mercoledì 1 dicembre 2010

"finisce come nei film inglesi"

Poi definiamo la parola amore che se no finisci a pensare che ti sto parlando di musica indipendente. Le chiavi nere del tuo cuore che non trovo più. E su Ebay vendono tutto tranne te, tutto tranne .
Hai poi mai ascoltato i ritornelli che ti ho mandato? Che ti ho mandato su tutte le furie quando ho riso alla frase "non ho più nulla" e non ho sentito il finale che, così, su due piedi, alla mattina, per me non significava nulla. Ma la mattina non la conosco, e non è mia amica di Facebook, e il caffè non era poi uscito benissimo, e il vento del mattino era in casa con me.
Devi ancora spiegarmi come ho fatto ad essere l'utilizzatore finale quando ti ho detto abbracciami e tu mi hai indicato i laser dell'ora solare.
Dopo che mi hai abbandonato son successe un po' di cose, tipo che ho una laurea e una barba, ma entrambe mi paiono inutili. Applicate ad ogni fine, alla fine. Mia madre ha rifatto il dehor e quelle erbacce non crescono più mentre tu lo stai facendo lontano dai miei cieli sporchi.
In verità poi non è che son ste grandi novità. Che non son nemmeno più uscito di casa e faccio ancora fatica ad articolare le parole e metto gli articoli prima dei nomi di persona, ma tu non ridi di ciò.
Quando ora ci sentiamo parliamo di cose diverse che ti ho già raccontato delle linee rette ma tu eri distratta e non mi davi retta e per farla breve, e a grandi linee, finisce come nei film inglesi.
Le istruzione per il disuso che ti comunico a targhe alterne, di certo non ti aiutano. Qualcuno poi impegnerà il cuore nelle serie televisive e ti dico volesse il cielo mentre tu guardi Sky e mi sento ateo d'amore che neanche dandoti tutto il diabete che avrò, capirai quanto tengo a te mentre cado in un buco nero.
Che poi sei tu,
eroica e onirica e anarchica
ed eretica.

mercoledì 24 novembre 2010

"Tu con la u che suona così"

Che le parole sono importanti e sono il tuo Moretti con il fegato spiaccicato sul marciapiede. E giuro che questo è amore vero come nelle canzoni pop da hit parade, che fa molto fine anni ottanta e tu sei così bella anche quando mi deridi.
Ho perso la macchina ma poi l'ho ritrovata e ho perso te ma non ti ho mai più rivisto ed in entrambi i casi ero ubriaco marcio che sto dando tempo al tempo e lui mi ripaga sbiadendo i contorni dei ricordi che non ne uscirò.
Poi mi trovo a far serata con Brondi e parliamo della parola acne che ci è tanto cara che è un perfetto sinonimo della tua adolescenza che acne non ne ha che tu hai la pelle bianca ma bianca come me e non smetterò mai di cantartela per casa. Ti dedico anche i concerti ai quali non partecipi e nei quali non mi tremano nemmeno le ginocchia che mi succede soltanto di fronte a certi dischi di certi jukebox oramai. Gioia.
Quando tornerai dall'estero è la più bella canzone che hai scritto e mi ricorda lei che è il mio tu quando scrivo.
Tu - con la u che suona così – mi ha riempito le dita d'inchiostro.
(dis)grazie.


negli hangover dove hai perso un orecchino e io ho portato a casa tutti i miei miti,
Mattia Barro

giovedì 18 novembre 2010

"Tu che poi giochi a shangai con le mie ossa"

A volte poi ti ricordi come si sorride e lo fai quasi nascondendoti da me, che è passato tanto, troppo tempo oramai, da quando ti ho vista ridere. e deridermi.
I giorni passano come i treni sopra i miei piedi che non ho nemmeno più le forze per bestemmiare e basterebbe iniziare a rassegnare le dimissioni di missione in missione. Missionaria di popoli sottosviluppati come il mio senso del pudore che quanto ti dico t'amo tu mi dici sono le otto e mi ostino a prenderla con ironia anche quando il destino è di prenderla in un'altra via in un'altra vita.
Quando poi sono diventato dottore ti ho prescritto una trasfusione del mio sangue per farti essere immune ma lo eri di già, e si son spiegate tante cose che ho preso appunti e ho preso a pugni il muro e in ospedale i punti che posso dire in giro di essere un duro mentre mi prendono in giro di sicuro.
Tu che poi giochi a shangai con le mie ossa e chiunque possa uscirne vivo dovrebbe insegnarmi come si fa.
Non c'è né la matitina, né le notifiche che spuntano come brufoli. Persa nell'etere e nell'entroterra italico che ci schiaccia le dita come le portiere delle auto in doppia fila sotto casa, che quando ti aspettavano davanti, siamo entrati da dietro. Comunque non ti trovo, e non sono un pugile io.
Sul calendario segno con delle x i giorni in cui non ci vediamo e novembre è un campo minato e son troppo goffo per uscirne vivo. Che non sono come te, ahimé.
E' che poi nel 2010 non sentirsi mai, con le grandi novità tecnologie di fine secolo, è una dichiarazione di intenti e il notaio firma per i miei tentativi a vuoto di farti capire che non era un calesse.
Quando poi la poesia è diventata sempre meno e non ce la facevo più a competere con i volti. Cari a te, cari a me ma con un diverso significato linguistico.
Che dall'ultima volta che ti ho visto, sogni ubriachi a parte, avevi le labbra secche,gli occhi assonnati e le ossa in vista. Ma sta svanendo tutto e non ho una Delorean e sei irraggiungibile come il mio telefono se sto in cucina in provincia. E non ho nemmeno una bicicletta per farmi tagliare il volto dal vento e vantarmi delle lacrime. Che avevo bucato i sentimenti.
E ora perdo solo.


