sabato 23 agosto 2008

STRALCI DI VITA QUOTIDIANA - "Milano in una domenica d'agosto"

E non so come mai, ma i caffè, ultimamente, mi danno allo stomaco.
Ordino caffè e brioches, tipica colazione italiana. Le 2 del pomeriggio. Agito la bustina dello zucchero velocemente e la apro al rallentatore. Dicono che il caffè buono sia quello in cui lo zucchero ci mette tempo a scendervi dentro. Questo dev'essere buono, penso mentre mi soffermo a guardare l'asfalto caldo della domenica pomeriggio d'agosto disinteressandomi della mia colazione. Scrivo due messaggi diversi, uno di scuse e rimorsi ed uno per programmare qualcosa di vago. Indosso converse blu sbiadite alte e Spitfire "Bearded Gentleman" neri. Bevo il caffè lentamente, riepilogandomi cos'è successo.
Lei, noia, vino bianco, noia, vasi a trentaseimila euro, noia, macchina, Ticinese, birra in bicchieri di plastica, macchina, Magnolia, revival, tanta gente che ride, voglia di vomitare, un'amica, macchina, casa, olimpiadi, "ho fatto ridere perfino Mattia", i suoi seni piccoli, tre in un letto, due in un letto, sesso silenzioso, parole che non ascolto, io sveglio nel letto, lei nell'altra stanza senza porte che ci separino, poco sonno, scappo da casa mia appena alzato.
Si dice che io non voglia mai affrontare i risvegli, mi dicono che io non voglia mai affrontare i risvegli. Rumors.
Lei mi chiama e mi dice che son sveglie e io non ci sono da tanto. Le rispondo che sono in un bar e sto scrivendo. Mi chiede se le compro delle sigarette. Invidiare le ciminiere perchè hanno sempre da fumare.
"Infondo Milano, ad agosto, di domenica, è una bambina indifesa", penso girovagando sotto il sole alla ricerca di un tabacchi aperto, di domenica, ad agosto, a Milano.


Mattia Barro

mercoledì 20 agosto 2008

RECENSIONE DISCO - AAVV - Life Beyond Mars - Bowie Covered

PUBBLICATO QUI SU INDIE-ROCK.IT


ARTISTI VARI - Life Beyond Mars - Bowie Covered

ANNO: 2008

ETICHETTA: Rapster

GENERE: cover-album.

PROTAGONISTI: Au Revoir Simone, Heartbreak, Kelley Polar, Leo Minor, Carl Craig, Drew Brown, Matthew Dear, Susumu Yokota, The Emperor Machine, Joakim & The Disco, Richar Walters & Faultline, The Thing. Bowie sempre e comunque in ogni centimetro.

SEGNI PARTICOLARI: la Rapster ci ha preso gusto. Così, dopo 'Exit Music', dedicato ai Radiohead e 'Controversy', che ripercorreva i migliori momenti di Prince, ecco pronto 'Life Beyond Mars: Bowie Covered', complete e riconoscenti rivisitazioni in chiave elettronica di pezzi di David Bowie.

INGREDIENTI: 12 brani del Duca Bianco infarciti di elettronica con l'idea di portarli direttamente sulla pista da ballo.

DENSITA' DI QUALITA': "Oh! You Pretty Things!" è l'unica cosa che si può esclamare ascoltando le Au Revoir Simone in apertura del disco. C'è ancora qualcuno che pensa che la musica non sia l'arte suprema dopo l'ascolto di questo brano? E tutto il resto fatica ad emergere in seguito. 'Loving The Alien' e 'Magic Dance' (rispettivamente di Heartbreak e Kelley Polar) han strutture elettroniche non del tutto convincenti e rimangono sospese nel forse. 'Ashes To Ashes' ritrova vita nella rivisitazione in chiave drum'n'bass di Leo Minor, trovando anche una propria giusta dimensione. La marcia electro di Carl Carig (che presenta gli Zoos Of Berlin) in 'Looking For Water' (in versione demo) ci sciacqua i visi con gocce di puro cristallo. 'Sweet Thing' di Drew Brown è coraggiosa e contagiosa e facendo leva sulla chitarra ritmica e il suo calmo e pacato accoppiamento con una struttura ritmica electro, avvolge. Attitudini analoghe le si ritrovano nel brillante Matthew Dear e la sua 'Sound & Vision' che riprende a piene mani dai TV On The Radio e ci regala 4 minuti e mezzo d'immersione in un mondo di suoni e di shoegaze. E' Susumu Yokota con il pop elettronico senza troppa convinzione di 'Golden Years' a riportarci sul Bowie più dance. The Emperor Machine si cimentano in 'Repetition' senza però riuscire a trovare un giusto punto su cui spingere la loro ripetizione ossessiva, perdendosi a tratti. Joakim & The Disco non lascia il segno con un episodio che non riesce ad emergere completamente, intrappolato in troppe idee un po' troppo confuse. Ma ecco che nella distrazione generale troviamo un'altra luce immensa, 'Be My Wife' di Richard Walters & Faultline. Come nell'episodio delle Au Revoir Simone, anche qua regna l'accortezza di rendere grandiosa la semplicità, un altro piccolo capolavoro. A chiudere l'industrial jazz dei The Ting che in 'Life On Mars' immaginano i marziani come rumorosi cittadini interstellari.

