della Centrale Elettrica

PUBBLICA SU INDIE-ROCK.IT


Raggiungiamo Vasco Brondi, in arte Le Luci Della Centrale Elettrica, in occasione di un suo concerto al Magnolia di Milano. Sul palco, stasera, sarà accompagnato, come sempre, da Giorgio Canali. In quest'ennesimo tour, le novità riguardano l'uscita sui banchetti del libro di Vasco e l'inserimento di una violoncellista on stage.
Con molta curiosità e con molta ammirazione, per ciò che finora è stato firmato da Le Luci, incontriamo Vasco.


Indie-Rock.it: Iniziamo con la più classica delle domande, così da rompere il ghiaccio. Che musica ascolti?

Vasco Brondi: Cambia di continuo. Mi piace la musica che non sia d'intrattenimento. Per intrattenimento intendo quella creata appositamente per un dato fine. Tutto il resto può piacermi, tranne, ad esempio, il funky che mi fa proprio cagare. In media, tutto ciò che esce un po' dai generi.

I-R: In un paese di forte tradizione cantautoriale, di cui credo che anche tu, etichettandoti per un attimo, ne faccia parte, qual'è il tuo parere riguardo a questo "filone musicale"?

V: Se per cantautoriale intendiamo il dare un peso in più alle parole che hanno un senso credo che ci siano parecchi gruppi validi, su tutti gli Afterhours. Se per cantautore intendiamo uno che suona da solo, mi piace Dente, ma infondo c'è solo lui. Per il resto, si ce sono parecchie di cose che mi piacevano di quel filone storico.

I-R: Come vivi il differente rapporto te-chitarra, te-penna?

V: Non son proprio cose che dentro di me dissocio. Quando, ad esempio, scrivevo senza pensare di suonare, la musica ce l'avevo già in testa perchè nella scrittura la componente ritmica è fortissima e la puoi ritrovare nel ritmo e nell'evocazione che una parola può dare, il che è molto simile a ciò che ti può generare una chitarra, o il suonare. Credo che una dipenda dall'altra: uno può prendere appunti con una chitarra come può essere melodico scrivendo.

I-R: Infatti nelle cose che hai scritto nel tuo blog, la musicalità è predominate. L'uso di frasi corte e decise, come sentenze, il continuo uso delle congiunzioni, soprattutto ad inizio frase. Credo che il tuo modo di scrivere sia decisamente molto melodico...

V: si, sicuramente. Prendendo spunto da mille altri scrittori, a partire dalla beat generation, il be-pop, Kerouac e da ogni tipologia di scrittura che credo valga, si è formato tutto ciò.

I-R: Ultimamente quali sono le tue letture?

V: Adesso, robe molto varie. Sto leggendo gli Scritti Corsari di Pasolini che son stato ripubblicati poichè erano spariti dalle librerie per vent'anni circa. Son veramente delle lettere d'amore contro il mondo. Sto leggendo dei romanzi di Giorgio Bassani che è uno scrittore, anche abbastanza famoso, di Ferrara, perchè m'interessa sapere come vede lui questa città. E poi sto leggendo una cosa su Frigidaire, che è questa rivista anni '80 di fumetto scritta da Sparagna, di cui ora ha pubblicato una raccolta con varie spiegazioni. Questa volta mi son capitate delle letture veramente fighe.

I-R: Quindi letture prevalentemente italiane...

V: A caso, ma forse si. Leggo ciò che mi sembra che mi rappresenti di più e che mi interessi di più. Certo non disdegno gli scrittori stranieri, ma credo che sia questo ciò che mi rappresenta ora.

I-R: C'è differenza tra il pubblico che ti legge e quello che ti ascolta?

V: Non credo esista. Credo che chi mi legge, molto spesso, è anche colui che mi ascolta. Poi forse mi sbaglio, ma non ci avevo mai pensato ad una possibile differenziazione di pubblico. Io ci metto uguale impegno, anche se magari trovo più sbattimenti in determinati concerti invece che nello fermarmi a scrivere.
Ciò che mi interessa maggiormente è che il libro sia uscito senza una distribuzione propria e quindi che lo si possa trovare solo sui banchetti, od internet. Non l'ho voluto esporre a livello di solo autore letterario, perchè volevo fosse per coloro che conoscevano già il progetto. Per approfondire o far scoprire qualcosa in più su Le Luci Della Centrale.

I-R: Il libro di cosa parla? E' una raccolta di tuoi brani o un romanzo?

V: più o meno parla degli stessi argomenti che tratto nelle mie canzoni. E' una raccolta di brani che avevo già inserito nel blog con l'aggiunta di altre più nuove. Ho riscritto, praticamente, quasi tutto in modo da dare una sorta di linearità. Puoi trovarci un inizio ed una fine, anche se in mezzo non succede nulla di che.

I-R: Nelle tue scritture il destinatario è quasi sempre ben definito...

V: si, le cose che vuoi scrivere, bisogna scriverle a qualcun altro. E' indispensabile un rapporto umano poichè, se fosse solo per me, non credo butterei mai giù nulla. Non son mai stato autoreferenziale e non mi piace ciò che è autoreferenziale.

I-R: Nel tuo blog stai scrivendo molto meno ultimamente...

V: Si, ma non per questo non sto scrivendo. Non posso continuare a riproporre ciò che ho già fatto per un anno. Molte nuove cose che ho scritto non finiscono sul blog ma finiranno da altre parti. Non voglio che finisca per essere una sorte di diario, anche se forse per un anno è andata così e mi son trovato bene. Voglio cambiare. Probabilmente ora non m'interessa inserire i nuovi brani li, anche perchè spesso non sono solo più da 20 righe come i precedenti. E' importante, comunque, che ci sia il blog e che quando ne ho bisogno sia pronto li. Tutta questa storia de Le Luci Della Centrale Elettrica è la storia dei miei sentimenti e della mia vita. Posso farne ciò che mi pare: scrivere, pubblicare, non pubblicare, sbattermene completamente. Per di più, ora suono decisamente molto di più e trovo che sia stupido che io debba ogni sera ritrovarmi connesso a scrivere per forza. Anche quando ho qualcosa che voglio mettere giù, lo tengo dentro e lo faccio sedimentare. E' come un lago che sopra è ghiacciato e sembra che non esca niente, ma invece al di sotto è pieno di movimento.

I-R: e come stai vivendo i vari live?

V: me la sto proprio vivendo, come un animale, senza razionalizzare molto. Faccio le mie fatiche quando c'è da farne. Ogni volta, il concerto è il momento migliore della giornata. Mi siedo e penso "finalmente si suona". Praticamente è dal marzo scorso che giro senza fermarmi. A furia di suonare, quelli con cui lavoro Giorgio (Canali, ndr), Daniela, Nicola ed Emiliano son diventati una sorta di famiglia. Dai primi live, oltretutto, c'è stato anche un minino di miglioramento nel trattamento da parte dei locali. Son contentissimo di vedere un sacco di gente, nell'ultimo mese è quasi triplicata. Sapevamo di poter far di più, ma abbiamo preferito rimanere nei club piccoli anche se così abbiamo avuto dei sold out con della gente che è rimasta fuori. Ed è normale che s'incazzi questa gente, ma questo è il problema di non lavorare con le prevendite, vince chi arriva prima. Non ci aspettavamo del tutto un riscontro di pubblico così forte. I concerti più grandi, in ogni caso, inizieranno l'anno prossimo.

I-R: da qui la necessità di allagarsi come numero di componenti nei live? Ora oltre a Giorgio si è aggiunta anche Daniela al violoncello

V: si, con Giorgio dovevamo suonare assieme da subito ma son successi casini con l'agenzia di booking. Ora giriamo con Locusta, come agenzia, e ci troviamo benissimo, anche umanamente. Prima il giro di concerti è stato fatto di merda e con un trattamento assurdo, compreso cancellazioni di date. Giorgio, da dopo il disco, doveva subito venire in tour con me, ma così, sfortunatamente, non è stato.
M'interessava parecchio suonare con Daniela. Giorgio la conosceva e a me piaceva questa idea di introdurre il violoncello. Trovandomi da subito bene con lei, le abbiamo chiesto di unirsi e quindi, quando può, partecipa alle esibizioni. Ciò m'interessa anche perchè ho l'idea di iniziare a provare un po' di cose nuove, mischiare nuove sonorità, dalla classica all'elettrica. Vorrei provare a sperimentare.

I-R: A tal proposito, su varie riviste già si punta il dito sul tuo futuro. Con un disco appena pubblicato, sei già chiamato a dover ripetere o migliorare questa produzione con qualcosa che si differenzi a tutti i costi...

V: per farti capire ti racconto della recensione di Guglielmi sul Mucchio Selvaggio. Diceva, all'incirca, "per il prossimo disco le strade possono essere solo due. Ho ripetere la formula del primo disco rischiando di annoiare o cambiare, finendo per normalizzarsi". Io non ho scelta. Se farò ciò che ho fatto fino ad ora annoierò e se invece cercherò di evolvermi mi normalizzerò. Ne ho anche parlato con lui, quando l'ho conosciuto di persona (è stato gentile ed ha apprezzato il disco). Davanti ad una recensione del genere cosa posso fare? Smetto di leggere queste riviste. Sappiamo già, quindi, come andrà. Diciamolo già ora, un anno e mezzo prima, o anche più, dall'uscita del mio prossimo lavoro: "Sarà simile al precedente, con qualche arrangiamento nuovo ma coi sempre i testi sulle solite storie". E scriveranno "E' ormai un modo di fare passato e non c'è stata l'evoluzione che ci saremmo potuti aspetti". E' come quando sapevo già che mi avrebbero detto che il disco s'era ammorbidito rispetto al demo. Lo sapevo quasi un anno primo della registrazione. Quindi, possiamo già fare le recensioni ora, prima che esca.

I-R: Nei tuoi testi c'è poesia tratta dalla normalità e, usiamo un brutto termine, dal "degrado". E' un adattarsi al mondo o una rivalutazione?

V: Ciò si palesa da subito. Il progetto non si chiama Le Stelle, ma Le Luci Della Centrale Elettrica perchè son proprio queste le Stelle di adesso. Può anche essere un adattarsi, se vuoi vederla così, ma detto così pare che abbia una connotazione negativa. Forse non è un adattarsi, ma semplicemente un guardarsi attorno.