Mattia Barro

lunedì 15 novembre 2010

"ti porterò nei paesi scandinavi a riderci un po' su"

le istruzioni per il disuso e per il disarmo che mi sono armato di buona volontà per superare il tuo campo minato sentimentale e farti firmare l'armistizio. tu che cercavi spazio e io che ti citavo in giudizio. 
quando poi parlare di nuovo con te e' stato come la prima volta di due teenagers. 
un giorno ti suonerò quel ritornello a casa tua, seduto con le gambe incrociate e le dita incrociate da sbagliare tutti gli accordi ed essere d'accordo con te. ho dato fuoco a tutti i capelli rossi in questa caccia alle streghe e c'è ancora chi crede che io scherzi, tipo te. 
ti porterò nei paesi scandinavi a riderci un po' su per scaldarci a vicende, vincendo ogni tua giovane resistenza. dimmi solo che è ora di prenotare che per Ryanair io e te abbiamo in comune il bracciolo dei sedili, ma da eroe dei due sedili lo lascio a te che probabilmente lascerai poi me solo a vagare nel freddo polare, e orso. che grazieaio mi hai ridato sociopatia e inchiostri.
con tutte le foto che mi hai inviato ho tappezzato la mia camera dei ricordi e dei sogni, ma comunque son sempre di più le birre vuote. 
Quando poi ci rivedremo nel 2012.
la sottile linea tra amore e bile. ma un giorno capirai la prima e dai tempo al tempo anche se oramai ne è pieno e non sa che farsene. o far da sè.
ricordi postatomici dei kleenex passati che a star così a cuore aperto era normale prendessi freddo. e i lividi su me e il mal di gola a te, chiamala separazione dei beni. 
abbiam rotto cornici e arti e parti di cuore sparsi che era una sparatoria con gli indici, che so che mi amerai, dato che mi indicavi sempre.
ma forse non funzionava così.

da un iphone,
mattia barro

sabato 6 novembre 2010

"appunti da un parcheggio torinese" - censurati.

Quando pensavo fosse a-ore ed invece era pura odontoiatria.
Mi sveglio in una macchina parcheggiata in una domenica mattina vuota e mi fermo a vomitare all'angolo che ti ho chiesto di far finta di a-armi mentre mi soffiavo il naso.
I nostri hangover hanno i brufoli.
Ci ha --------- la ----- e quella li è la ----- mi hai detto e sono finito a fare colazione --- --- nella sacralità della pioggia torinese che è come acido per i miei risvegli.
Canto in soggiorno brani che non sentirai e mi dirai che tutto ciò di cui ho bisogno è in frigo, che tu non hai null'altro da offrirmi. Ti soffermi su questo con una lucidità biblica mentre ti sbiascico addosso tutto l'a-ore che ho, tutto il --ore che non ho.
Più.

---.

Avrei voluto dirti ti a-o ma non avevo i sottotitoli con me.
I bugiardini che mi sbugiardano e tossisco che pare vomito ed in un'autostrada ci fermiamo di continuo. In questa vodka rivedo i tuoi pugni e i miei lividi.
Gli hi-five per la sociopatia lo-fi.
Quando poi per tutto un weekend ho aspettato un tuo messaggio manco fossi all'estero, manco fossimo estranei. All'esterno il grigio dell'ora solare e tu hai la pelle bianca come la mi- e mi sciolgo. Null'altro in comune.
Sindacalizzami anche questo m-n a-our.