VELOCITA': soffici ritratti magnifici alternati alla pop-dance 80s.

IL TESTO: "Oh, you pretty things, don't you know you're driving your mamas and papas insane?", da 'Oh, You Pretty Things'.

LA DICHIARAZIONE: dal sito: "The select artist could choose any track from his catalogue and create their own fresh interpretation, however faithful, or different, to the original."

IL SITO: 'Lifebeyondmars.com'.

VOTO: 7

Mattia Barro

lunedì 11 agosto 2008

STRALCI DI VITA QUOTIDIANA - "Lo stomaco non mi vuole più bene da tanto tempo"

Ho bevuto parecchio ieri.
sento le gambe molli, il cervello annacquato, gli occhi annebbiati.
Ho continuato a ripetere a Nico che era domenica parlandogli di martedì e ora mi sono accorto che è lunedi, cazzo.
Ho bevuto parecchio ieri.
scendo in cucina a mangiare qualcosa e il calendario è fermo a Gennaio 2007. Ho davvero dimenticato così tanto bevendo? addirittura un anno e mezzo? li era più facile, dannatamente più facile.
Ho già detto due volte la parola "mollissimo". ma cosa cazzo significa poi?
Ho bevuto troppo ieri. Così tanto da dimenticare perchè ho voluto bere così tanto. Da dimenticare chi amo, perchè son scappato e qual'è l'indirizzo della mia casa a Milano. Ma l'ho mai saputo? Dubito.
Ho bevuto troppo ieri. Così tanto da non ricordare i desideri abbinati alle stelle cadenti. Da non ricordare i messaggi che ho mandato e se oggi devo vedere Erica o no.
Lo stomaco non mi vuole più bene da tanto tempo, come te. Come Erica.
(Mattiaèmorto).
Provo a leggere le recensioni che mi hanno pubblicato ma sono decisamente noiose e chiudo la pagina internet. Chiudo la nostra conversazione. Chiudo gli occhi che è meglio. Corro in bagno ma non vomito, come sempre.
(Mattiaèmorto)

RECENSIONE FESTIVAL - FIB, Benicassim (17/18/19/20.07.08)

Pubblicato su INDIE-ROCK.IT

DAY 1
DAY 2
DAY 3
DAY 4


FIB 2008


Non c’è due senza tre. E così anche quest’anno la ridente cittadina di Benicassim, situata a circa 70 Km a nord di Valencia ci ospita. Splendida location per un festival situato alle spalle delle colline e il deserto de Las Palmes e di fronte al mar Mediterraneo.
In questi ultimi tre anni abbiamo raccontato oramai tutto quel che c’è da sapere su questo festival che di anno in anno cresce e si contorna di manifestazioni collaterali in cui si trovano mostre, spettacoli teatrale e molte altre attività.
La novità principale di quest’anno è il Saturday Night Fiber Madrid organizzato in parallelo al secondo giorno di festival. Tra gli artisti più famosi Morrissey, My Bloody Valentie, Mika, Siouxsie, Babyshambles e Hot Chip.

Vuoi per il cartello meno ricco di artisti ultra famosi, vuoi per la concomitanza con il Summercase a Barcellona, questa edizione ha visto una tendenza in ribasso di pubblico (circa 35.000 al giorno rispetto ai 40.000 del 2007).

DAY.1
A dare il via all'ultima edizione del Fib, sono i Krakovia (voto: 6) sul palco principale (l'Escenario Verde). Già dal look, la band spagnola mostra i loro intenti: un punk cabaret senza troppe pretese. Ci si divide tra la cresta esagerata del cantante, alle pose da pin-up della cantante (studiate millemetricamente). La sezione vocale, però, non riesce mai ad impossessarsi dei brani che si perdono o non si completano mai. Lasciano poco. Creste e pose.