I-R: Qual'è stata la tua reazione per la Targa Tenco?

V: Son stato contento più che altro perchè dimostra che un disco può essere registrato da amici, in camera di Giorgio, a zero euro, facendo il cazzo che volevamo nel modo più assoluto (dato che La Tempesta è un'etichetta che ci ha dato ampi spazi) ed essere considerato di valore. Ero già assurdo trovarmi in finale. Con tutto il rispetto, e senza far conti in tasca a nessuno, competevamo contro gruppi supportati da major con decine di migliaia di euro spesi per disco e promozione. Un disco a costo zero che raggiunge gli stessi, o maggiori, risultati può anche risultare importante per chiunque faccia musica. E' una cazzata la corsa alle mega produzioni.

I-R: Quindi il disco l'avete registrato voi, tra amici, totalmente homemade?

V: Si, però l'abbiamo mixato in studio a Ferrara. La Natural HeadQuarter si è offerta. Comunque si, l'abbiamo prodotto noi.

I-R: Da qui dipende la scelta di mantenere il disco in chiave voce-chitarra?

V: La scelta è dovuta al fatto che c'era urgenza di registrare. Io ho registrato le parti con la chitarra acustica, Giorgio ci ha buttato sopra le parti con l'elettrica e in un mese era pronto. Andava bene così. Era un'urgente pubblicare ciò che avevamo da dire.

I-R: In conclusione, torniamo al mondo internet. Come nasce l'idea di una mailing list così personale, contenente tue parti scritte ed altro?

V: Li mi sta dando una mano Nicola che è un mio amico da sempre. La mailing list è venuta in mente a lui. Però se mi metti davanti ad un foglio a scrivere, la formalità è la prima cosa che se ne va. Dato che si tratta di un comunicare tra persone, trovo comico l'uso di un linguaggio schematico-formale. Mi fa piacere parlare con le persone...

I-R: diventa un rapporto più umano...

V: Si, in molti me l'han detto. Per me è normale, non sto cercando di venderti dei pneumatici; è comunicazione. Non voglio neanche venderti nulla. Se mi compri una maglietta grazie mille, mi ci compro un panino all'autogrill. Si parla di rapporti umani e non di negoziati.

I-R: a volte basta così poco, e forse nessuno non ci aveva ancora pensato

V: (Ridendo) Si infatti, non è che mi son seduto a tavolino e ho preparato questa strategia. Che qua a Milano si parla di marketing già da come saluti, se con una stretta di mano od una pacca sulle spalle.

L'intervista finisce con la decisione, presa da Vasco, di evitare commenti su una domanda che si riferiva ad alcuni accadimenti (la vincita di Obama, condanne post scuola Diaz) poichè ritenuta troppo espansiva, fuori sede e generalista. Accettando e comprendendo tale scelta, usciamo dal camerino con un sensazione mista. Da una parte l'interesse profondo alla causa de Le Luci Della Centrale e dall'altra un senso di mancanza. La mancanza di aver potuto sapere il significato di ogni virgola di ogni scritto di ogni parola. Ma forse certe cose bisogna scoprirle con un suono di violoncello di sottofondo. E sentirle dal vivo.

Mattia Barro

"Magazzini" - SDVQ

Che una mia compagna di corso si è portata in aula una bottiglia d'acqua da un litro e mezzo e, ta-dam, è la stessa che bevi te. Lievemente. E se inizio pure a rivederti negli oggetti, si, incomincio ad avere una Fottota paura.
Paura Fottuta.
Fottuta
Paura.
Penso che dovrei scrivere su un moleskine come fai te, ma mi sembra troppo piccola per i miei Giganteschi sgorbi. Che non sapevo nemmeno che esistesse.
I miei sgorbi.
Prendo un quintale di droghe leggere per leggere cosa scrivi. come scrivo. come rido. Ridarò vita ad alcune vecchie composizioni in decomposizione, in tuo onore. Le avevo lasciate ad essiccare siccome non arrivavano, non arrivavano mai. Come i treni. Come gli aerei. Come i baci. Come i giorni in cui dovremo essere Felici, per davvero. Robe da F maiusciola sempre; come Faccia. Qualsiasi cosa si Faccia per sopravvivere. Finisce sempre in soia. Che se la disorienti diventa oasi. Un oasi di latte di soia intorno a me mentre dici "no, non sono lesbica".
NON capisco di cosa tu stia parlando.
NON capisco con chi tu stia parlando.
cristodio.
Fottuta paura, a prua.


I divani rossi di pelle e i nostri sentimenti pellerossa recintati nelle riserve. Una sotto forma di tutela sotto forma di gabbia.
Riserve di sentimenti.
Che alla fine siamo solo contenitori o magazzini.

"Che questa è una terra straniera" - SDVQ

Che in una terra straniera diventa difficile qualsiasi cosa. Magari riesci a scopare, o fottere, più in quel lembo di terra. Il fascino dello straniero. Il fascino dello strano.
E trovarsi nei negozi.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Che è sempre difficile comunicare in terre straniere. Che in America dici Ti amo anche ai tuoi amici più cari. Che qua è tutto veto e dovremmo arruolarci come veterani nei parco giochi asfaltati.
Recuperiamo come eravamo.
Recuperiamo come era vano.
Che mi son perso in una terra straniera che pensavo fosse la mia. heima.
"Hei, ma'"
Non era lei.
Non eri tu.
Non ero io.
Siamo sotto stretto bombardamento.
Stiamo stretti sotto al bombordamento. Bombe sottocosto dalla Ryan Air.

Ciò che puoi fare in una terra straniera:
_ scopare la popolazione femminile autoctona
_ farti lapidare-impiccare-giustiziare
_ cercare di farti accettare
_ accettare la tua solitudine. anche qui.

Ho uno scritto una lettera a dio perchè Babbo Natale era troppo impegnato per questo periodo. Per Odio. O dio. Per dio. Periodo così.

venerdì 12 dicembre 2008

"Geometrie" - SDVQ

che un giorno accendendo la tv è cambiato il mondo il mondo il mondo. Che avevo non ricordo quanti anni e stavo a casa con amici e faceva caldo e c'erano le scuole medie e l'odore di paese mischiato con l'aria afosa. le finestre aperte, le porte spalancate al futuro. ragazzetti ipertecnologici. che aspettavamo il caricamento di qualche gioco e allora la tv era accesa e notiziari speciali notiziari speciali notiziari speciali notiziari speciali. Notiziari. Speciali. Notiziari. Speciali. che i kamikaze sono come la masturbazione.
che ci rendevano cechi di vedere ciò che accadeva.
che sarà caduto il simbolo di Babele due volte.
e molto altro.
PENTAGONO
un giorno avevo cambiato vita e credevo di poter far tutto ciò di che volevo-sognavo-speravo. ero convinto di tutto. ne ero certo. ero fottutamente a posto.
QUADRATO
un giorno ho salutato un amico, ho fatto la retro, ho salutato contento e ho messo la prima. un forte rumore, la macchina che non rispondeva più. fermi in notte piena. obbligatori movimenti per la legge.
TRIANGOLO

gli sportelli dei bancomat, gli sportelli Alitalia chiusi e volati via da Malpensa come i nostri sentimenti sentimenti sentimenti che SENTI CHE MENTI quando dici che c'è una cordata italiana per salvarci quando è tutto una questione di venderevenderevenderevenderevendere.
Una persona mi disse che a Milano tutto è marketing. Fin da quando ti saluti, se con una stretta di mano o con una pacca sulle spalle.
che mi disse che la poesia non arriva più fin su sulle stelle. anche perchè a milano non si vedono neanche se hai decimi in più da un occhio. Mi disse che le nuove stelle, son le luci della centrale elettrica.
dammi RETTA

credimi.
dammi SEMIRETTA.

non rileggo mai cosa scrivo quando te lo mando così avrò la doppia incognita alla tua risposta. non posso abortire cosi facilmente. che han già le unghie ti direi se fossi nel periodo folk, a vedere film con me.
che ci saranno film con me.
e aborti.
con o senza di me.

"Giornate" - SDVQ

Questa è una di quelle giornate dove perdi i plettri, tutti. Proprio tutti. Che non ti sei ancora alzato dal letto e son già crollate tutte le tue torri gemelle in un paio di messaggi e una chiamata. Che dio è in vacanza che c'è la neve e se la può sciare tranquilla oggi.
Cristosanto.
Questa è una di quelle giornate dove perdi plettri, tutti. Ma proprio tutti. Che magari uno era attaccato alla chitarra e quando la prendi salta via dalle corde e sparisci in angoli della tua casa che non hai mai frequentato il venerdi o il sabato. Non hanno il martini.
Che nessuno sa più che dire e quando apro la bocca per dirti qualcosa, mi sento stupido e taccio. Dando quella breve aspirata d'aria nel silenzio per iniziare a parlare, che crea aspettative. e poi taccio. Che ti ho in un qualche modo dedicato pagine del mio bloc notes e non ho avuto il coraggio di copiarle sul computer dopo ciò che ho fatto, faccio, farò. Farò l'ennesima frase fatta con la faccia sbagliata. E i verbi coniugati male. Che intanto non li nota nessuno che non li legge nessuno che non arrivo e potrei stare a casa a letto per sempre che non cambierebbe molto.
E ascolto musica folk. Italiana. Roba tipo Annie Hall e Green Like July. Anche se le foglie a terra son piene di neve. Che a Milano è difficile definirla tale anche se crea problemi così grossi che sembra il '29 negli stati uniti ad un modo di pensare che ora, dicono sia moderno.
Non sai che dirmi quando non parlo o quando parlo. Che non cambia nulla. E io non so che risponderti. Anche quando dici nulla.
E mi sparo in bocca un chilo di drammi umani per pranzo che mi rimangono sullo stomaco per tutto il pomeriggio.
Che devo mettere i cartelli fuori dalla porta con scritto "Sto morendo e NON sono contagioso" per farti avvicinare. Ma manderesti dei fiori, che vedere la gente morire o morta è da sesto senso. Che se passo i weekend al cimitero vedo anche io la gente morta. Senza rompere i coglioni a nessuno. O fare film. O farmi del film.
Saremo duri a morire comunque.
Stupido istinto alla sopravvivenza.
Che è inutile qualsiasi cosa in una giornata come questa.
Anche morire diventa tale.

