domenica 18 gennaio 2009

INTERVISTA - Offlaga Disco Pax

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Interview: Offlaga Disco Pax

Incontriamo Max Collini degli Offlaga Disco Pax al Magnolia di Segrate (MI), prima della loro esibizione in programma di lì a poco. Max prepara il piccolo spazio a disposizione, cercando un adeguato posizionamento per noi ed il registratore. Sposta le sedie molto vicine in modo che la conversazione possa essere più intima, mettendoci a nostro agio. All'interno del piccolo luogo adibito a camerino, formaggi ed affettati inondando l'aria di un sapore quasi da sagra popolare.

Indie-Rock: Siete arrivati al fatidico secondo disco. Dopo 'Socialismo Tascabile', arriva 'Bachelite'. Come è stato il diverso approccio ai vostri due lavori?

Max Collini: certamente son due dischi che abbiamo lavorato in modo diverso. Diciamo che l'esperienza del primo è stata utilissima per poter pensare a questo secondo dal punto di vista sonoro in maniera più strutturata. Oltretutto avevamo maggiori risorse, dato che 'Socialismo Tascabile' era andato bene. Potevamo rimanere in studio con più tranquillità. La lavorazione dei brani è stata più lunga e ci siamo presi il tempo necessario per poter produrre al meglio delle nostre possibilità. Il primo era stato registrato in un paio di settimane, mentre questo in sei, e credo che si senta nell'impatto sonoro. Il suono del secondo disco è decisamente più lavorato. Abbiamo scelto di usare nastri analogici proprio per ritrovare una maggiore qualità.

Indie-Rock: Invece per quanto riguarda la scrittura, come l'hai vissuta? All'epoca del tuo primo disco avevi già i tuoi racconti ed avevi dovuto svolgere un lavoro prettamente di riadattamento, mentre in quest'ultimo sapevi già che, presumibilmente, i tuoi racconti sarebbero finiti direttamente nell'album. Come ha influenzato ciò la tua attitudine allo scrivere?

M.C.: Per me è stata una cosa un po' diversa, nel senso che nella scelta del materiale da inserire nel disco, la mia consapevolezza era maggiore. Comunque, la selezione del testi viene svolta insieme. Io propongo dei brani ed essi devono corrispondere al gusto di tutto il gruppo. In questo caso, c'era già l'idea che sarebbero potuti finire nell'album e, addirittura, tre testi del disco son stati scritti appositamente con quel fine. Mentre prima il mio approccio alla scrittura era "intanto scrivo, poi si vedrà in futuro" o addirittura "scrivo e basta" (quando il gruppo non c'era ancora), in 'Bachelite' alcuni testi, come 'Lungimiranza', 'Fermo!' e 'Onomastica', son scritti appositamente per un loro ipotizzabile uso. Poi chiaramente son piaciuti e son entrati a farne parte. Altre scelte, invece, come 'Venti Minuti' e 'Ventrale', son più intuizioni di Enrico e Daniele, poiché io non li avrei pensati adatti alla realtà degli Offlaga Disco Pax.

Indie-Rock: Quindi per i testi su cui lavorare, tu proponi un certo numero di brani dai quali vengono poi scelti, dal gruppo, quelli che verranno sviluppati...

M.C.: A volte io propongo, a volte son loro che leggono qualcosa di mio e mi chiedono di utilizzarlo. Non c'è un sistema predefinito. E' una decisione concorde, sia sulla musica che sui testi.

Indie-Rock: Chi consideri coloro da cui trai ispirazione nello scrivere?

M.C.: Ho iniziato a scrivere a 30 anni suonati, ora ne ho 41, e non avrei mai pensato che avrei scritto qualcosa. Devo ciò a due situazioni. La prima cosa è stata avere a disposizione un computer, che fino a trent'anni non ho posseduto. Di certo, se avessi dovuto scrivere a mano, mi sarei limitato a delle lettere. Il computer mi ha reso più spontanee le mie composizioni. Oltre a ciò, grazie alla lettura di alcuni testi, ho capito che avrei potuto farlo anche io. La prima cosa che ho scritto in età adulta è stato il testo di 'Superchiome'. Naturalmente non nasceva con l'idea di finire in un progetto musicale, ma era semplicemente il ritratto di una persona che stavo frequentando. Ho continuato a scrivere senza obiettivi, per me o per amici a cui mandavo i brani per email, senza ambizione. La seconda situazione è derivata dal fatto che un racconto che ho scritto è stato letto da Giuseppe Calicieti, un noto scrittore di Reggio Emilia di saggi e romanzi molto belli (come 'Fonderia Italghisa' che è uno dei miei romanzi preferiti), il quale l'ha pubblicato sulla gazzetta di Reggio, di cui cura una rubrica. Io non glielo avevo mandato a tale scopo, ma solo per farglielo leggere, poiché sono un suo ammiratore. Lui mi ha fatto i complimenti ed incoraggiato a continuare e, sentendomi gratificato, ho preso convinzione dei miei mezzi. L'altro personaggio fondamentale è stato Arturo Bertoldi, l'autore del testo di 'Cinnamon', con cui ho condiviso la mia militanza, negli anni '80, a Reggio Emilia. Aveva scritto questo brano ('Cinnamon', ndr) e mi era piaciuto enormemente. Queste due persone sono state le molle che mi han portato a scrivere con più convinzione.