Il primo vero scossone arriva con l'ingresso sul palco dei Nada Surf (voto: 8.5). La carica della band è davvero impressionante sia in chiave musicale sia in relazione al pubblico. Non mancano coinvolgimenti in uno spagnolo tanto divertente quanto maccheronico in cui il pubblico è invitato prima in un ballo 2step, poi ad intonare i vari ritornelli (addirittura prima dell'esecuzione di un brano viene insegnata la melodia da eseguire). Lo show, galoppando sulla relazione ormai amichevole tra gruppo e spettatore, impressiona per intrattenimento e atmosfere. E' un rock smaccatamente pop che ti s'incolla alle orecchie e si trasferisce sulle gambe. Alla fine si è felici di essere stati coinvolti in un gioco così piacevole.

Gli headliner della prima giornata sono i folletti islandesi degli Sigur Ros (voto: 10). Parlare prettamente della musica che suonano minuto dopo minuto sarebbe impossibile. Bisognerebbe trovare per ogni suono una frase o una parola che riporti ad una sensazione. Così Hoppipolla sarebbe un cuore che si stringe, Glosoli un volo spiccato, Gobbledigook puro colore.
Ma il compito di descrivere quanto è magnifico ciò che stiamo vivendo sarebbe ancora lontano. Si potrebbe allora parlare a livello visivo di Jonsi che viola la sacralità della sua chitarra con l'archetto, delle quattro ragazze addette alla sezione degli archi, dei quattro uomini ai fiati, dell'incredibile spettacolo visivo che ci regala Gobbledigook e del frac del pianista Kjarri.
Ma non sarebbe ancora abbastanza. E allora si è costretti a usare le proprie emozioni.
I Sigur Ros rendono gli occhi lucidi. Ad ogni brano rapiscono in modo differente e trascinano sulla loro terra, così affascinante e nuova per noi. Veniamo portati in un mondo così diverso in cui qualsiasi cosa ci reca stupore.
"Questa cantatela con noi", è un onore immenso dal cui è impossibile esimersi.
La musica si allontana e si dissolve, i 12 elementi di questo capolavoro si portano ad inizio palco e s'inchinano.
E ci applaudono.
E noi, noi ci limitiamo ad esplodere di colore.

Dopo l'esplosione emozionale firmata Sigur Ros, il main stage è occupato dai Mates Of State (voto: 6). Seduti in lontananza a riprendere fiato e a mangiare, la loro formula pop passa quasi inosservata per quasi tutto il pubblico. Ma più che altro, tutto sembra più vuoto, passaggero, quasi inutile dopo l'ondata islandese.
C'est la vie.

I Black Lips (voto: 7) sono la band successiva ad occupare l’Escenario Verde, portando una grossa scossa di energia, casino e anarchia. Martoriati da svariati problemi tecnici (instabilità del microfono del batterista, corde saltate alla chitarra del cantante ed effetti del primo chitarrista che lo abbandonano per una decina di minuti), cercano in tutti i modi di fare gran caciara e trasmettere quell'elettricità che sembra percuotere i loro corpi. La carica c'è, la precisione meno. Kids with guitars.

Il primo vero live al di fuori del palco principale è lasciato in mano ai Battles (voto: 9.5). E' solo passata una settimana dal loro live al Traffic Festival, ma rivederli è uno spasso ed uno sfizio. La carica è ancora maggiore da parte di tutti i componenti e il pubblico risponde come fosse di fronte ad una band importante, e i Battles si dimostrano esserne tali, per la gioia dei presenti. Ancora meglio che a Torino.
Un muro di suoni potenti, precisi, netti. Il sudore sui loro visi è simbolo di pura energia. A tratti quasi ‘disco’ i loro ritmi colpiscono e fanno muovere gambe e braccia.
I have Battles in my life.

L'ultimo concerto della giornata sul main stage è affidato ai These New Puritans (voto: 4). Spenti come pochi e senza nessuna grinta si lasciano trasportare dall'inerzia di un live senza emozioni. Un'annoiata platea li guarda senza convinzione e non risponde nemmeno alle indie hits come Elvis e Numerology. Non è un live rock, non è un live elettronico. E' solo inerzia, e a noi non interessa. Peccato perché il disco lasciava intendere polvere di novità e brillantezza. Il live asettico dimostra che oltre a non aver voce Jack Barnett è pure stonato.

Chiude il FIBstart Dj Supermarket (voto: 5), tedesco che tanto faceva sperare e invece è stato un flop.
Diciamo che nel 2008 se davanti a 20mila persone metti su “Hey boy, hey girl” sei uno sfigato. La gente avrebbe ballato pure qualcosa di un po’ meno inflazionato.