giovedì 11 dicembre 2008

"Polimetilmetacrilato" - SDVQ

Che faceva un freddo intollerabile.
Intollerabile come il latte di soya soya soya soya soya soya soya soya che devo dirlo mille volte per farlo sembrare giapponese o già al proprio posto o paese.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Si parla di rapporti umani e non di negoziati
Che faceva un freddo intollerabile e la pizzeria magrebina era chiusa ed era chiuso pure il kebabbaro. Cristosanto.
Ed ho camminato stretto a Silvia perchè ci gelavamo ci gelavamo che non è nemmeno pensabile quanto come dove o altro.
Ho speso tutti i soldi che avevo per bere che intanto non bevo se posso sostituirlo con un thè che non bevo. Bevo. Che ho la gola secca ma non c'è tempo da perdere. Una golata di intimità che mi strozza mi fa morire ma poi sto bene e quasi rido. Ridò vita a muscoli pellicciai, mimici, cervicali. Che è meglio di come trattano gli eroi in coma i dei in coma i coma in coma.
Come mai non mi hai svegliato quando sei tornata a letto dopo 20 anni? Cristosanto.
Che faceva un freddo intollerabile lo sapevi e, di fondo, tremavi solo al pensiero. Te e i thè, te e i te che non conoscerò mai.
Si parla di rapporti umani e non di negoziati.
Volevo scriverti sul muro di casa che sarà Magnifico o Geniale ma le bombolette atomiche per scriverlo erano finite nelle nostre scorie d'amore.
Che dobbiamo disintossicarci dai pregiudizi e cadere dai grattacieli dai palazzi dai condomini. Ricostruirci dai frammenti e baciarci coi resti delle labbra che sono puzzle per feticisti. Che giuro che non ti ho staccato gli occhi di dosso mentre ti buttavi sotto ad un treno e io ho detto "cazzo" quando hai detto "cazzo" e tutti han pensato "cazzo" e son volati milioni di uccelli, a tema.
Lei trema mentre le dico che sarò il suo polimetilmetacrilato contro le intemperie.
E lei sarà per me:
XANAX 0,25 mg compresse. ogni compressa contiene: Principio attivo: alprazolam 0,25 mg.
XANAX 0,50 mg compresse ogni compressa contiene: Principio attivo: alprazolam 0,50 mg.
XANAX 1 mg compresse ogni compressa contiene: Principio attivo: alprazolam 1 mg.
XANAX 0,75 mg/ml gocce orali, soluzione 1 ml contiene: Principio attivo: alprazolam 0,75 mg. 10 gocce contengono 0,25 mg di alprazolam.
Le dico "Ti amo".
Lei dice "Anche se per lo XANAX ad oggi non sono pervenute segnalazioni in merito, le benzodiazepine possono provocare amnesia anterograda."
Le dico "Cosa ti ho detto?"
Lei dice "non ricordo baby".

"XXIV Maggio" - SDVQ

Che vorrei diventare famoso-ricercato-voluto solo per scoparmi chiunque pensando a te.
Che suicidarsi costa 3 euro in un bar in XXIV Maggio. Per di più un pessimo bar.
Avrei voluto fossi codarda come me.
Il 2x1 dei sentimenti non corrisposti e ti corro addosso e ti sposti e finisco a scivolare sulla neve che si sta sciogliendo.
Perchè vado a morire con una nevicata epica. Che nei momenti decisivi, il tempo è decisivo. Il tempo è importante. Le parole sono importanti. Ma non ti importa più di nulla quando alzi il sopracciglio sinistro e ti distacchi.
Stacco la spina e mi spacco di birre alla spina. Che c'ho ancora cinquanta euro da spendere o in alcool o in sesso a pagamento. Mi hai reso asessuato. E ubriaco. E asessuato.
E asessuato.
Che non credo si possa essere normali ora. Anche se dovremo avere norme norme norme e più nonne pronte a farci da mangiare, no? Cristo.
Hai un bloc notes pieno di appunti che sai già come vedere il futuro che sai già cosa penserai nel futuro che sai già. Che sai già. Che. Sai. Già. Tutto.
Che ho spezzettato quella bustina di zucchero mentre mi spezzettavi il cuore e tutti quelli attorno urlavamo e giocavano come se ci fosse ancora qualcosa per cui divertirsi/divertire/divenire.
Chissà perchè sembrano tutte fidanzate gelose. Zitelle.
Chissà perchè sembra sempre che tutto vada di merda.
Ah no, quello non sembra. Quello è così.
Ho scritto sulla neve che mi avevi fatto un male cane e che ti volevo bene lo stesso. Ma sulla seconda parte c'ha pisciato sopra un cane e si è sciolto. Fatalità no? Casualità no? Oggettività vs soggettività. No?
Ho scritto sulla neve che mi avevi fatto un male cane. Che quando poi ho attraversato la piazza, dopo il mercato, aspettando il verde a bordo delle strisce pedonali, avevo un freddo così deciso che tremavo. Ma tremavo così forte da sembrare Ian da sembrare epilettico da sembrare fottuto. Che poi si è aggiunto lo sconforto, la morte, il dolore, te, me, Dio, il Diavolo. E un brano degli Smiths. E tremavo così forte che ho pianto e tu forse hai pensato che le lacrime occupano spazio. Occupano spazio. OCCUPATO, SPAZIO.
Non provi niente a vedermi congelare vivo?
Tremante e stringendomi il più forte possibile ero così tagliato dal vento da avere ancora le ferite sul viso, che quando son scoppiato son entrato nel primo negozio che è spuntato. E il fatto che fosse un negozio di dischi era pura fatalità, casualità, oggettività vs soggettività. Una specie di segno. Come quelli che fai e fraintendo. Che ho guardato per due volte tutti i dichi con gli occhi lucidi fino a rovinarmeli. Ed ho comprato qualcosa per salvare me, per salvare il loro ricordo. Per salvare le etichette discografiche. O le fighe. O le groupies. O le mie retine.
Finirà di merda come sempre.
Che ci abbiamo fatto l'abitudine.
E che continuo a credere che dovremo andare a Stoccolma a scopare come animali selvatici o a litigare come animali selvatici. Ma staresti troppo tempo a lavarti le mani. A levartene le mani. Cazzo.
Ti ho detto che mi hai ucciso e tu mi hai detto che non ti prendo sul serio e allora ti ho ripetuto che stavo sanguinando e mi hai detto "no, non è il momento".
No, non è il momento. Come quando morente disteso sul tavolo ti ho allungato la mano chiedendo aiuto e tu ti sei ritratta. Come facciamo con quelli che ci chiedono l'elemosina ai semafori e noi tiriamo su il finestrino.
Qualcosa di positivo si trova sempre.
Alla fine ci si ride sempre su.
Alla Fine. E la Fine, che io ricordi, e quando Finisce tutto. Vita compresa.
Che suicidarsi costa 3 euro in un bar in XXIV Maggio. Per di più un pessimo bar.
Ed era la fine.
E finalmente potevamo riderci su.

"che ti scorderai di tutto" - SDVQ

Che vorrei dirti che il tuo nuovo colore di capelli è veramente figo, ma non riuscirei a mentire così sfacciatamente. Che ogni volta che ti sento è come se mi suicidassi. Ma alla fine la corda si rompe sempre. Che sia fune, cravatta, tenda, lenzuola, cavo del telefono, cavo elettrico, antenna televisiva. O chissà che altro.
Cresci un po'.
Cresci un po'.
Cresci un po'.
Fino a che la tacchetta della tua altezza si avvicinerà alla mia sul muro a fianco alla porta d'ingresso dove ho provato fune, cravatta, tenda, lenzuola, cavo del telefono, cavo elettrico, antenna televisiva. O chissà che altro.
Diabetici. Dialettici.
Dimmi che tornerai quando non ti muovi da casa e dimmi che starai affianco a me quando superi il check-in e mostri la carta d'imbarco. When your soul embarks. I nostri sentimenti...sai già come va a finire. Infondo non siamo sceneggiature inedite. Copie di copie di copie di copie di coppie. Buona visione. Comunque.
Sfili. Sfidi.
Stili. Sifilide.
Si son rotti tutti i preservativi che mi parevi Denti. E le osterie. Quando sei in coma vegetale ti cadono i denti. E qualcuno li raccoglie. Che non ti strozzi almeno. Almeno che, poi? Che sei un vegetale.
Confondi i miei occhi per occhi e continui a guardarci dentro. Dentro. Dentro. Dentro. Hai così tanto tempo da perdere che diventi imbarazzante. Come gli accenti e i dialetti e i corpi nudi quando si accende la luce.
Diabetici. Dialettici. Denti. Dentro. Dialetti.
Ti scorderai di tutto. Che non capirai perchè il sangue sta ancora cercando di coagularsi su quei tagli.
Ti scorderai di tutto fino a guardare fisso dentro i miei occhi come se fossero occhi. Hai scordato tutto. Anche di quando ti ho detto Ti Amo e tu hai detto Smettiamo. E dell'Alitalia quand'era ancora a Malpensa. Pensa che c'eri dentro fino al collo e adesso mi chiami a_ore, perchè il coma ti ha mangiato la M. Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.
La tua nuova mente svuotata di me.
Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.
Nuovamente.


Mattia Barro

"L'era glaciale" - SDVQ

L'era glaciale a vent'anni, a vent'anni.
Che son morti i nostri dinosauri e noi sarà che ne siamo così saturi che ne diveniamo satiri. Salteremo ancora ventrale perchè anche a saltare gli ostacoli, cazzo, ci vuole stile.
Saranno i ricoveri i nostri motel dove scopare quando ci sentiremo sporchi. Rehab che diventano weekend fuori città per smaltire sbornie, smaltire rapporti, smaltire i rifiuti tossici de nostri Ti Amo. Abbiamo scorie d'amore. Scriveremo scorie d'amore. Vivremo scorie d'amore.
Le storie dei nostri avi che ci raccontano di quando i corpi si potevano sfiorare e ci sembra impossibile che non esistessero le tastiere e i tasti incognita che non sai usare e rimangono ad usurare l'impatto visivo.
Ti manderò tutto ciò in una bottiglia da lasciare in mare ma siamo a Milano e dubito che tu potrai mai riceverla. Magari lascio sopra il tuo myspace così chi la trova te la può riscrivere. Almeno che non la riceva un nostro avo. Che la userebbe per pulirsi, o pentirsi di aver procreato.
Prole di prole di prole di prole. Parole di parole di parole di parole.
Erano solo altre ere ed era scontato che finisse così.
Senza il più minimo controllo.