Indie-Rock: Trovo geniale il modo in cui 'Cinnamon' e 'Ventrale' riescano a sviluppare una sorta di percorso politico mondiale attraverso percorsi (gomme da masticare e salto in alto) totalmente distaccati dalla politica...

M.C.: quando ho letto 'Cinnamon', per la prima volta, ne son rimasto sconvolto. Geniale. Per quanto riguarda ciò che produco io, in realtà, non ho tecnica; non mi sento un vero e proprio scrittore. Scrivo attraverso un flusso emotivo anche se, in ogni caso, ho un'idea approssimata della storia che voglio raccontare. Come poi viene fuori, a volte, è del tutto inaspettato. Un testo come 'Fermo' o 'Venti Minuti' non pensavo sarebbero diventati ciò che sono ora.

Indie-Rock: come racconteresti, a chi non li ha vissuti, gli anni '80 italiani?

M.C.: mi viene soltanto da dire che la politica ed il Partito Comunista di allora erano una cosa molto seria, non come adesso. E con questo non voglio fare il nostalgico che dice "si stava meglio quando si stava peggio" perché credo che si stava meglio quando si stava meglio. La politica fino agli anni '80 era trattata davvero con una grande serietà. Da qualunque schieramento e partito. Credo che avesse più nobiltà, o un qualche valore in più che ora è andato perso. Non voglio fare il qualunquista, dato che non rispecchia ciò che sono, però ricordando con quale ardore ed ingenuità mi affacciavo al mondo politico a vent'anni, vedendo ora, cosa ne è rimasto, si nota che è cambiato tutto, completamente. Forse non c'è più bisogno di una politica così importante ora che la società è cambiata. In Europa troviamo ancora tali valori che qua sono andati persi. La politica italiana non è seria.

Indie-Rock: A mio parere, la maggior parte dei giovani d'oggi è apolitica. Tu sei di Reggio Emilia dove, riprendendo una tua dichiarazione, l'ideologia viene prima di tutto. Cosa credi sia successo?

M.C.: Non credo che le nuove generazioni siano apolitiche, ma apartitiche o a-ideologiche. E' tutto politica, ancora adesso. Qualunque scelta tu faccia. Ora dirò una frase che di certo non invento io: io posso disinteressarmi della politica, ma la politica, di me, si interessa tutti i giorni. Quindi avere un occhio su ciò che succede può aiutare tutti quanti.

Indie-Rock: Credo che alla domanda "Cosa ne pensi della politica italiana", tu abbia già risposto...

M.C.: Non voglio generalizzare, ma credo sia lo specchio della nostra società. Certo, è rimasto ancora qualcuno spinto da uno spirito nobile. Venti o trenta anni fa, la politica era, almeno in parte, guidata da un'elite sull'idea che gli elettori volessero esprimere con il loro voto qualcosa di più alto di un semplice sentimento popolare, c'era l'idea che la classe dirigente che ci rappresentava fosse la parte migliore del paese. Chi ci rappresenta ora è, indubbiamente, lo specchio del nostro paese e, sinceramente, non credo sia un bello specchio.

Indie-Rock: E, in base a ciò, cosa pensi di quest'Italia praticamente bipartitica?

M.C.: in un paese di profonde tradizioni, questo svuota la nostra identità culturale. Probabilmente questo è un Paese più complesso di Pdl-Pd. Anzi, sicuramente. Non riuscirlo a rappresentare in alcun modo nelle nostre istituzioni è controproducente. E non è neanche giusto.

Indie-Rock: tornando alla musica, tu hai iniziato tardi rispetto ai più...

M.C: Si, son entrato in una band all'età in cui, normalmente, si smette. Il mio primo concerto l'ho fatto a 36 anni con Enrico e Daniele che hanno dieci anni in meno. Loro suonavano da quando erano adolescenti, io mi son limitato a scrivere qualche racconto che a loro è piaciuto e mi son trovato catapultato sul palco. Ora sto recuperando il tempo perduto.

Indie-Rock: Infatti vantate un numero di concerti elevatissimo...

M.C.: Circa 250...