DAY.2

Primo giorno ufficiale di festival.
Iniziamo la giornata con i South San Gabriel (voto: 7) al FiberFib.com che oggi debutta come palco. La band ci pone di fronte ad un rock atmosferico molto ricco e ricercato. I suoni sono ampi e si allargano perfettamente nel caldo pomeriggio di Benicassim. Lasciano una sensazione di completezza che rimane per tutta la giornata.

Giungono poi dall'Inghilterra, tre simpatici volti chiamati Metronomy (voto: 7). L'electro-pop a cui danno anima è un continuo gioco tra simpatiche coreografie (i tre suonano in linea di fronte alle proprie tastiere). L'attitudine easy & funny che predomina diverte tutti i presenti. Happy games for funny people.

Ma la band più chiacchierata della giornata è comunque quella di Doherty, i Babyshambles (voto: 8).
Rumors a parte, Doherty e compagni fanno la loro parte. Tenendo in considerazione che Pete, a volte, si dimentica le parole dei propri brani, questi inglesi non son così male come ci si immaginerebbe. Qualche momento di buon brit pop investe la folla che però, senza motivi apparenti o senza più voglia di parole parole parole, non partecipa come ci si aspetterebbe a inni generazionali come Albion e Fuck Forever.
Ma qualche fiamma da Albione brucia ancora. Ad ogni modo il loro show convince ancor di più di due anni fa (suonarono alle 18.40 sotto il cocente fiberfib.com, allora la band sembrava un po’ appannata).

Ci sono band che rimangono a galla grazie ai gossip attorno ai propri membri e band, invece, che riescono a trovare un peso e una posizione nella storia. Un pezzo di storia sono i New York Dolls (voto: 7).
Probabilmente vedere vecchi rocker con magliette corte ultra-aderenti strappa qualche sorriso ma, sorvolando sulla parte visiva, i NY Dolls tirano fuori l'anima che li ha resi celebri. C'è grinta, c'è rock'n'roll. Diametralmente opposti alla pessima figura fatta dai Sex Pistols in Italia, le bambole di NY riescono veramente ad ingannarci e a farci credere che ci sia ancora del rock e del punk con i controcoglioni. Il bello è che si divertono. Il bello è che ci divertiamo.

Ma la rivelazione della giornata e, forse, dell'intero festival sono gli Hot Chip (voto: 9). E lo si capisce da subito. In formazione completa, invadono il palco con un'elettronica colta e compatta: gran stuolo di tastiere, effetti e computer. I cinque inglesi intonano il primo pezzo (‘Out at the picture’, tratto dall’ultima fatica: Made in the Dark) e la folla è già in delirio. Sotto il tendone bianco manca l’aria, siamo sardine chiuse in una scatola che si muovono a ritmo di cassa e ballano, cantano senza sosta.
Alexis, il Woody Allen della musica internazionale, traccia melodie pop appiccicose e il pubblico non può che rispondere in modo entusiasta. I singoli Over And Over e Ready For The Floor incendiano i fan e non c'è cosa migliore di perdersi tra quei groove e la bellezza delle ragazze catturate da tutto ciò. La perla finale, in conclusione al live, è ciò che di tanto lieto e inaspettato nascondevamo nei nostri cuori sotto forma di speranza. Ma non sarebbe stato forse il caso di cedere agli Hot Chip il main stage!?

Gli headliners di questa seconda serata, sull'Escenario Verde, hanno un nome che nella scena alternative, oramai, pesa oro. E i My Bloody Valentine (voto: 8 ) valgono oro. Il noise, le distorsioni, il muro di suoni imprigionano il pubblico. E' come se ogni nota venisse riflessa su centinaia di specchi e si moltiplicasse, seguita di volta in volta da maree di rumori (nel senso più musicale del termine) che implodono su se stessi fino a formare colore.

A seguire, cattura il palco l'ex regina dei Moloko, Roisin Murphy (voto: 7). Che sul palco ci sia una prima donna affermata lo si capisce subito. Prepara per sè un vero show con tanto di guardaroba a bordo palco per cambiarsi e poter interpretare in maniera diversa i vari brani. Se i primi pezzi sono pulsazioni minimali, pian piano il suono diviene molto più house, molto più funky. Il cambiamento è apportato anche dai vari turnisti della band che arricchiscono un po' alla volta il palco. Roisin fa show: balla e si diverte nel giocare con le due coriste i membri del gruppo. Sfortunatamente, i brani più freschi ed estivi non decollano mai e non si rivelano all'altezza di quelli più ombrosi e drogati, dove la Murphy sembra viaggiarci perfettamente.