Mattia Barro

"Cristiani e Cavallette" - SDVQ

Pare che il diabete non salti più le generazioni e che le generazioni non saltino più come la quaglia. Cristo Dio.
E sarà così che mi tatuerò il tuo No sul buco del culo. Che intanto è inutile perdere tempo a dirti cosa come perchè chi quando dove. Anche se me lo chiedi poi sbadigli o ti distrai. Calli da sassolini nella scarpa che bisogna togliere. Ora che abbiamo finito anche il Diossido di Carbonio cosa pensiamo di fare per suicidarci? Il gioco dell'oca sulle mine posizionate dai nostri nonni annoia i più. E i meno male.
Vorrei mandarti una lettera con dentro uno sputo ma credo che le poste italiane non siano abbastanza veloci per non seccarlo. Saresti apatica nel vedere una lettera vuota, bianca. Saresti apatica. Sei apatica mentre agito le mani per attirare la tua attenzione.
Ti dico che ti amo con l'alfabeto morse e con questi enormi segni neri sotto gli occhi. Ti comprerò degli occhiali da vista o degli occhiali da sole a specchio, così mentre ti guarderai attorno almeno potrò riordinarmi i capelli. I capelli. Cambia colore di capelli. Maledetti. Maledetti capelli scombinati.
I Sigur Ros ti ucciderebbero. Atrocemente. Atrocemente. Atrocemente.
Ti ho pregato di pensarci un attimo su, prima di decidere come uccidermi. Perchè ti sei distratta? C'era del sesso in città? C'era del sesso fuori dal mio balcone? Dormivo.
E mi tatuerò i tuoi silenzi ovunque se ci sarà abbastanza spazio. Risparmiando sull'elettricità e sull'inchiostro, sui sentimenti e sulle nocche sporche di sangue.
E' che pensavo che non sarebbe potuta finire così, con le braccia dentro le bocche a togliere organi interni. Chi cazzo se lo sarebbe potuto aspettare? Ti ho chiamato e non hai risposto che avevi dimenticato il cellulare chissà dove e avevi un prurito alla vagina ed una stretta allo stomaco da farti vomitare il Belgio. Non avresti pianto con me vedendo gli Sigur Ros sotto la luna piena. Piangi quando sei piena d'alcool. Apriscatole per il cuore cercasi, e l'Ikea è chiusa e tu dove dormi? Sei caduta dai tacchi alti e ti sei battezzata sul piscio fuori dal locale e Dio si chiede se con una scala bilaterale alla quarta carta deve venire a vedere il tuo probabile bluff o ritirarsi e perdere quanto finora ha puntato. E Cristo se ha puntato.
Saranno i lavori in corso a deviare i percorsi che avevo preparato con cura a tavolino quando ho detto "Possiamo salvarci" e tu hai staccato l'elettricità per tutta Milano che risuonavano tutti gli antifurti e i cani abbaiavano spaventati a morte.
Non ho trovato il coraggio per dirti che eri orrida e battezzata.
Non hai trovato il coraggio per dirmi che avevi da fare, avevi da fare, avevi da fare e non saresti riuscita a passare, "no, questa settimana proprio no". Come se dopo una settimana ce ne fosse subito un'altra. E invece ci vogliono mesi e anni prima che ne arrivi un'altra. Ma non lo capisci e sei cristiana ed alcolizzata.
Ti lascio la porta aperta così stanotte quando arriverai non dovrai aspettarmi al freddo ma tu non passi e io mi sveglio con il mal di gola il raffreddore e la febbre, la febbre.
Il radiobus ti ha lasciato a piedi e si è scaricato l'ipod ed è finito l'alcool e il Plastic ha chiuso per Lutto per Lutto per Lutto e tu non sai più camminare. E le cavallette. E le cavallette.
Prendo un freddo della Madonna e giuro che ti odio così tanto che quando ti vedo vengo ad abbracciarti sorridendo e ti guardo e ti guardo e ti guardo così stai a disagio su quella poltrona scomoda. Caffè amari.
Avrei dovuto metterti incinta e fumarmi una canna.
Ma tu sei cristiana. E io mi sento vicino al 33. 33. 33. 33. 33.


Ti ho consigliato di ascoltare un brano ma hai detto "Le cavallette, le cavallette, le cavallette".

"i miei voti scarsi" - SDVQ

Tutto sta diventando così grottesco che non capisco neanche più cosa mi dici e sai che non so leggere le labbra. Quando mi suggeriscono agli esami o quando mi suggeriscono di fare esami perché non è normale che io stia così. Non so leggere le labbra quando mi dici "Ti amo" o "Smettiamo" e vengo gentilmente spintonato dietro la linea gialla. La sottile linea della mia futura cirrosi epatica.
I nostri sentimenti Alitalia han chiusi gli sportelli e son volati via da Milano.
Ti dico che forse dovresti spiegarmi cosa accade quando m'inviti ad un evento tramite Myspace.
Ti dico che forse dovresti spiegarmi cosa cazzo accade quando m'inviti ad un evento tramite Facebook.
Ho avuto quasi una crisi di panico al McDonald's quando è stato assediato dagli studenti manifestanti, ma per riempirsi lo stomaco dopo i litri di vino da un euro. Ho fatto venti minuti di coda e mi son trattenuto. Mi hai prestato dieci centesimi perchè ti facevo una fottuta compassione.
Comunichiamo male. Compri mille azioni General Motors anche se mi devi cento euro e ti scrivo un biglietto grosso come Milano Nord ma hai cambiato casa e non m'inviti in quella nuova e la portinaia dice che ho la faccia troppo pallida che sembra che sia malato e dovrei farmi degli esami. Fai una grande inaugurazione per la riapertura del traforo quando lui ti lascia e tu ti lasci e io che vorrei rimanere aggrappato a qualcosa leggermente più grande di una sigaretta con un cazzo di rossetto. Perchè non ho ancora svuotato il portacenere e ho già finito i bonus. Eh già, i bonus. E tu compri Bot. Buoni Ordinari per Tuttiigiornichevolevoamartietumihairispostocheeratardiedoveviassolutamentefarequalsiasicosapossibile.
Ho difficoltà a ricordarmi il tuo volto anche dopo il peyote. Ricordo a malapena la tua bocca che mi dice qualcosa. Ma non so leggere le labbra e non so se mi dici "Ti amo" o "Smettiamo" mentre parti per Berlino o Amsterdam o Parigi o qualche clinica. Ti fanno test a crocette come allo Iulm e dici "non sono il mio forte", come disse Gesù. Ma non venne riportato.
E' difficile essere guide turistiche per se stessi. Ti annoi prima che dentro ad una città fantasma come Banchette, Ivrea, Milano. Come Milano, Ivrea, Banchette. Stai cercando di capire se è acne. Stai anche cercando di capire se sono un cane e vai al Gasoline o al Plastic che ogni volta che qualcuno lo pronuncia cambia accento e colore delle pareti. Beviamo forte e poi sbiascichiamo. E io ho sempre i miei problemi di lettura che son uno dislessico delle labbra e quando ci baciamo guardo le strade sporche ma intanto non ci baciamo per nulla e per niente. Per Dio.
E' che mi son bruciato mentre ti cucinavo qualcosa. E ti mandavo cose da leggere e dicevi "poi" e allora ti mandavo cose da sentire e dicevi "Poi" e sapevo che era mai quando son finite sul tuo iTunes o sul tuo iPod o sul tuo iEgo o sul tuo drink all'iPogo, quest'estate. Eri così fatta che qualcuno ti ha scopato da dietro da dietro mentre vomitavi. Fuori dal castello. E non hai smesso un attimo di vomitare e lui ha avuto un gran fegato. La sottile linea della mia cirrosi epatica.
Eri al Rainbow, allo Iulm e a Benicassim e io ero li ma poi ero al Rocket e ai Magazzini e tu eri in un'altra città e quando ero a Ibiza e ti insultavo tu eri dov'ero io un attimo prima. E' che non ho ancora messo l'ora legale e tu sei a dare un esame di giurisprudenza. Se segui ancora. Se ci segui ancora. Perdi i sensi dicendomi "sono sbronza!" e vallo a spiegare te ai medici che non ho idea di chi ti ha dato tutta quella merda. Lo smog di Milano e le centrali nucleari dietro alle Alpi e i rifiuti tossici seppelliti in giardini.
Il mio liceo era immerso nell'amianto e non ho mai amato nulla così tanto che ora han bonificato tutto e li sorge il nuovo centro e io, comunque, rimango nel paese a fianco a vedere le occupazioni. Son passati 40 anni e non ci son più i vinili. Son scomparse anche le musicassette e i cd. Abbiamo chiavi per tutto perchè non possiamo fidarci del nostro coinquilino.
(il dolore è l'unica sensazione che sentiremo sempre)
(insieme alla fame di grigio)


Mattia Barro

lunedì 8 dicembre 2008

"7 Agosto 1974" - SDVQ

Che era il 7 Agosto 1974 quando ci siamo contaminati.
Poco dopo le 7e 15.
Poco dopo.
Che è un grosso casino e bisogna scindere in due l'elemento base. Fissarci. una bomba a Fissarci. con la F maiuscola tipo Fobia.
guarda come siamo friabili
guarda come siamo friabili.
guarda come siamo friabili
Non rimarremo Fermi come Enrico. Te lo giuro.
E delle garze che non useremo farò bandiere bianche per i bombardamenti. Cerotti per le fuoriuscite di sentimento. Te lo giuro.
I miei progetti scadenti
i tuoi progetti a scadenza.
I nostri progetti scaduti. Caduti.
Che era il 7 Agosto 1974 quando ci siamo contaminati. Ed era tutto così piccolo anche col passare degli anni.
sarà che son 30 anni che ci conosciamo e di certo avrei voluto saltare la scuola con te, la prima volta.
Apri la finestra sopra nottambuli spazzini drogati ubriachi prostitute. Fottimi. come quando distruggi l'aria. Fottiti, mi dirai.
Che le tue sigarette le mangio a colazione.
Ho preso litri del tuo profumo per condire l'insalata e mangiarti.
che quando ti sei abbassata e sdraiata a fianco a me e hai appoggiato la testa sul mio torace, mi ha scardinato il petto e ti sei nascosta dentro a rifugiarti per il tempo a seguire. Che a volte sei friabile. anche te.
Che è tutto un suicidio di massa.
mi hai preparato funghi atomici per cena e non avevo fame quando son crollati. come le mura a berlino. Che eravamo appena nati e non era certamente il 7 agosto 1974,
poco dopo le 7e 15 di mattina.
che l'aria era fredda.
e non so se c'era il sole. per davvero.