Quando poi -- -- ----- e ti ho perso nello stesso istante.
Distante come se -- ----- -- fosse rotto a metà, come me. Come mai.
La post-apocalisse del giorno dopo e delle ore che cambiano nella notte - -- ----- che nemmeno c'è l'alba e sto abbastanza di merda tra la ------ tosse torrenziale che fuori piove e dentro grandina e -- che -- spingi --- --- -----.
Da quando poi ho imparato a bestemmiare.
Ho solo più scarpe sinistre e mi alzo con il piede sbagliato ecicredo.
Pensando che sulle scale in cui -- ho portat- -- ------ ora cado giù fratturandomi arti e le parti di noialtri che non si incastrano più come le mie dita tra le t-e costole; che io l'avrei chiamato sen---ento. Forgive me.
Che poi io dico a-ore e tu stalker è forse solo palindromia. O un reato federale di cui mi denunci mentre mi annunci gli orari per il cambio palco.

domenica 31 ottobre 2010

"Qualsiasi cosa voglia dire casa. Qualsiasi casa voglia dire casa."

Nei discount le casse chiuse con file chilometriche di gente che aveva qualcosa da dire fuori di casa e che ora è fuori di testa e canta fuori sincro. Fuori le nuvole d'ottobre e le otto di sera e cosa saran mai tutti i miei messaggi a cui non dai risposte. Rispolvero canzoni nascoste nei deserti dell'ipod e l'alcool costa troppo che coi soldi che ho spero di cenarci-pranzarci-dormirci.
Tu non sei a casa. Mia.
Qualsiasi cosa voglia dire casa.
Qualsiasi casa voglia dire casa.
Mia.
Non ho l'età per correre e non sfondarmi i polmoni con respiri spaziosi e finisce che sullo sterno mi ci ritrovo casa tua ma arredata male e naturalmente hai invitato tutti a ballarci dentro, tranne me tranne me tranne mentre ti chiamo e non rispondi. Quando fuori piove e mi sfondi i timpani sfoderando il consueto charme e lo scialle.
Che farsene poi dei sentimenti anafilattici che mi schockano?
Laurearsi poi, in cosa.
Al cinema proiettano Ritorno al Futuro e se solo fosse il 27 ottobre 1985 non saremo nemmeno idea di guarnizione che qua perdiamo ovunque. Plurale maiestatis e non siamo mai stati così male.
E trovi il fegato per dirmi che con tutte le mie scontrose paranoie mi si sfonderà il fegato. Io tu e io e i plurali a cazzo, ma giusto per grammaticare frasi errate.
Quando abbiamo preso quell'aereo che poi è esploso l'applauso degli italiani e noi abbiamo pianto ma perchè era finita la scorta di vino mignon che avevo comprato in doppia cifra. Messaggi cifrati di cui nemmeno chiedi spiegazioni.
E' stata una carneficina e ti ricorderò per sempre anche così.
Quando parlo di te parlo di me che d'altro non so scrivere, analfabeta come sono. I giorni che hai segnato sul calendario per il tuo mestuo sono i giorni in cui esco.
No Age.
No way.
Norway.



mattia barro

venerdì 8 ottobre 2010

"The Hard Times of Mattia Barro"

Ottobre è ancora settembre e non ne usciamo più dalle porte di casa chiuse a chiave con te che mi chiedi indicazioni per uscirtene di corsa dal palazzo in fiamme senza passare dal via, ma con la pancia piena.
I servizi igienici in sciopero mentre mi opero al cuore che a ore il rocket riapre e possiamo passare la serata seduti fuori, standoci dentro.
Le foglie non cadono nemmeno se le stacco e mi lascia di smacco vederti entrare di soppiatto dal soffitto. Ti ho affittato un rene: e ora di rimandarmelo indietro nel tempo.
The Hard Times of Mattia Barro.
Parliamo per ore di cose che non ho mai visto e visto che ci siamo parliamo anche di tutti gli amori che hai avuto. E voluto. Ma non valutato.
I marciapiedi di un settembre che si è trascinato come un cancro in bilancia. E di un ottobre che non sembra in grado di mantenere minimamente le promesse promesse maniacalmente. I resoconti di stagioni che non ci hanno lasciato a nostro agio, agitati come siamo rimasti a masticarci su gli eventi violenti che ci hanno spinto in guerra.
C'è astio ovunque.
Quando son cadute lacrime di cartone, mi son preparato latte e tea mentre tu dormivi si, ma dall'altra parte della città, se Milano vuoi e puoi ancora chiamarla così. A casa non hai lasciato nulla e non ho nessuna scusa nessun pretesto nessun bagarino per cercare di contattarti e dirti "non è poi la fine del mondo". Sai.
Che poi per me lo è.
Ad una certa ora rimaniamo solo io e la lampada Ikea e le intrusioni notturne che le mie tempie non amano e i tempi bui nei templi blu. Nè tu. Non rimane nulla da mangiare se non i chili d'ansia sullo sterno che mi fan passare la fame.
E' arrivata l'alba,
torniamo tutti in Piemonte.