Ore 2.00: sua maestà Erol Alkan (voto: 8 ) sale in consolle e a differenza di due anni fa ci va giù pesante. Un set di due ore immersi in ipnotiche battute di cassa elettronica tecno-house che non lascia scampo. Non ci si ferma mai, si prede solo il respiro durante gli attimi in cui la cassa rallenta sino a sparire, il basso sibila sino a creare quella suspance che fa da preludio a un ritorno imponente di cassa in quarti e bassi profondi. Da notare il momento in cui il dj fondatore del Trash di Londra esce dalla consolle e abbraccia lo scanner che crea gli effetti laser sino a che la security lo ferma. Lui si scusa con loro e fa ripartire i bassi.


Sul palco Vodafone troviamo i Chromatics (voto: 5). La band si rivela come lo specchio della loro cantante: così bella e pura quando estrapolata dal palco, così monotona e banale on stage. Ruth Radelet si disegna nella mente un spazio di un metro nel quale per tutta la durata del live rimane a dondolare come una bambina dello zecchino d'oro. Un fatale ostacolo che li tiene legati alla mediocrità.

Stanchi ma ancora attivi arriviamo in tempo per assistere all’ultima mezzora di Mika (voto: 10). Che il venticinquenne di Beirut fosse bravo già lo sapevamo ma ci siamo mangiati le mani per non essere andati a vedere un suo live prima. Esplosivo, lucido, con una voce potente ed intonata, una coreografia da lasciare a bocca aperta e una gran band alle spalle. Goliardico show ispirato al circo condito di stelle filanti, coriandoli, mascotte vestite da coniglio stile superball americano, ballerine, coriste e chi più ne ha più ne metta. Probabilmente il miglior live del FIB 2008 con un valore aggiunto non da poco.

DAY.3

Nello stesso giorno si svolge il Saturday Night Fiber a Madrid e lo si nota. Il cartello di stasera è un po’ povero.
Il nostro giorno inizia con gli spagnoli Manos De Topo (voto: 7). Hanno dalla loro un nome orrendo e un suono davvero piacevole. Il loro pop d'autore ha una gran presa tra il pubblico di origine spagnola e ciò consente che ci sia un ottimo scambio palco-pubblico.

A seguire The Ting Tings (voto: 7). Il duo inglese sul palco ha una carica mostruosa e il fatto che siano solo in due, non pregiudica nulla. Jules De Martino (batteria) suona la chitarra tenendo il tempo con la cassa dritta e Katie White (voce-chitarra) che tra riff spudoratamente orecchiabili e melodie giocose salta da una parte all'altra del palco trascinando il microfono dal cavo arancione fluo. Non sono solo i singoli a far presa, ma quasi tutto il materiale estratto dal loro esordio. Anche l'unica ballata (definita come "l'unico brano lento dei Ting Tings" da loro stessi) ha una buona presa. Si balla e si sorride parecchio. Speriamo che riescano a raggiungere la maturità (musicale) necessaria nel loro prossimo disco.

Sull'Escenario Verde troviamo i The Brian Jonestown Massacre (voto: 5). Che sul palco il clima sia uno dei più scazzati della storia ci vuole poco a capirlo. Il cantante sbaglia lo stato in cui si trova (come fai a non sapere che ti hanno portato in Spagna?!?), si accende sigarette su sigarette accordando chitarre che non deve suonare, parla con amici del pubblico. La musica passa oggettivamente in secondo piano.

A seguire, i My Morning Jacket (voto: 8 ) decidono che è ora di suonare e far rock coi controcazzi e senza sbornie. Amplificatori al massimo e psichedelia pura. Un'invasione di ‘70s miscelato ad un ottimo hard-rock. C'è molta intelligenza in tutto ciò, e può solo fare piacere. Viene creato un mondo di suoni, quasi palpabile, che ondeggia sopra e in mezzo a noi.

Tricky (voto: 5). Ci aspettavamo molto da lui ma evidentemente ci sbagliavamo. Dopo un quarto d’ora di noia ci spostiamo nel main stage sperando che il live dei Kills (Voto: 5) ci faccia tornare il sorriso. Invece no. Prendete ciò che è stato detto a riguardo ai Ting Tings e invertite. I Kills come duo non reggono il palco. Ma ciò è determinato fortemente dalla mancanza della sezione ritmica (tutta in digitale). I riff e le voci sono quelli morbosi e taglienti che conosciamo ma su un tappeto di nulla mischiato ad un computer non prendono vita. Qualcuno dovrebbe spiegarci che senso ha fare un live rock utilizzando basi per batteria e tastiere, senza una band alle spalle. Banali ed insipidi.

Torniamo al palco Fiberfib.com mentre i Booka Shade (voto: 7) iniziano il loro live set. Energici, potenti e ricchi di suoni interessanti che fanno ballare e saltare, ma c’è qualcosa che manca.