Mattia Barro

sabato 29 novembre 2008

RECENSIONE - Offlaga Disco Pax (Magnolia, 26.11.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

26-11-2008
Offlaga Disco Pax @ Magnolia, Segrate (MI)
E che ogni tanto bisogna schierarsi. Anche in Italia. E allora ci schieriamo dalla parte della musica e della scrittura e andiamo a vedere gli (attivisti) Offlaga Disco Pax. E' stancante essere sempre campanilisti in qualsiasi forma.

Gli Offlaga Disco Pax raddoppiano sul palco e, accompagnati dal trio d'archi Ginko Narayana, affrontano un'altra tournée, come se i 250 (e rotti) concerti precedenti sia stati troppo pochi per farsi ascoltare.

Un'ora e mezza, forse più, di fiato sospeso di un pubblico che si accende nei momenti d'apice politici come in Sensibile o di congratulazioni come in Dove ho messo la golf?. Perché lo spoken-word degli Offlaga è una forte orazione, quasi Popolare e di comizio.

Il nuovo approccio musicale, portato dal trio d'archi, aumenta la NEOsensibilità del gruppo emiliano e il silenzio contemplativo rispettoso del pubblico rende quasi surreale la location. Il tempo si ferma, lo spazio non muta, e si rimane sospesi.

Che tra lanci di Tatranky e Cinnamon, tra i ringraziamenti sentiti di Max Collini verso pubblico e addetti ai lavori, tra le basi elettroniche e i nervosismi-e-virtuosismi degli archi, qualcosa in più nell'aria si crea. Un comizio anni '80 tra elettori conquistati.

Usciti dalle urne andateli a vedere, qualsiasi credo politico abbiate. Uno spettacolo che non è facile da trovare e che non ritroverete. Ci son ancora belle storie da sentire. Presenti, future e passate.

Mattia Barro

RECENSIONE - Le Luci Della Centrale Elettrica (Magnolia,19.11.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

19-11-2008
Le Luci Della Centrale Elettrica @ Magnolia, Segrate (MI)
Che, probabilmente, Vasco Brondi abbia fatto il disco italiano dell'anno è quasi certo. Che, probabilmente, Vasco Brondi renda al massimo dal vivo è quasi certo. Certezze a parte, il progetto Le Luci Della Centrale Elettrica live si allarga aggiungendo Daniela al violoncello (che si affianca all'ormai sempre presente Giorgio Canali) e trova nuovi spunti, nuovi atmosfere e nuovi nervi scoperti da toccare.

Il carisma di Vasco è un valore a sé. Con la sua voce cammina sul filo sottile del cantato-parlato e spesso sfocia in un qualche genere di spoken word. Le aggiunte al nuovo live set si manifestano nei vari brevi reading che intervallano alcuni brani (con la tensione sempre mantenuta alta dal sottofondo musicale) e che ci riportano più a quelle Luci che si erano fatte amare per il blog e che forse, proprio in quel campo, trovano la loro maggior forza.

Le parti vocali ora vengono, in alcuni episodi, giocate e scambiate tra Brondi e Canali aprendo ancora di più lo scenario dell'immaginario creatosi. Pura tensione. Il pathos esce da ogni singola esecuzione anche se ora si predilige un aspetto più armonioso ad uno meno spigoloso (vengono tolte molte 'urla' rispetto al disco) e si completa con il brano conclusivo dove vengono di colpo spenti tutti gli amplificatori e Vasco, in piedi al limite del palco, strimpella e canta, quasi in uno sfogo personale. Emozione.

Mattia Barro

mercoledì 26 novembre 2008

INTERVISTA - Milosh

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT


Interview: Milosh
Incontriamo Milosh (accompagnato dal fido chitarrista Paul Pfisterer) alla Casa 139, appena finito il suo soundcheck. Ci sediamo e ordiniamo solo birra italiana, come loro desiderano. Accendiamo il registratore e ci inoltriamo in un percorso, a tratti psicologico, alla scoperta dell'intimo produttore canadese.

I-R : Qualche tratto generale per conoscerti: che musica ascolti solitamente?

Milosh: Vecchio folk, cose come Neil Young. Mi piacciono i Pink Floyd e ascolto molta musica classica. Seguo anche alcune etichette elettroniche, apprezzo molto i Telefon Tel Aviv...

I-R: hai anche collaborato con Josh Eustis dei Telefon Tel Aviv in questo disco, giusto?

M: Si, si è occupato del mixaggio e del mastering dell'album. Siamo buoni amici, parliamo spesso.

I-R: Puoi dirmi un nome di un'artista emergente che apprezzi molto?

M: Non è emergente, ma ultimamente ascolto molto Apparat, penso che abbia fatto davvero un bell'album...

I-R: Dato che hai citato Apparat, apprezzi anche la sua amica Ellen Allien?

M: Non conosco molto la musica della Allien, ma ciò che ho sentito mi piace, suona bene. Per tornare su chi ascolto, amo il nuovo disco di Dntel, un'artista di Los Angeles che ha lavorato anche nella mia stessa etichetta (Plug Research). L'avete sentito? E' folk contaminato dall'elettronica, è sorprendente. E' il mio disco preferito di questo periodo.

I-R: Ho letto che hai iniziato a suonare il violoncello quand'eri giovanissimo, addirittura a 3 anni. Quanto è stato importante questo evento? Come mai hai iniziato con quello strumento?

M: Sì, è stato chiaramente un evento fondamentale per me. Ho iniziato grazie a mio padre, lui suona il violino. Suonavamo insieme spesso, poi iniziai con il conservatorio e qualche piccola orchestra. Amo il suono del violoncello, lo trovo decisamente melodico. E' molto simile alla voce umana, a quella di un tenore.

I-R: Spazi tra Neil Young, musica classica, Apparat e ciò si rispecchia molto nella tua musica. Quanto serve, secondo te, avere un'ampia cultura musicale?

M: Credo sia veramente veramente veramente importante. Bisogna sentire qualsiasi cosa. Puoi trarre idee dalle ritmiche della techno, melodie dalla pop music e dall'elettronica puoi trovare interessanti modi di lavorare il suono da poter poi utilizzare per la tua propria musica. L'opportunità di avere una mente aperta può portare a dare diversi sapori alla musica che fai.

I-R: Recensendo il tuo disco ("iii"), ho scelto, per definirlo, termini come 'Primo Amore', 'Intimità'. Tu che emozioni ci hai messo li dentro?

M: Ho messo ogni mia emozione in quel disco. Cerco sempre di scrivere canzoni che siano molto personali e intime. Tutti i miei brani parlano di esperienze che son accadute a me. Parlando di eventi ed emozioni condivisibili, la gente può, in un qualche modo, connettersi a ciò. Credo che questa sia la cosa più importante del fare musica.

I-R: Come sei cambiato e come è cambiata la tua musica dalle tue prime produzioni?

M: Personalmente, ho avuto due relazioni che son finite.

I-R: Oh...

M: ...capita. Comunque, ho registrato l'ultimo disco in Thailandia mentre il primo l'avevo registrato il Polonia. Ho viaggiato, e viaggio ancora, parecchio, scoprendo e conoscendo molte altre culture. Musicalmente son diventato un po' più pignolo riguardo alla scelta dei singoli suoni. Nel primo disco non riuscivo ad avere un controllo così preciso su ciò che volevo fare mentre, in quest'ultimo, avevo idee ben precise. Con l'introduzione della chitarra ho reso meno elettronica la mia musica. Questo è, probabilmente, il cambiamento più grande: è il percorso che in futuro voglio seguire. Credo sia una buona risposta, no?

(sorrisi vari)

I-R: Come ti trovi a viaggiare cosi spesso?

M: Viaggiare è difficile perché suonando è un continuo spostarsi: Londra-Milano-Berlino, aerei-treni-macchine. La parte più stressante è svegliarsi alle 4 del mattino per prendere l'aereo alle 6 per arrivare alle 10 ed essere in uno show radiofonico alle 11. è tutto un ta-ta-ta-ta, sai, senza sosta. E sei sempre stanco...

Paul Pfisterer (chitarrista che segue in tour Milosh): ...e con la barba incolta.

(risate)

I-R: In una tua intervista hai definito la tua musica come una fotografia della vita. Come descriveresti questa fotografia se dovessi solamente usare le parole e non la musica?

M: Uhm... Credo che la definerei: Abbastanza bella. Ci son cose positive, altre meno, ed altre totalmente negative. C'è dentro la gente che incontri. Direi che è come la mia vita: abbastanza buona [definita proprio "Pretty good", ndr]. So che la mia musica spesso suona molto triste, ma sai, la tristezza è così bella. Non credo che la tristezza sia una sensazione negativa, anzi, penso che sia veramente bellissima. Magnifica.

I-R: In una tua dichiarazione sostenevi che nella tua musica cerchi il giusto compromesso tra tecnologia ed anima. Credo che il punto di unione sia la tua voce, trasmette la tua anima anche attraverso le varie lavorazioni che compi su di essa. Pensi che quel legame sia mantenuto dalla voce?

M: Per me la voce è uno strumento, è importantissima, soprattutto in chiave live. Ciò che cerco, però, è il giusto bilanciamento tra i suoni. La chiave sta nel bilanciamento. Ogni suono deve perfettamente amalgamarsi con gli altri fino a creare una perfetta armonia.

I-R: Qual'è il processo di lavorazione delle tue canzoni?

M: Ah, quello è sempre diverso. Cerco di non limitarmi mai e di non incanalarmi in un'unica strada per sviluppare un brano. A volte parto da un beat che suona bene o suonando dalla tastiera. A volte parto da una linea melodica. Non ho una sola via di sviluppo. Voglio divertirmi a far musica.

I-R: Cosa provi prima-durante-dopo un concerto?

