sabato 26 giugno 2010

"Palloncini nel cuore"

Poi tutti piangiamo e lui ha un palloncino del cuore che pare una cosa dolce da dire ai bambini.
Guarda sullo schermo gente che gli perfora il corpo e lui non sente niente come quando ti ho detto che forse era ora di smetterla di giocare all'impiccato e tu hai dato un calcio alla sedia ma sei caduta giù poco dopo.
Quando lui ha preso a calci tutta la merda che aveva dentro tu ancora ti lamentavi del rossetto, o dei capelli, o dello smalto e forse sarebbe finita in ogni modo, che il nostro era cancro.
Le porte si chiudono come le cerniere dei dottori d'ufficio e si riaprono subito dopo con getti di sangue che siamo un film splatter quando ci amiamo. poi io dubito. diobò.
Ha un cuore così grande che gli hanno costruito dentro palazzine con contratti a tempo indeterminato e un grande campanile a tenere il tempo della bigband. Ho sentito dei ritmi che non riuscirò mai a ripetere mentre tu ripeti che è un altro venerdì sera speso a parlarci.
Tu ci hai infilato dentro il veleno e hai spinto forte.
con tutte le forze.

giovedì 17 giugno 2010

"Non è ancora uno status quo"

E poi ho smesso di scrivere altro e mi sono dedicato a canzoni con zone d'ombra.
Hai presente il presente?
L'ho perso e tu l'hai preso e la giostra girava ancora come la testa negli open bar con le serrande abbassate e la scritta 'chiuso'.
Mi hai detto che non sono una zanzara ma il risultato non è cambiato.
Hai cablato l'anima e mi hai chiesto del tempo. Va in click? Si sente in spia?
Tu, e io, che siamo una spy story con il protagonista coi baffi e la pistola nella cavigliera chenonsisamai. Hai cambiato status e non so se scriverti qua è ancora uno status quo.
Dici di no.
Sui taxi prendi malattie sessualmente trasmissibili come la lucidità di pensiero e la notte non è più notte e le note non son più sole e non noti nemmeno le occhiaie che hai. che ho. che hai? mi hai chiesto. Occhiaie.
Abbiamo svuotato le stanze con traslochi da atrio ad atrio da ventricolo a ventricolo. Non ci sono più i trilocali di una volta, con le finestre ad oblò.
Ohibò.
Giusto per.


Mattia Barro