Unica grande soddisfazione della serata: The Raconteurs (voto: 9). Sarà che in mezzo c’è lo zampino del genio di Jack White ma la band americana ha una forza esplosiva. Chitarre decise che martellano. Un tocco unico; il nervosismo degli assoli di White, la precisione di Brendan Benson, la possibilità di fare della fottuta musica (parola di Jack White). Are you steady now?

Incuriositi, seguiamo poi le vicende dello strano duo (è il tema del giorno?) Gnarls Barkley (voto: 7). Che l'apporto live di Danger Mouse sia limitatissimo è evidente da subito, come da subito è evidente che la band che li accompagna è veramente sopra la media e allo stesso tempo sopra le righe. Basti vedere i salti del tastierista per capirci. Ceelo ci mette quello che può finchè la voce c'è (perde molto col passare dei brani). Il ritmo funky è recuperato dal passato senza troppa innovazione e i brani che hanno devastato le classifiche come Crazy, mancano di qualcosa e suonano un po' troppo mosci ed omologati.
Pessima la cover dei Radiohead che ci propinano quasi a fine concerto. Non basta avere una bella voce per essere Thom Yorke, perchè Thom Yorke ha la voce di Thom Yorke. e basta.


DAY.4

La prima parte dell’ultimo giorno del festival la passiamo sotto il tendone bianco del Fiberfib.com. Oggi a differenza del giorno precedente il cartello non lascia un attimo di respiro.
Si inizia alle 18.40 con i National (voto: 7) che ci regalano da subito un' ottima musica. La loro miscela di Editors (Joy Division di conseguenza) e U2 non disturba così tanto (tranne per le pose del cantante). Il suono trova la miglior posizione quando riesce ad innervosirsi e a defibrillare tra i vari componenti.

A seguire i tanto aspettati Death cab for cutie (voto: 8 ). Tempo fa leggevo un articolo che presentava il loro sesto disco intitolato “La rivincita dei nerd”. Ma quali nerd? Per nulla impacciati o timidi i quattro di Washington capitanati da Ben Gibbard sanno suonare in modo strepitoso. La tecnica della scuola americana si vede: non una nota fuori posto, la voce di Ben senza sbavature. Nicholas Harmer al basso si muove benissimo. Lui e Nathan Good alla batteria si intendono perfettamente e sono una cosa sola. Ritmi dilatati dai suoni curati e misurati si alternano a ballate pop arricchite da splendide linee vocali.

Nota di merito, e sopratutto di rispetto, a Leonard Cohen (voto: 7) che nel caldo pomeriggio di Benicassim riesce a regalare blues, jazz, funk e pop d'autore. La sua collocazione in contemporanea ai Death Cab For Cutie, ci fa seguire solo gli ultimi venti minuti di pathos e gioia. L'ovazione finale è la dimostrazione d'amore che un pubblico dà ad un eroe e che un eroe dà al suo pubblico, compagno d'avventura. Grazie Leonard.

La sorpresa del giorno è il giovane Calvin Harris (voto: 8 ). La formula sulla carta è facile: prendi una band che sa suonare e sa divertirsi, produci brani a colpi di cassa dritta molte orecchiabili e salta come un matto. Harris si trasforma quasi in un Mc piuttosto che in un cantante, quasi in un dj a tratti. Le frasi ad effetto prima di ogni esplosione dei brani hanno un effetto devastante sulla folla che un po' stupita si trova a ballare, saltare e canticchiare come non mai. Non puoi non muoverti nelle versioni live di Merrymaking At My Place, Acceptable In The 80's e la conclusiva The Girls. Irresistibile.

Senza un attimo di respiro poco dopo toccherà ai Justice (voto: 9). Dilemma: nello stesso istante sul main stage sarebbe salito il magnifico Morrissey… la matematica aiuta la scelta a favore dei Justice (perdonaci Moz), che qui abbiamo visto solo due anni fa quando erano conosciuti solo per il loro remix dei Simian (Never be alone).
Il palco coperto da un muro di casse Marshall con al centro la consolle con la croce luminosa, il buio in pista, caldo, gente che si stringe sino a rendere il Fiberfib.com saturo. Ecco salire i due francesi. Croci costruite alla meglio spiccano in aria sulla gente. Lo spettacolo ha inizio.
Non siamo certi di quanto effettivamente sia stato suonato live e quanto invece il semplice djset, fatto sta che Gaspar e Xavier sono riusciti nel giro di qualche anno a consacrarsi mostri sacri di un genere che fonda le sue basi nell’electro-house / disco-punk percorrendo la strada iniziata dieci anni fa dai Daft Punk e ora così in voga.