P & M: Questa è una buona domanda. Ah.

M: Come ti senti te Paul prima di un live?

P: Nervoso. Ma non è una sensazione negativa. E' quel nervosismo che fa si che l'emozione e la carica giusta rimangano in te per farti fare un buono show.

I-R: Quindi tendete ad essere nervosi?

M: Sì, decisamente. Ma è un buon nervosismo. Come quando devi baciare per la prima volta una ragazza. Il momento prima sei nervoso anche se sai che sarà stupendo ed emozionante. Ed è lo stesso quando suoni. In più, quando sali sul palco, non ci sei solo più te con i tuoi sentimenti, ma un reciproco scambio con il pubblico che ti sta ascoltando ed è come un continuo movimento di emozioni all'interno di uno stesso ambiente. E' importante creare un rapporto. Quando finisce il live, invece, siamo quasi sempre un po' dubbiosi sulla nostra performance e pensiamo cose tipo "potevamo far meglio", "abbiamo suonato di merda", ma invece, un paio d'ore dopo iniziamo ad apprezzare e a dire "ah, abbiamo suonato bene", "è stato un bel live, divertente".

P: Il live dipende sia dal pubblico che da chi suona. E' un rapporto inscindibile. Il pubblico diventa parte dello show. A volte suoni meglio, a volte peggio...

M: E' una questione di Esserci. Esserci in quel momento. Essere presenti. Ci sei te e c'è il pubblico: questo è il bello. Come diceva Paul, a volte canti meglio, a volte suoni peggio, non è ciò che importa. Tutto dipende da il rapporto che si è instaurato con l'audience.

I-R: Qual'è la tua opinione riguardo alla diffusione della musica in internet?

M: Ne sono affascinato. Personalmente, mi piace come la gente possa parteciparvi e, ad esempio, possa cercare la mia musica, vedere dove suono, contattarmi. Devo molto ad internet. Credo che 10-15 anni fa era tutta una questione di mainstream, di pop, di majors. Internet ha riportato la musica al suo stato di creatività. Negli anni '60 prima c'era la musica e l'arte e poi l'immagine. Ultimamente con tutte queste Britney Spears la situazione stava degenerando. Ora, invece, puoi decidere cosa ascoltare, chi ascoltare, trovare nuovi artisti. Acculturarti. Credo che internet abbia davvero un potere enorme.

I-R: Spostiamoci in una sfera più personale. 'Remember The Good Things' è il titolo di una tua canzone (dall'ultimo disco). Qual'è la prima bella cosa che ricordi della tua vita musicale e della tua vita in generale?

M: Uhm...

P: Un'intervista tosta, eh?

M: Si, decisamente dura. Partiamo con la musica. Il primo ricordo si rifà a quando avevo 16 anni e ho suonato la batteria davanti a 3000 persone. E' stato fantastico. Ed è ciò che poi, quando ho iniziato la mia carriera, mi è sempre piaciuto provare. Il sapore dei live show. Un altro ottimo ricordo è stato quando ho firmato per la Plug Research e ho potuto così pubblicare i miei dischi e farli sentire ad un maggior numero di persone. Son contento che mi abbiano dato questa possibilità.

I-R: E personalmente?

M: Ce ne sono parecchie. Il periodo scolastico è stato fantastico. Sono andato ad una scuola eccezionale, una scuola d'arte. Mi ha lasciato molto. Cos'altro... Il mio primo bacio con una ragazza è stato figo, la prima volta che l'ho fatto è stato figo...

I-R: Diciamo le prime volte in generale quindi?

M: Si si, giustissimo. Le prime volte ti lasciano qualcosa dentro, sempre.

I-R: Qual'è la cosa più importante nella tua vita?

M: Ah, un'intervista difficilissima.

P: Da psicologo...

M: Allora mi sa che scoppio a piangere

(risate)

M: La cosa più importante per me, credo sia essere una brava persona. Far sentire le persone meglio, anche solo in parte. C'è tanta musica arrabbiata o dance music/drug music, io, invece, voglio fare musica che lasci qualcosa di bellissimo. Poi credo che sia davvero importante l'ambiente. Impegnarsi a salvaguardare il mondo in cui siamo coinvolti con le scelte che si fanno: cosa mangi, come vivi, con che mezzi ti sposti. Ad esempio, noi andiamo in bicicletta il massimo che possiamo. Ci son tante piccole cose che ognuno di noi può fare per cercare di migliorare il nostro ambiente. Fare la scelta migliore ogni volta che c'è la possibilità: credo sia questo ciò che è davvero importante. Ora in tournée dobbiamo spostarci spesso in aereo e questo non è il massimo. Infatti per spostarci in Europa eviteremo gli aerei e ci sposteremo con mezzi decisamente meno inquinanti.

I-R: Per esempio, i Radiohead utilizzano navi per i loro spostamenti.

M: E' un piccolo, ma importante cambiamento: cercare di portare il minimo disagio al mondo. Ritengo altrettanto rilevante la questione Cibo. Meglio prediligere cibi organici rispetto agli Ogm, meglio comprare ciò che c'è nei mercati di Montreal rispetto a quello che arriva direttamente dalle industrie. Privilegiare ciò che è locale così da evitare l'inquinamento derivante dal trasporto di esso. E' davvero importante. E' stata una domanda davvero difficile, ma credo di aver dato una buona risposta, no?

I-R: Certo. Questo discorso mi ha fatto venire in mente i Sigur Ros, tornando anche a parlare di musica che cerca di portare buone sensazioni. Che ne pensi di loro?

M: Li ammiro molto. Li ho visti ad un festival in Irlanda e penso che facciano davvero della musica grandiosa. E' ciò che serve alle persone. Non quelle cazzate che passano in tv, tipo 50 Cent, donne, sesso, diventa ricco o muori provandoci. Quelle son stronzate. Penso ci siano davvero emozioni Stupide dentro. Non è il mondo che viviamo, non è ciò di cui ha bisogno il mondo.

I-R: La cosa più importante che hai imparato nella tua vita?

M: L'idea di essere presenti. Non nasconderti o progettare il tuo futuro. Essere presente. Quando fai musica, quando parli con la gente, quando fai l'amore. Esserci. La cosa migliore che tu possa fare è vivere il momento. Sto andando bene in queste domande difficile. (ride)

I-R: Hai parlato di essere presente, quale pensi sia il tuo ruolo nella musica, nell'arte?

M: Non penso sia importante pensare ad il proprio ruolo. Io cerco di essere onesto, onesto nella musica che faccio e nella vita. Provare a fare ciò che ritengo importante per me. Divertirmi a far musica e trovarmici a mio agio. Non cercare di fare qualcosa per qualcuno per forza. Essere una buona persona che crede in sé e che cerca di regalare emozioni. Potrei dire di sentirmi quasi come un cantautore, per quanto la mia musica sia abbastanza lontana da questi canoni.

I-R: Dato che abbiamo ancora un po' di tempo, torniamo a parlare della tua musica. Campioni molti? Ad esempio suoni dalla natura, effetti tratti dall'ambiente che ti circonda?

M: Nel primo disco ho campionato molte cose: io che suonavo il bongo della mia ragazza, io e lei che ci baciavamo, bottiglie, cose così. Mi piace registrare il pianoforte mentre lo suono in una stanza, così da salvare la sensazione che si viene a creare mentre suono quelle note. Rende tutto più intimo e personale. Amo anche i synth e i software; è fantastico poter far musica ovunque e sempre.

Finiamo l'intervista con un enorme sensazione di benessere, e Milosh e Paul ci invitano a cenare con loro. Dopo il live ci chiedono se possiamo portarli a far vedere un po' Milano e ce li portiamo dietro prima al Rocket a sentire i Sexual Earthquake Of Kobe (che apprezzano molto e per cui Paul spende tutti i suoi soldi in merchandising), poi ai Magazzini Generali e infine a mangiare brioches con nutella ad un forno. Dire di aver conosciuto due persone squisite, sarebbe riduttivo.

Recuperiamo solo in un dialogo di una notte divertente ed intensa.

M: io non credo in Dio.

I-R: volevo farti questa domanda all'intervista, ma mi sembrava troppo personale...

M: No no, dovevi farla. E' importante questo discorso. Io non condanno chi crede in Dio, assolutamente, ma condanno la Chiesa. Gli sprechi, i vantaggi tratti dall'ingenuità delle persone, i lussi per una religione che si fonda sull'umiltà.

I-R: Pensa che in Italia, con lo Stato Vaticano a due passi, siamo praticamente in balia del clero ancora adesso, nel 2008. Ciò che viene detto dalla Chiesa è ciò che dobbiamo fare, praticamente. Immagina solo questo.

M: Incredibile...


Mattia Barro con la collaborazione di Roberto Grosso Sategna

RECENSIONE - Sexual Earthquake In Kobe (29.10.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Sexual Earthquake In Kobe @ Rocket, Milano
Uscire dall'incredibile emotività di Milosh e infilarsi al Rocket, nella stessa sera, è impresa ardua. Di scena, al Rocket, i francesi Sexual Earthquake In Kobe, giovane band nu-rave.

Si passa dal blu e rosso diffuso della Casa, alle strobo epilettiche che accompagnano i ritmi scatenati dei cugini d'oltralpe. Giovani e veramente nerd, sul palco, si trasformano in Psycho Killers. Basso, voce e tastiere e con ingegnere del suono a seguito. Ritmi forsennati, tastiere fluo e riff di basso sporchi. Una perfetta combinazione di suoni homemade.

Si sente decisamente troppo spesso, però, quel suono tipico francese, in italiano traducibile con 'tamarro'. Spesso i loro fratelli grandi, i Justice, appaiono qua e la come spesso appaiono i cugini Crookers, con tutta la nuova scena da clubbin' al seguito, in particolare quando la band cerca un approccio più dance-club e meno rock.

In evidenza la sezione visual, grazie alla proiezione in contemporanea dello stesso live con effetti deformanti. Il pubblico, comunque un po' scettico sul livello di rumore prodotto, rimane molto ancorato al pavimento, senza lasciarsi andare.

La forza dei SEIK è, chiaramente, l'energia e la spigliatezza on stage e forse, con una risposta maggiore del pubblico, l'atmosfera sarebbe potuta esplodere o, quantomeno, generare un terremoto sessuale a Milano. Peccato.