Mattia Barro

venerdì 24 settembre 2010

"a piccoli passi capiremo dove l'alcool costa meno."

Scriviamoci da farci sgretolare i polpastrelli. Ci.
E' colpa mia,
se siamo diventati ritornelli di canzoni scritte coi pennarelli sugli A4.
Non sai quante volte percorrendo l'A4 ho sperato mi tamponassi tutto il sangue che fuoriesce che fuori stiamo irrigando le risaie circostanti con le nostre risa. Alla prossima rissa fermami prima.
Distruggi tutto.
Ti chiedo il numero di un buon terapista ma non sei convinta di darmelo e di darmela vinta. Vinto dagli sforzi di un altro giovedì sera ti chiedo se hai ancora voglia di bere. Se hai ancora voglia.
Firmato il contratto, hai firmato il tuo impegno. Come pegno del mio impeto mi hai dato un disegno di una casetta di legno costruita in cima ad un albero di plastica riciclata. Vienimi a trovare se vuoi. Che resto a casa anche oggi.
Il nero si è fatto più piccolo, ma intenso e teso come sono sento che non va poi tanto meglio quando mi paragoni a questo settembre insorto. Sorso dopo sorso un tea ha fatto già il suo corso e non ti obbligo a firmare la petizione per lo sgombero che intanto lo si fa in piena tranquillità e volontà.
I mercoledì passati sui tavolini a far strategie per rispondere a comportamenti corpo a corpo che facebook non ci regalerà. Anche con la realtà aumentata è aumentata la realtà palese del freddo polare che tu hai le maniche corte, le braccia corte sul tempo e una corte dove perdere e prendere tempo.
Chiamami se finisci prima che finisca di aspettare. Tu sai l'aspetto che ho, annaspi però.
Non è il caso di inzupparci che in questo secolo la paura di prendere un raffreddore è la stessa che combattere in una trincea di discussioni epiche.
E a piccoli passi capiremo dove l'alcool costa meno.
Meno di zero.
Gradi centigradi.

Mattia Barro - My Bear, My Beers and Me with my Beard.

sabato 18 settembre 2010

"Come quando piove in trincea, ad Ivrea"

Come quando piove in trincea, ad Ivrea.
La mia Africa europea e il deserto a Milano alle cinque del mattino.
I tram si sono scontrati come quando ti ho detto che saremo stati omogenei e omofobici. Aborigeni con le Converse slacciate.
In città tutti fotografi e per piacere post-producetemi un sorriso d'intesa che prelevo prima che la banca s'intasi. In sintesi, sintassi scorretta.
Sarà che poi il destino arriva, mi hai detto, ma poi si è chiusa la chat e il server è risultato temporaneamente assente; proprio ora che serve.
La musica anni '50 nei dj set trasforma il pubblico in dementi ondeggianti dico, e indico. I tuoi occhi indaco.
Indaga su quale faida sto partecipando e fai da testimone oculare. Occultati i sentimenti ho il culo di sentire ancora i tuoi tramite i messaggi di posta che non arrivano più.
Faccio la cazzata più grande che ci sia e ti scrivo di nuovo. Ti scrivo di nuovo.
Non citarmi in giudizio, anche se il tuo giudizio su di me si sta decomponendo. Le guerre infinite ci lasciano in fin di vita fino a che qualcuno non ci porti via.
Scrivimi un messaggio se c'è un posto in più in macchina che ho perso ogni altro passaggio e il Magnolia sta chiudendo.
grazie.


Mattia Barro

mercoledì 15 settembre 2010

"Nei cinema all'aperto c'è odore di chiuso"

Nei cinema all'aperto c'è odore di chiuso.
Sprofondiamo in silenzi infiniti con le risate attorno che sembrano registrate e non siamo altro che uno zoom out chilometrico. Parlo per ore con il tuo corpo scheletrico e qualcuno mi zittisce da fondo sala, ma infondo sei tu. A fondo son io. L'uomo del riso dorme ancora.
Se solo avessi una tenda potremo tentare di riavvicinarci alla terra e ravvivarci a vicenda. Radicati e radicali nelle nostre scelte alcoliche non ci siamo più parlati o paragonati ai film. La tua tivù non è la mia tivù: abitiamo così lontano dal telecomando.
Ti addormenti ancor prima che possa dirti addio e la casa rimane al buio come se il domani fosse ancora tutto da disegnare con le matite Ikea sparse per la stanza.
Puoi firmarmi la giustificazione per poter saltare la nostra prossima discussione?
Le disinfestazioni e i visi in festa nelle peggio locazioni che no, quindici euro per entrare in questo posto di merda non li metto.
Mi dici che dovremo uscire insieme per non pensare all'astio che c'è ma pare tu abbia invitato tutta Milano e gli open bar gratuiti costano comunque troppo e no, non me li posso proprio permettere e mettere su la camicia buona di h&m.
Rimango in città solo per non star solo e per noi ma, ah scusa, non c'è nessun noi. Ridammi indietro le parentesi e le paresi degli ultimi sorrisi.
Cosa mai ci sarà da fare in centro adesso.