Un po’ in colpa corriamo a seguire sul palco principale l’ultima parte del live di Morrissey (voto: 7). La sua voce è maestosa, intensa, immaginifica. Tutti aspettano soprattutto il repertorio de The Smiths, ma non si può solo vivere di passato.

Ci spostiamo nel palco Vodafone per il live di Yelle (voto: 8). French-pop di derivazione eighties davvero convincente. Julie Budet accompagnata da batteria e tastiere ha una voce decisa. Non troppo impegnative le sue canzoni ma sicuramente divertenti, senza pretese. Sul palco Julie con il suo vestito a paiette blu e le scarpe da ginnastica si muove bene, balla e fa ballare. E quando iniziano le note di “A cause des garçons” il pubblico intona il ritornello saltando. Una parte di pubblico resta comunque attonita e non approva lo spudorato pop maledettamente french, a volte troppo teenager.

Da una regina senza corte, corona e re ad un personaggio che è stato davvero la regina degli anni 80 dark. Siouxsie (Voto: 7) torna sul palco come solista e di classe ne ha davvero tanta. Oltre ad un incredibile energia e dinamismo, Siouxsie ha il rock e la malizia che le percuotono il colpo e lo show è denso di qualità.

A concludere la quattordicesima edizione del festival di Benicassim sull'Escenario Verde sono i Vive la fête (voto: 7). L'electropop della band ogni tanto decolla, ogni tanto rimane ancorato al palco e non raggiunge gli spettatori. La voce di Els Pynoo si dimostra la giusta combinazione tra Blondie ed una qualsiasi attrice delle commedie sexy italiane; erotismo, poca qualità e molto nervosismo vocale.
Il loro singolo storico Nuit Blanche non sconvolge affatto. Pensavo fosse amore, invece…


Il FIB rimane comunque sempre il FIB. Festoso, brillante, accogliente. C’è un pezzo di cuore che resta in questa lingua di terra baciata dal sole.

Mattia Barro & Andrea Alibardi

Possibili inizi di un romanzo

N. 1

ho vent'anni. guardandomi allo specchio, oggi, i miei occhi ne dimostrano il doppio.
credo di essere fottuto, decisamente fottuto. come un culo caldo.


N. 2

l'autostrada sembra un lago di luce che riappare e scompare tra i falsi piani lombardi prima, piemontesi poi.
tutto è immerso nella luce. tutto è giallo direbbe Chris Martin, come il limoncello che ho pagato e che ho rubato da casa mia. non ha senso, ma giuro che è cosi.


N. 3

Ieri ho letto su una rivista che non so chi si è lasciato con quell'altra la. Decisamente una brutta storia per i fan, ho pensato.
Poi ho continuato a masticare la mia Vigorsol senza zucchero, convinto che i denti non mi cadranno mai.
Poi ho visto un vecchio senza denti che parlava in tv.
Decisamente una brutta storia per la moglie, ho pensato.
Poi ho continuato a masticare la mia Vigorsol senza zucchero, convinto che i denti non mi cadranno mai.


N. 4

Non credo si possa chiedere ad una persona di ridere.
A me, ad esempio, non fa ridere quasi un cazzo.
Pochi comici (soprattutto cose di Allen o del primo Benigni), poca gente (soprattutto quelli non ubriachi e quelli che non ridono mentre ti raccontano l'aneddoto) e poche situazioni (per lo più casuali).
spesso guardo la gente e mi domanda: ma cazzo c'hai da ridere?
ma poi ci penso, e ci rido su.

mercoledì 6 agosto 2008

RECENSIONE DISCO - La Valigetta - Post Remixes pt 1

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT


VOTO: 7

GENERE: pop-rock, cover.

PROTAGONISTI: Marco Mancassola, Useless Wooden Toys, Perturbazione, Canadians, Ex-Otago, Carnifull Trio, Mojomatics, Tre Allegri Ragazzi Morti, Numero 6 e Julie's Haircut.

SEGNI PARTICOLARI: l'album è completamente composto da cover, tranne per i quattro 'skit' di Marco Mancassola (musicati dagli Useless Wooden Toys) che narrano un racconto che si trova all'interno del libretto del disco.

INGREDIENTI: una intelligente alternanza di brani pop-rock molto ballabili ed estivi che si amalgamano perfettamente a pezzi più beach-house. Semplicemente, il disco dell'estate. Fresco e solare.