A show concluso, il classico banchetto della band mostra una varietà incredibile di copertine con cui viene incartato il disco-ep dei SEIK (tutto fatto a mano con materiale di riviste, giornali, confezioni) che, oltretutto, è venduto ad offerta libera.

Un gruppo da tenere in considerazione e da riosservare e riascoltare tra un pizzico di maturità in più.

Mattia Barro

lunedì 24 novembre 2008

"Bisturi, tampone, divaricatore, bistruri, tampone, complicazioni, bisturi, tampone" - SDVQ-

E lei era sotto i ferri mentre io ero ai ferri corti con la vita.
Vorrei salvarti, ma non posso. Come la masturbazione ed il sesso. I miei rapporti asettici come la sala operatoria dove giaci e conti alla rovescia per dar tempo all'anestesia di portarti via.
10.
E non c'è rumore più raccapricciante dei guanti che vengono indossati.
9.
E puoi sentire solo il freddo. Delle emozioni, del dolore, del metallo.
8.
E della morte. Che canta la ninna nanna.
7.
Sentirsi vegetali con un tubo in gola. Un tubo in gola. Hai un tubo in gola.
6.
Sei un po' stanca vero?
Ti lascio dormire.


I rosari nelle mani dei parenti lasciano stigmati. Ma non è Dio, ma la forza di crederci sempre.
Dio sbadiglia della routine.
Ti nutriranno in flebo. Poi con pappette. Odierai lo spreco egoista dell'anoressia.
"Sei incinta?"
"Sei sicura di non essere incinta?"

Bisturi, tampone, divaricatore, bistruri, tampone, complicazioni, bisturi, tampone.


Mattia Barro

"Ora che inizi a lavorare a tempo pieno" -SDVQ-

E ora che inizi a lavorare a tempo pieno devo capire come occupare attimi, case, scuole, palazzine abusive. Calpesto i tuoi piedi di piombo senza che tu possa sentire me o i Tv On The Radio. Diminuiranno scopate e nottate a parlare come adolescenti: siamo già vecchi.
Muro contro muro è solo claustrofobia.
Milano contro Milano.
Son salito in macchina e son sceso al primo allarme perchè è tutto così scontato che sembra già periodi di saldi o periodi di Natale che gli abbondanti ipermercati già trasmettano Jingle Bells. Son sceso al primo verso. Ho imprecato verso te.
E ora che inizi a lavorare a tempo pieno devo capire come occupare attimi, case, scuole, penitenziari stracolmi. Sindaco di sto beneamato cazzo. Sindaco di sto beneamato cazzo.
Mi han chiamato e detto di ubriacarmi mi han chiamato e detto di ubriacarmi mi han chiamato e mi han chiesto da quanto è che non bevo e mi han detto di ubriacarmi. Il gomito si eleva. Il tasso alcolico si eleva. This wil be my next saturday baby. Sto morendo di riff anoressici e della tua voglia asettica di strapparmi il cuore. Te lo volevo dare senza tutte queste sale operatorie affittate o camici o guanti in lattice o latte in polvere. Ma preferisci prenderlo perchè non ti è dato, come il sesso a prostitute. Come il sesso.
C'è scritto di non spingere il tasto rosso e ti ci sei seduta sopra con tanta noia che ti ho detto "dato che ci sei sputaci anche sopra no?". Hai detto "Oggi voglio litigare", ti ho detto "non puntualizzare il momento". Avverbi di tempo con perturbazioni su tutta la penisola. I crolli a picco delle nostre azioni, delle nostre azioni e dei gradi centigradi. Gradi centigradi. - 2 gradi centigradi. Fa un freddo del cazzo e non ho una giacca pesante per coprire le ferite che mi hai aperto sulle braccia. Che ora sembro un tossicodipendente. Un eroinomane. E tu ti senti un'eroina. E non riesco a comprarti nemmeno con i soldi che mi son fatto dando via culo ed anima. Ed anima.
Mi hai detto che è normale essere freddi a questa temperatura. Io ho detto che è normale essere stronzi. Non ci troveremo mai d'accordo. Ci stan rubando tutto. Emozioni, sensazioni, opere d'arte. Anche la lettera M cazzo. Che il nostro a_ore sarà a_ore per se_pre. A_ore per se_pre.


Mattia Barro

martedì 11 novembre 2008

"Occupato. Spazio" - SDVQ

Ti respiro addosso. E non c'è contatto. Cazzo. Non c'è contatto.
Il contrasto delle nostre ombre sul muro perchè fuori, si, c'è luce, ma è nuvolo da far schifo. Le mie mani scorrono sul tuo freddo carbonio.
Muro contro muro.
Gelo contro gelo.
Me contro me.
Te contro me.
E ti respiro addosso, quasi. Il tuo corpo, per quanto sia sinuoso, è dannatamente rigido. Occupi spazio. Sai, occupi. Spazio. Occupi. Spazio.

OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO.


Il gelo canta brani commerciali. Fottute sigle pubblicitarie.


-Stralci di Vita Quotidina-
Mattia Barro

lunedì 10 novembre 2008

"E gli eventi" - SDVQ

E mi alzo con un mal di testa tremendo a causa del tuo zampettare tra i tasti che sei sveglia da un po' ed è tutto un tictactactictac che le mie tempie pompano benzina a 1,4 €/l, come le prostitute. Rumene e per lo più minorenni.
Tu dici "i miei capelli sono uno schifo" e io metto su il caffè che lasceremo raffreddare e che porteremo alle nostre bocche freddo ed amaro. E americano. USA. Mischialo alla mia personalità. Shakera.
Le tue gambe son così magre e le tue labbra così all'ingiù che mi ricordi la bambina con in mano il cartello "non o familia aiuta me" che ho superato ieri, sbadigliando e con l'ipod al massimo. Siamo anestetizzati dalla pietà, dalla violenza, dalla sofferenza, dalla sofferenza, dalla sofferenza e dalle operazioni a cuore aperto. Medici della mutua. Mute subacquee per uscire da sto mare di merda.
E sei pallida. Cazzo se lo sei. Da spaventarmi.
Ti faccio mangiare.
Ti faccio bere.
Ti faccio coraggio.
Tictictictictictictictactactactactactactictictactactictictactactictictactactactictictaccc.
Ti passo la mano tra i capelli come per dirti "stai tranquilla, ci sono io" e vorrei che dicessi "grazie", ma dici "ho dei capelli orrendi ora".
Ma non staresti bene con il segno della mia mano sul tuo viso pallido. Pallido da spaventarmi.
E gli eventi e gli eventi e gli eventi, dicono che mi salveranno. Come nei videogiochi ai save points. Ma la memory card è piena.
Cazzo.
Mi chiama e dice "Ne uscirai, ne uscirai, ne uscirai", chiedo come. "Ne uscirai", dice.

RECENSIONE - Milosh (29.10.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

29-10-2008
Milosh @ La Casa 139, Milano
Luci basse, prevalentemente un rosso diffuso, o un blu, sedie e tavolini sotto il palco. Qualche birra a metà. La Casa 139 si veste d'intimità per la messa in scena dell'unica data italiana del canadese Milosh.

Ad aprire, i Noise Under Dreaming. Suonano un rock strumentale senza la partecipazione del basso che, almeno secondo noi, sarebbe fondamentale, soprattutto in questo genere. Manca qualcosa nelle loro atmosfere e, forse, l'abbiamo già trovata.

Presentazione minimale, invece, per Milosh, che si circonda solo di tastiera, Macintosh e loop station per la voce, accompagnato sul palco dal chitarrista canadese Paul Pfisterer.

E' sarà proprio l'uso dei loop sulla voce a ricreare quelle oniriche rappresentazioni sonore che contraddistinguono le produzioni di Milosh e ad arricchire il minimale approccio strumentale. La componente elettronica lascia maggiore spazio alla componente acustica producendo un maggiore impatto emotivo e riservato. Il connubio voce-chitarra si fa padrone dell'intero live, mostrando le enormi capacità vocali di Mike Milosh, vero valore aggiunto.

E più che di canzoni suonate, bisognerebbe parlare di emozioni evocate, di colori tenui, di autunni e primavere. Perchè un concerto di Milosh è prevalentemente questo: cercare di migliorare l'umore delle persone, tinteggiarlo. Un'ora di benessere ed intense sensazioni.

Mattia Barro

domenica 2 novembre 2008

INTERVISTA - The Banshee

Pubblicata su
INDIE-ROCK.IT



Interview: Banshee
Raggiungiamo tramite MySpace i Banshee (in particolare Jago, voce chitarra, e Nico, chitarra) per una chiacchierata, dopo che la band ligure ha pubblicato l'album 'Your Nice Habits' e dopo le recenti tappe live a Londra e nel sud Italia.

Indie-Rock.it: Iniziamo con qualcosa di facile: una parola per definire i Banshee. :

Banshee: Estremi.

I-R: Il vostro nome riporta subito alla mente la scena new wave degli anni '80. Secondo voi, quanto è stato importante quel periodo storico nella storia della musica e quanto è stato influente per la vostra musica?

B: Mi diverte l'aspetto sperimentale ed eversivo della new wave. Non solo nella musica, ma anche nella letteratura e nel cinema. Ritengo che sia stato molto importante come periodo storico e sinceramente vorrei averlo vissuto!

I-R: Che musica ascoltate?

B: Death metal.

I-R: Segnalate gli artisti che, su di voi, hanno ed hanno avuto una forte influenza e un'artista/band emergente che vi ha interessato. Perché tale scelta?

B: Forse una delle band che da anni e tutt'ora ho come riferimento sono i Radiohead, penso che abbiano creato qualcosa di veramente nuovo e che molti dei loro dischi siano tra i migliori della mia 'collezione'. Un artista emergente che ci ha stuzzicato parecchio ultimamente è White Williams, giovane solista newyorkese che ha recentemente pubblicato il suo esordio, credo che abbia sonorità e idee geniali.

I-R: Quale è stato l'evento che vi ha portato ad iniziare a suonare, sia singolarmente che poi con il nome di Banshee?

B: Ne parlavo in questi giorni, è difficile identificare un momento, credo che per tutti noi i sabati pomeriggio da teenagers al Fitzcarraldo di Genova abbiano significato molto all'epoca, peccato che ora sia chiuso da anni.