martedì 7 settembre 2010

"Parlami di cosa non sei più"

mi son scontrato contro le tue ossa e ora si sono incastrate con le mie. Che pareva mangiassimo alcool e altro no. La tua maglietta invisibile con le maniche su.
Credevo avessi smesso di scrivere, non mi hai detto. Che detto così sembra ammirevole.
Ho cancellato ogni nastro inciso e deciso di mettere nastro adesivo attorno ai ricordi a buttarli giù nel fiume. per inciso, giù dal dirupo. Etichette senza nome e ticket scaduti.
Oggi sei così triste che ti si sta sciogliendo la faccia ma comunque ancora non rispondi. Quando ti chiedo.
Non andiamo più a comprare birre dai pakistani?
non andiamo più a comprare birre dai pakistani?
Parlami di cosa non sei più. Parlami di cosa non vuoi più per cena che ho fatto cinquanta euro di spesa. Parlami di come non sei più.
Costruiti bellissimi edifici mi passi l'accendino per la dinamite e le dita che mi stringono l'avambraccio sono acciaio nella mia carne e tu dici che mi senti vicino. Carino.
Il talento che avevo te l'ho regalato senza ritegno e assegno.
Così nel giorno in cui non andammo a segno.


Mattia Barro

sabato 31 luglio 2010

"le molle incastrate tra le scapole"

la rete del letto ha le molle che mi si incastrano tra le scapole e i sogni scappano come di fronte ad una retata. non c'è rete per cercarti nell'etere e a me e te non resta che tremare. Tu sei al mare e io pure ma in mondi diversi. Divisi dalla geografia e della geopolitica. Un giorno mi hai detto che ti sarebbe piaciuto fare la post-produzione del g8 di Genova.
Mi sveglio sull'asfalto in mezzo a migliaia di persone con la ghiaia che mi ha sfigurato e tu figurati se ti sei fatta viva o bionda. Le birre che colano giù e il deserto alla spalle. Senza metafore.
Arrivato il caldo sei andata in vacanza da me. Devi schiarirti le idee e i capelli che è la nuova tendenza. Il mio compleanno festeggiamolo in seme. Come non fossi nato.
Mi dici che forse mi raggiungi ma non ho gli addominali a tartaruga e ti annoi subito da lasciarmi correre per chilometri di Toscana con il vino tra i denti.
Pensavo arrivassi.
Pensavo ci arrivassi.

lunedì 12 luglio 2010

"che alle 4 tu sei a prendere il sole e io la luna storta"

Andiamo in vacanza insieme. Che intanto ci siamo traditi a vicenda e avvicinandoci alla spiaggia già lo sappiamo. Come la quattro verticale.
Alle quattro tu sei a prendere il sole fin quando starà su e io a prendere la luna fin quando starò su. Le estasi infinite e le estati finite male come fatte d'ecstasi nei primi duemila.
Tu con il tuo costume da bagno e il con il mio costume da me stesso che a fingere ci metto nulla.
Son fiero di te.
I divani delle pensioni e le propensioni a svenirci sopra a vicenda neanche fosse un coito colto al culmine. La tua pelle su di me sa di pomeriggio trafitto e lungo il tragitto verso il mare vorrei morire.
Gli ombrelloni sui miei sentimenti insabbiati che tra insolazioni e castelli di sabbia in aria ho dimenticato di inumidire. In quel secchiello facciamoci un long island che, intanto, tanto marittimo fa.
Ai falò io stono e tuona e poi piove. Ma non ho le prove che non sia colpa mia e tu pensi sia geloso del fatto che ami tutti tranne il sottoscritto e te lo sottoscrivo sotto il tuo biglietto da visita che magari cambi opinione e opinion leader.
Idem.

domenica 11 luglio 2010

"ad una generazione mancano le idee"