DENSITA' DI QUALITA': preso nella sua totalità, il cd si mantiene su alti livelli. Non ci sono cover banali, ma solo curate e gioiose rivisitazioni. Si parte con i Perturbazione che con 'The Beat Goes On' ci portano subito in spiaggia seguiti dagli amplificatori accesi dei Canadians che riprendono 'Playground Love' degli Air in chiave rock. Nota di merito al primo singolo estratto, 'The Rhythm Of The Night' firmato Ex-Otago, sempre divertentissimi nella loro lettura pop estiva. Gli infradito vengono lasciati sotto l'ombrellone e si inizia a ballare tra la spuma delle onde e il bagnasciuga. I Carnifull Trio risuonano 'Da Funk', ma il brano non ha il ritmo che merita e tende a perdersi. Al contrario, I Tre Allegri Ragazzi Morti, ritornando sull'idea di italianizzare brani esteri (ci avevano già deliziato con 'Mio Fratellino Ha Scoperto Il Rock'n'Roll' e 'Dimmi'/'Ask Me'), trasformano 'Around The World' in un motivo italiano di facile presa con un ottimo tappeto sonoro completamente suonato analogicamente. A dividere queste due radici comuni, è il country rock dei Mojomatics che ci portano sulle strade assolate messicane con 'Mexican Radio' dei Wall Of Voodoo. Sul finale c'è la geniale ripresa di 'Too Much Of Heaven' degli Eiffel 65, targata Numero 6, una grande festa in un chirinquito. A chiudere le cover, la psichedelica suite (quasi 10 minuti) dei Julie's Haircut che risuonano gli Orb e che impreziosiscono tutto il disco con un'ipnotica messa in scena musicale. L''intro', i 2 'skit' e l''outro' di Marco Mancassola, invece, ci portano in un mondo robotico dove un uomo ascolta suoni inauditi, dove il metallo sostituisce i cuori, dove il ferro batte ferocemente.

VELOCITA': predomina un andamento generalmente dance, molto estivo, con i ritmi più sostenuti soprattutto sulle cover dei Daft Punk.

TESTO: "il giro del mondo, il giro del mondo", dalla cover di 'Around The World' dei Tre Allegri Ragazzi Morti.

LA DICHIARAZIONE: dalla cartella stampa: "Un anno e mezzo di lavoro, ma ne è valsa davvero la pena. Un'idea che ronza per la testa per un progetto che sembrava irraggiungibile. Sconvolgere il concetto di 'remix', capovolgerlo, invertendo il flusso apparentemente naturale delle cose. Il rocker diviene remixer e viceversa, e la disco-hit finisce per passare attraverso un riff di chitarra che mai avremmo immaginato."

IL SITO: Lavaligetta.it; 'Myspace.com/lavaligetta'.

Mattia Barro

RECENSIONE DJ SET - Hot Chip & Boys Noize - We Love @ Space (ibiza) 27.07.08

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT


Un'ondata d'aria nuova sull'isla blanca porta sulle varie consolle i nomi più significativi dell'electro-rock e del french touch e di tutta questa nuova scena da club che sta nascendo. Son previsti aerei trasportanti Simian Mobile Disco, 2 Many Djs, Justice, Crookers, Cassius e Chemical Brothers.

Portatrice di questa innovazione è, sopratutto, la serata 'We Love' dello Space. Oggi, infatti, come headliners troviamo Hot Chip dj set e Boys Noize, rispettivamente in Terrazza e in Discoteca.

Partono gli Hot Chip in versione Felix & Al dj set e, onestamente, non si sa che pensare a riguardo. Suonano un'elettronica senza troppo pretese, molto morbida, limitando gli azzardi ad un paio di brani duri e pesanti. Non c'è però alcun accenno di quello che ci piace degli Hot Chip e pensiamo che, anche se tecnicamente validi, non hanno molto motivo di star qui. La scaletta è quella classica di qualsiasi dj che suona un genere leggero e pacato.

Nella sala grande, invece, Boys Noize decide di darci dentro. La scarica d'adrenalina è impressionante ed è accompagnata da un livello tecnico di ottima qualità. Qui si dà vita ad un vero dj set ghetto-house. Spuntano in mezzo alle borse dei vinili perle come 'Stress' dei Justice e 'Killing In The Name Of' dei Rage Against The Machine in versione remix di SebastiAn. E sentire brani così allo Space spiazza ed affascina. Boys Noize fa quello che sa e deve fare. E lo fanno con un'adrenalina esaltante. Qui si osa, qui si cambia, qui ci si diverte.

Usciamo sfiniti e camminiamo lungo Playa d'En Bossa, con l'alba che fa capolino lungo la linea dell'orizzonte colorando il mare. Ci sediamo e vediamo nascere il nuovo giorno. Chissà se Ibiza cambierà.

Mattia Barro