I-R: Come i Port-Royal (altra band riconosciuta a livello internazionale), venite da Genova. Quanta importanza date alla vostra città? Com'è la scena?

B: La scena è scarsina anche se ci sono diverse band che fanno ottimi dischi, direi che, collegandomi al discorso di prima, il problema di Genova sta proprio nel fatto che adesso un 13enne non ha più un Fitzcarraldo dove andare. In realtà neanche io ho un posto dove andare e non ho più 13 anni, da noi si dice così: 'a letto senza scena'.

I-R: Vi ho visti la scorsa primavera al Gasoline e mi avevate colpito per il forte impatto dell'esibizione. Che valore ha per voi la dimensione live e quale sensazioni provate quando accende gli amplificatori di fronte al pubblico? Soprattutto considerando i vostri brani che sembrano dipendere molto dalla stretta relazione pubblico-palco-disco.

B: La dimensione live è tutto per noi, è l'inizio e la fine di tutto, la sensazione di suonare i propri pezzi davanti ad un pubblico e riuscire a coinvolgerlo nella nostra delirante messinscena é impagabile. Ti fa venire voglia di fare migliaia di chilometri in furgone alla settimana sulle autostrade italiane, mi spiego?

I-R: Che sensazioni avete provato nel vedervi nominare dall'NME, una delle testate più importanti del genere? A proposito, come siete stati accolti dal pubblico londinese nei vostri recenti live anglosassani?

B: Quando ho visto l'NME, la prima cosa che ho pensato è stata: "No, dai! E' chiaramente un fotomontaggio!" poi ho cominciato a barcollare e sono svenuto sul pavimento... I live in UK sono comunque sempre un gran divertimento, il pubblico là è fantastico e si conosce sempre gente interessante con cui confrontarsi, parlare... Molto stimolante.

I-R: Unendo l'Inghilterra e il vostro ultimo disco, come è nata la collaborazione Luke Smith? Come vi siete trovati ad affrontare un lavoro che già sulla carta sarebbe stato di respiro internazionale?

B: Abbiamo cercato noi Luke, era il primo della lista per i produttori di 'Your Nice Habits', l'unico che abbiamo contattato perché ha accettato subito. Lui è un grande, proprio simpatico, oltre che essere un produttore geniale e un'ottima persona con cui lavorare. Tutto è venuto da sé comunque, ci siamo trovati benissimo fin da subito, dalle prime telefonate alle giornate in sala prove per poi finire in studio a lavorare a ritmi serratissimi ma con grande tranquillità ed entusiasmo. Ora è New York, al lavoro per i Depeche Mode. Però se non avesse registrato un disco per noi, non so se Dave Gahan & Co. lo avrebbero preso, eh!?

I-R: Continuando a parlare del vostro ultimo lavoro, quali riscontri avete avuto tra pubblico e critica? Come pensate che si sia evoluto il vostro percorso sonoro?

B: Devo dire che i riscontri sono ottimi, meglio di quanto mi aspettassi, sia dalla critica che dal pubblico. Il discorso dell'evoluzione sonora è complicato e ovviamente in atto continuamente, ora stiamo sperimentando molto, abbiamo scritto pezzi con computer e campionatori, vedremo che ne verrà fuori, al momento so solo che c'è una grande spinta creativa, non so dove ci porterà di preciso ma va bene così!

I-R: Cosa vi ha lasciato 'Public Talks' a livello personale? :

B: Cosa ho lascio io a livello personale, vorrai dire?! Pensa che avevo una relazione con Heidi Klum, solo che suonavo moltissimo e non ci riuscivamo mai a vedere!

I-R: Italianità e musica. Come si rispecchia l'essere musicisti nel vostro quotidiano? C'è maggior interesse da parte della gente o siamo ancora in uno stato dove essere musicisti equivale ad essere "perditempo" e "bamboccioni" [citando chi può permettersi di perder tempo sul serio, ndr]?

B: Mia madre mi considera un perditempo e così molte altre persone, in realtà l'idea di poter fare solamente i musicisti è utopica almeno in Italia, è ovvio che se capiterà ne saremo ben contenti, per ora stiamo coi piedi per terra e ci teniamo aperte altre strade.

I-R: Facendovi un'intervista tramite e-mail e avendovi contattato tramite MySpace, quest'ultima domanda sorge spontanea. Quanto è importante la dimensione web nella vostra musica e nella vostra vita?

B: E' importante ma non totalizzante, ovviamente il web ci serve e ci aiuta moltissimo, ma non siamo tipi da passare le giornate su MySpace o Facebook, ci piace fare altre cose, inoltre con tutte le cose che abbiamo da fare, non abbiamo veramente tempo per abusarne.

I-R: Se volete concludere con una libera dichiarazione...

B: La libertà sta nel non dire nulla, a volte.

Mattia Barro

venerdì 24 ottobre 2008

STRALCI DI VITA QUOTIDIANA - "E io che avevo un full"

E i re.
E le donne della mia vita rappresentate su quelle quattro carte per cui ho perso la mano della vita al poker del lunedì sera.
E il Rocket il martedì.
La Champions il mercoledì.
Ti ho preparato la cena ma vedendo che son le 2 del mattino, deduco che ormai non arriverai più.
E non arriverai più con i mezzi in sciopero, con i rapporti in sciopero.
E io che avevo un full.
E io che avevo un full.
E io che avevo un full.
Cercare di scopare il cazzo il giovedì.
Intossicarsi il venerdì.
Avevo un piano per portarti via da qui, ma ora mancano i soldi. soldi. soldi. soldi.
Relazioni telefoniche a cui non rispondi, relazioni telefoniche ad insulti, relazioni telefoniche tim-3-vodafone-wind. Scopiamoci i call center che sono esperti. Cuffiette e microfono.
E io che avevo un cazzo di full.
E io che avevo un cazzo di full.
E io che avevo un cazzo di full.
Per il weekend preferisco l'inquietudine di 20 mila abitanti impagliati che sfrecciano su e giù nel centro, nel centro di chissàche chissàcosa chissàperchè.
Un tris e una coppia son esteticamente un piacere.
Quattro donne sono una convivenza difficile. Sono alleanze.
"Puoi capirmi e non insistere".
Non posso comprendere di perdere con un full in mano. Dico io, un full in mano.
Un full.
Un full.
Un full.
Mi puoi ridare quei soldi che ho la prima rata dello strozzino?
Il Messico è così lontano, lontano lontano lontano là dietro l'oceano? Acqua.


E' solo acqua, pensai mentre stavo affogando con il corpo immobilizzato.


Mattia Barro

lunedì 20 ottobre 2008

STRALCI DI VITA QUOTIDIANA - "The Devil, You+Me"

Prendi un brano dei Notwist, prendi i suicidi, prendi una dipendenza cronica a cui sai solo fingere di dire stop. E cerca di mandare giù tutto con un po' d'acqua. Superata l'iniziale pesantezza, il gusto acre, l'insensatezza del gesto, solo allora, le polaroide inizieranno ad avere senso. The Devil, You+Me.
Serra le persiane prima che diventi giorno. Perdi la cognizione del tempo alle 10 del mattino e alle 10 di sera, con gli occhiali grossi, giganteschi, grotteschi. Testa dentro.
I vicini che rientrano spingendosi sghignazzanti alle 4 del mattino, dormire soli come i cani nelle loro cucce, i carcerati in isolamento, tutti i nostri genitori e i matrimoni e le separazioni non per fare male, ma per peggiorare tutto.
E l'alcool non scende fluido e rapido se la corda della tua impiccagione ti blocca la gola come nel sesso estremo o negli attacchi di panico durante i "grazie di tutto", "grazie di essere qua", "grazie al cazzo". E continueremo ad avere attacchi mentre la fase difensiva risulterà essere raffazzonata e grossolana. Allenatori nel pallone con le palle girate. Perdiamo in casa. Perdiamo la casa.
The Devil.
Le chiavi non entrano nelle fessure e nel chiavare il cazzo non sfonda la figa e la foga di sfondare distruggerà l'ego dei nostri giubbotti di pelle. Toccherà rifarci capelli e guardaroba, modi di porsi e polsi, orologi, elogi, sfregi. Sfoghi.
You+Me.
E le sbornie si allungano e i post sbornia durano fino al tuo compleanno come le ultime foglie sugli alberi. Sui fogli scrivo i miei albori e i loro ori: olimpici e di bigotteria. Continuerò a fare colazione da Tiffany's finchè serviranno quelle brioches al cioccolato. O i muffin.
Hai dei soldi da prestarmi? Ho speso tutto facendomi un culo grosso COSI'.
Avremo ancora problemi a trovare posti in prima fila? Sedie libere? Free drinks?
"Mi dimetto".
Ci stringiamo la mano per salutarci dopo tanto tempo.
"Come stai? Io bene. Ci vediamo in giro".
"Come stai? Io bene. Ci vediamo in giro".
Conversazioni a gettoni perchè le cabine sono occupate da tutti i nostri supermen. E la Super Senza Piombo sale e poi scende, e l'euro sale poi scende. E i dollari li teniamo come ricordo se qualche parente ha avuto la fortuna di andare al di là. E nell'aldilà con pochi spicci trovi davvero delle ottime offerte. A tratti vintage. A tratti retrò.
Il Sogno americano nei cassetti dei mobili svedesi. Le figure di merda degli italiani all'estero. E sentirsi straniero nelle proprio quattro mura. Perdere in casa. Perdere la casa.
Se solo ti mettessi le giuste lenti a contatto mi riconosceresti mentre ti saluto.
Come i bambini fanno già dopo il primo incontro.
Come il piccolo Matteo che spalanca gli occhi e sorride: "Tia".
Torniamo ad essere ingenui e giovani con i cervelli che pesano. Come gli amori corrisposti e quelli no. Soprattutto quelli no.
Siamo occupati. Sembriamo cessi pubblici, mica relazioni d'amore. Non facciamo mai l'amore e le relazioni sembrano tutte negative quando finalmente le stampiamo e le sottoponiamo ad un'ulteriore analisi. Analisi. Ed analisi. Ed analisi. Nulla di preoccupante nei risultati finali che non sappiamo leggere.
Vorrei correre sotto la pioggia e schivarne ogni goccia per potermi fermare di colpo e annegare.
Ma non piove mai abbastanza.
Dio è tirchio, o debole. Od entrambi.
It's the Devil, You+Me.


Mattia Barro