Dici che ad una generazione non dovrebbero mancare le idee e che nella gioventù dovrebbe risultarmi tutto più semplice.
Nemmeno fossi un genio o un senior o almeno un designer. Desidero indietro la mia giovinezza e l'adolescenza che si è arrampicata sui tralicci ad alta tensione per rimanere all'altezza. Le crisi di bassa età in stagione medio-alta.
Le foto delle serate a cui non ci presentiamo.
Le foto delle serate in cui ci presentiamo e sembra che ci stiamo conoscendo proprio quella sera che di me non sai nulla e non so se è solo normalità o una norma di galanteria che la tua lanterna mi mostrerà.
Cresciuti i nostri piccoli mostri altro da mettere in mostra non abbiamo, che abbiamo finito i talenti e i taralli e ho speso tutto per comprarti un'ideologia.
Prima o poi i parenti partiranno per venirci a trovare qui nel deserto del nord.
Che son tutti scarabei.
100 e 10 punti.

lunedì 5 luglio 2010

"l'estate è arrivata, poi cadranno tutti a pezzi."

E poi non dici nemmeno il mio nome. Che sembra ti sia stato bandito o che un bandito me l'abbia rubato e la mia band ancora non ha nome e non so se centri davvero qualcosa qui.
Che poi divento emo e temo per la tua incolumità ma tanto i polsi sono i miei e i soldi pure. Metti su la pasta e siamo apposto. Al posto tuo amerei me, ma pare egocentrico da dire e le dita sullo schermo del mac non si lavano più via.
Non capisco il via vai dal tuo cuore che anche se ripassi dal via non cambia mai la prassi. A passi così decisi cadrò giù dal bancone al prossimo open bar. Open air.
Mi dici che i film sono fatti per essere visti nelle notti di luglio e giugno con le pale che ci tranciano la testa a metà da farmi ricordare solo una parte della meta a cui ero diretto. Ero, di fatto, un eroe fatto d'eroina, ma l'eroina si è fatta un altro. Finisce con l'happy ending tutto tranne la mia insonnia. E tu ti auguri non sia contagiosa ma finiamo comunque a scriverci messaggi lunghi mesi che una notte non potrà mai bastarci per esprimerci e reprimerci.
Finisci la libertà che hai nel piatto che poi lavo tutto.
Andata via l'ispirazione cerco altre amantidi da alternare alle notti infinite e le note finite sotto il letto non le tiro più su.
Quando poi c'è stato il temporale abbiamo discusso delle precipitazioni e del nostro rapporto scosso sull'orlo di un precipizio. Per esercizio penso sempre che tutto cadrà giù come le lune storte e o le torri toscane.
Mi hai disegnato su un quaderno un mattino per farmi capire cosa mi perdo e mi son perso nell'approssimazione del tutto e nella cura dei dettagli malati.
Hai detto che sarebbe stato carino fare colazione come le persone normali. Così da chiarire la tua personale idea di me.
Mi hai tolto le chiavi per chiuderti dentro me e Milano è piccola per tutti noi messi assieme solo negli insiemi e in seme. Sedimentati come siamo rimasti. Se di mente siamo rimasti indietro.
Tu mi hai detto che odi i miei giochi di parole e io ti ho detto che amo i tuoi giochi col mio cuore.
Poi ci siamo detti basta; l'estate è arrivata, e poi cadranno tutti a pezzi.



Mattia Barro

sabato 26 giugno 2010

"Palloncini nel cuore"

Poi tutti piangiamo e lui ha un palloncino del cuore che pare una cosa dolce da dire ai bambini.
Guarda sullo schermo gente che gli perfora il corpo e lui non sente niente come quando ti ho detto che forse era ora di smetterla di giocare all'impiccato e tu hai dato un calcio alla sedia ma sei caduta giù poco dopo.
Quando lui ha preso a calci tutta la merda che aveva dentro tu ancora ti lamentavi del rossetto, o dei capelli, o dello smalto e forse sarebbe finita in ogni modo, che il nostro era cancro.
Le porte si chiudono come le cerniere dei dottori d'ufficio e si riaprono subito dopo con getti di sangue che siamo un film splatter quando ci amiamo. poi io dubito. diobò.
Ha un cuore così grande che gli hanno costruito dentro palazzine con contratti a tempo indeterminato e un grande campanile a tenere il tempo della bigband. Ho sentito dei ritmi che non riuscirò mai a ripetere mentre tu ripeti che è un altro venerdì sera speso a parlarci.
Tu ci hai infilato dentro il veleno e hai spinto forte.
con tutte le forze.

giovedì 17 giugno 2010

"Non è ancora uno status quo"