Indie-Rock: Tantissimi per una band con due soli dischi all'attivo. Come riuscite a mantenere la tensione, o meglio, l'attenzione del pubblico? Il vostro non è propriamente un genere facilmente orecchiabile.

M.C: Noi non ci proponiamo come un gruppo che vuole attirare l'attenzione. Non obblighiamo nessuno a stare attento. Basta che non ci tirino oggetti sul palco, la gente può fare ciò che meglio crede. [Risate] Ho notato come, grazie ai nostri duecento e passa concerti, si sia creato un Nostro pubblico. Un pubblico che non è qui a caso, ma è qui per vedere un tuo concerto. Certo, verrà anche gente per curiosità o casualità, ma, oramai, un concerto degli Offlaga è una scelta, non un caso. In generale, mi accorgo che raramente c'è disinteresse, ma, anzi, molto spesso, ci troviamo immersi tra un silenzio e un'attenzione quasi commovente. Credo che ciò dipenda dal fatto che ti dicevo prima: la gente ha fatto una scelta nel venirci a vedere.

Indie-Rock: Come mai la scelta di aggiungere un trio d'archi al vostro live?

M.C.: Noi abbiamo già collaborato in alcuni live e in 'Bachelite' con Deborah Walker, la violoncellista. Poi Enrico ha proposto di orchestrare di più i brani di 'Bachelite' e, infatti, ieri abbiamo lavorato in studio proprio a questo, con delle sovraincisioni in alcune tracce. Era un'esperienza che avevamo già avuto e, quindi, l'abbiamo perfezionata e strutturata dando ancora più spazio a queste sonorità, sfruttando un trio d'archi. Deborah e Silvia sono italiane, Franz è parigino. Vivono tutti e tre a Parigi e, anche se loro sono di stampo classico, son molto portati alla sperimentazione e il risultato che ne esce, dalla nostra collaborazione, è spiazzante, ma molto bello. Porta un valore emotivo, ed emozionale, a qualcosa che è già impregnato di emotività.

Indie-Rock: gli Offlaga devono molto a quella scena italiana (principalmente degli anni '80) di cui CCCP, Diaframma sono i massimi esponenti. Come hai vissuto quel periodo musicale italiano, in cui tu eri adolescente?

M.C: l'ho vissuto completamente. In quegli anni, la musica che ascoltavo era questa e gruppi come CCCP, Litfiba, Diaframma han segnato gli anni dalla mia quarta superiore ai miei primi anni d'università, che non ho mai finito. Probabilmente, queste influenze han modellato in parte il mio modo di scrivere. Questo gusto musicale mi ha portato poi a conoscere Enrico e Daniele. Loro venivano da gruppi di stampo new wave (Enrico) e shogaze (Daniele) che ho sempre apprezzato ed amato molto. Comunque, sull'aspetto musicale degli Offlaga, incido pochissimo. Mi fido totalmente della capacità e dell'inventiva di loro due. Han più importanza quelle di Enrico e Daniele, le quali sono molto più anglosassoni ed americane.

Indie-Rock: Com'è il lavoro in studio per voi? Com'è la sala prove degli Offlaga Disco Pax?

M.C: Noi ci troviamo in studio con un'idea già abbastanza chiara di ciò che vogliamo fare. Gli Offlaga non sono un gruppo da sala prove, proviamo pochissimo. Quando lo facciamo, c'è una grande attenzione e comunicazione e vediamo di completare, migliorare, ampliare le idee che abbiamo, che siano basi o testi. Dipende dalle situazioni, a volte qualcosa si crea direttamente in sala prove.

Indie-Rock: Come descriveresti la tua Emilia?

M.C: Non troppo diversamente da come ne scrivo. Il mito dell'Emilia rossa è un mito più diffuso all'esterno che tra chi ci vive quotidianamente. Un certo vento occidentale ha fatto il suo bel percorso anche in Val Padana. Credo che rimanga una forte tensione verso la cooperazione, la socialità, la musica, la cultura. Questo è un impeto molto forte a prescindere dai venti ostili di direzione diversa. E' proprio una terra così di sua tradizione. Le opportunità sono molte e la capacità di mantenere un livello di stato sociale alto c'è ancora. Chi sogna l'Emilia rossa di quarant'anni fa, farà fatica a ritrovarla, anche perché si è creato abbastanza benessere da egoismi diffusi. Ma alcuni valori di fondo saranno difficili da sradicare. Credo che il vento dovrà soffiare ancora molto prima di spazzarli via. E speriamo che qualche volta (Max cambia voce) Il vento cambi!

Continuiamo, a registratore spento, a chiacchierare con Max. Una persona squisita. Una di quelle che, finito l'intervista, ti lasciano qualcosa. Una di quelle che, finito il concerto, ti chiedono come l'hai vissuto. Decisamente un live coinvolgente e toccante, Max.

Mattia Barro

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