E poi ho smesso di scrivere altro e mi sono dedicato a canzoni con zone d'ombra.
Hai presente il presente?
L'ho perso e tu l'hai preso e la giostra girava ancora come la testa negli open bar con le serrande abbassate e la scritta 'chiuso'.
Mi hai detto che non sono una zanzara ma il risultato non è cambiato.
Hai cablato l'anima e mi hai chiesto del tempo. Va in click? Si sente in spia?
Tu, e io, che siamo una spy story con il protagonista coi baffi e la pistola nella cavigliera chenonsisamai. Hai cambiato status e non so se scriverti qua è ancora uno status quo.
Dici di no.
Sui taxi prendi malattie sessualmente trasmissibili come la lucidità di pensiero e la notte non è più notte e le note non son più sole e non noti nemmeno le occhiaie che hai. che ho. che hai? mi hai chiesto. Occhiaie.
Abbiamo svuotato le stanze con traslochi da atrio ad atrio da ventricolo a ventricolo. Non ci sono più i trilocali di una volta, con le finestre ad oblò.
Ohibò.
Giusto per.


Mattia Barro

domenica 2 maggio 2010

Sei caduta innamorata e mi hai trascinato giù come nel pogo - STRALCIO

Quando sei caduta innamorata mi hai trascinato giù come nel pogo. Nei bar affollati mi rovesci sempre la birra addosso e adesso che ho finito i ricambi hai deciso di cambiare locale. Nazionale. Globale.
Ci hanno rubato la bici da sotto casa e non abbiamo più scuse per tardare e tornare indietro. Potevano almeno lasciarci il sellino. O il campanello.
Con gli affitti che ci piovono in testa, gli ombrelli servono a ben poco e meno male che qualcuno ci dà dei lavori ora che ci stiamo prostituendo. Ora che ci stiamo promuovendo. Tutti i pro e contro-alt-canc.
A far la tesi ci è venuta la tisi e le tisanerie che ci fanno suonare gli ukulele ora non ci vogliono più. Meno male che maggio c'è.
Con tutto l'oro del mondo. Avercelo.
Ora che ho disimparato a scrivere e sembro diselsicso.
Come quanto ti moa.


Mattia Barro

domenica 4 aprile 2010

Le macchine vintage sono musica - MUSICA

C'è una band francese che amo, che fa dell'indie-pop squisito.
Si chiamano We Were Evergreen (http://www.myspace.com/evergreenfr).

Ho avuto la fortuna, e l'onore, di remixare un loro brano.
quindi
We Were Evergreen - Vintage Car (Mattia, No Superman feat. Maze)

che su soundcloud è qui
http://soundcloud.com/nosuperman/we-were-evergreen-vintage-car-mattia-no-superman-feat-maze-remix

che è sempre sul myspace
www.myspace.com/imnosupermanmusic

forse su last fm sotto Mattia, No Superman.

sul gruppo di facebook
Mattia, No Superman.

un po' ovunque come l'amore quando non c'è.

copiate, incollate, scaricate, bruciate.

Vi abbraccio,
m

lunedì 22 marzo 2010

"Domani nella battaglia"


Sui letti con le coperte nere di solito moriamo. Memento mori. Hai appena rifatto il letto che morirci su sarebbe un peccato.
Pacato mi muovo sopra il piumone per salvaguardarci il letto tombale. Le sigarette che non fumi più si stanno spegnendo e spargendo qua e la qua e la qua
e la qua
e
laquae la qua e
la.
Tiri su col naso il silenzio. Ti tiro su il morale e mi tiro su i pantaloni. La tua gonna nera, a vita alta, che vorrei abbassare ma non è tempo che piove fuori. Milano.
Non scrivi più, dici.
Non sono uno scrittore, dico.

La linea delle lenzuola e dei tuoi tratti somatici. Cromatici come nonsiamo. Le pareti bianche come il tuo viso. Il nero dei nostri anni 50 sentimentali.
Ho comprato della carta per la macchina da scrivere.



Con gli inchiostri dei tuoi sguardi la ricaricherò.
Shakespeare ci ha detto tanto e ora non ci restano che i silenzi. I fogli che si alzano leggermente quando si alza l'autunno. Il pre-inverno di noi stessi.
Con i romanzi che ho bruciato potevamo farci un rogo, per sfogo, per sfiga.
Amore mio che non ci sei più, gli anni passano.

Tu che mi guardi e Tu che mi guardi e Tu che mi guardi. Non so dirti più nulla ora che non so più scrivere.
Finiscono i giorni e i colori per i contorni e tutto ha un senso di sfumato che tutto pare essere le tue sigarette. Come quando da piccola salivi sul tetto di casa a vedere l'orizzonte dietro le fabbriche. Salutando papà che usciva.
Il tuo contorno bocca: ti sto ascoltando.
Quando abbiamo capito che tutto era davvero finito è venuto giù il sipario e un temporale maestoso che sei corsa a chiudere la finestra del nostro futuro. Sei stata, in un qualche modo, premurosa.
Noi siamo stati, in qualche modo, prematuri.














Ora la battaglia.
Dispero
e
.




Text: Mattia Barro
Pics: Chiara Esposito

martedì 9 marzo 2010

"Quando la casa esplose"

Quando la casa esplose tutto quanto attorno sembrava essersi fermato.

Pareva che l'aria fosse vuota, sospesa tra il niente e il nulla.
Impregnata come non mai della vacuità della provincia.





Erano le 14:32 e il mondo non esisteva se non oltre un fotogramma catturato e propagato nei minuti adiacenti.

L'esplosione fu epica.

Il paesaggio prendeva i colori delle fiamme e delle mura che si sbriciolavano innalzando polvere bianca come a sfumare i contorti. I riflessi dei vetri e i giochi di luce e ombre come se il sole inciampasse di tanto in tanto. Di tanto. In tanto.

Pareva fosse mezzogiorno.





Erano le 14:32 invece e il mondo era un magnifico fotogramma dai colori vivi.

L’esplosione fu epica.

L'epica delle urla e dei pianti e dei versi dei corpi bruciati; nient'altro che macerie sociali. Tutto era bianco come se una nevicata sporca avesse invaso l'agosto della provincia.


Pareva fosse gennaio.
gennaio.





Erano le 14:32.

L’espolsione fu epica.

Quando la casa esplose,
misi gli occhiali da sole e accesi una sigaretta,
perso nella grandiosità di tal dipinto vivente.



Text: Mattia Barro
Pic: Chiara Esposito

domenica 21 febbraio 2010

"What we talk (When we talk about love)."

Quella della seconda C.
quel magnifico esempio di prostituzione contemporanea soprannominata "MCS".
I film giovanilistici anni novanta
le polaroid dell'infanzia
le luci di scena nell'ultimo brano eseguito dai Sigur Ros a fine concerto nel tour 2008.
Wayfarer
Converse
il letto fatto
il sesso fatto
il letto disfatto.
le scorte di vino rosso
gli spritz a un euro con le pizzette gratis,
noi che ci beviamo le scorte
il thè bollente
le 5 del pomeriggio
le 5 del mattino.
megafoni
telefilm
quel verso che dice "voglio costruire edifici altissimi per te, ma i costi, mio dio, quei costi, non me li posso permettere".
I biglietti aerei
le piccole librerie antiche
quel magnifico esempio di letteratura contemporanea intitolato "Sei felice Charlie Brown?".
Quello della collana Bur.






text: Mattia Barro
Pic: Chiara Esposito

domenica 7 febbraio 2010

Poi alla fine c'è questa - MUSICA

la mia cover di Nantes di Beirut. Tratta da "The Flying Cup Club"
un modo o un altro per ringraziare e raggrinzirsi.

c'è sia qui:
SoundCloud
che qui sul myspace:
MySpace

come dire ti amo
ma al contrario.

Che poi alla fine è un grazie.
Dove c'è un dio, c'è poi sempre uno che prega.
la mia cover di "Nantes" di Beirut.
stuprabile.

hugs,
m

domenica 10 gennaio 2010

"Oslo è cara. L'Islanda pure." - STRALCIO

E a Natale cade la neve e cadono i capelli. Cade pure il Papa.
Tutte le cose belle divengono paciocco. Neve compresa. Password comprese.
Se mi avessi detto.
Per Natale un disco dei Mum masterizzato e scarichiamo tutto gratis. Relazioni comprese.
Vorresti sapere come ho conosciuto tua madre, lo so.
Vorresti sapere come ho misconosciuto la mia fede, lo so.
Sbattesimami. Batti le mani. Sbattesimami.
Le Converse nelle pozzanghere. Le amicizie nel cesso. Le torte cioccolato e pere.
Facciamoci un tea da bere con le tazze crepate.
Se mi avessi letto.
Cantiamo a squarciacuore canzoni che non sappiamo. Recensiamo le nostre chiamate telefoniche e l'ultima era da 5 e mezzo. L'ultima era alle 5 e mezza.
Con tutti sti a-capo, capiterà qualcosa.
No, in quel locale sei stata con un tuo ex.
No, quel locale era un ex penitenziario.
No, in quel locale sei stata con il pene di un tuo ex.
Si. Si. Si.
Sono uncool. Anche tu.
I biglietti per l'Islanda costano sempre troppo e pure Oslo è così cara che ci andrei sempre. Ci andrei sempre. Che se l'unico contro è il freddo, i nostri corpi contro lo son stati anche di più.
Con la punta della bic ho riavvolto le cassette dei nostri esordi. Primi appuntamenti compresi. Emettono suoni sordi.
Che con tutti i soldi del mondo ho comprato Húllabbalabbalúú.

Se mi avessi visto.


Mattia Barro