lunedì 22 marzo 2010

"Domani nella battaglia"


Sui letti con le coperte nere di solito moriamo. Memento mori. Hai appena rifatto il letto che morirci su sarebbe un peccato.
Pacato mi muovo sopra il piumone per salvaguardarci il letto tombale. Le sigarette che non fumi più si stanno spegnendo e spargendo qua e la qua e la qua
e la qua
e
laquae la qua e
la.
Tiri su col naso il silenzio. Ti tiro su il morale e mi tiro su i pantaloni. La tua gonna nera, a vita alta, che vorrei abbassare ma non è tempo che piove fuori. Milano.
Non scrivi più, dici.
Non sono uno scrittore, dico.

La linea delle lenzuola e dei tuoi tratti somatici. Cromatici come nonsiamo. Le pareti bianche come il tuo viso. Il nero dei nostri anni 50 sentimentali.
Ho comprato della carta per la macchina da scrivere.



Con gli inchiostri dei tuoi sguardi la ricaricherò.
Shakespeare ci ha detto tanto e ora non ci restano che i silenzi. I fogli che si alzano leggermente quando si alza l'autunno. Il pre-inverno di noi stessi.
Con i romanzi che ho bruciato potevamo farci un rogo, per sfogo, per sfiga.
Amore mio che non ci sei più, gli anni passano.

Tu che mi guardi e Tu che mi guardi e Tu che mi guardi. Non so dirti più nulla ora che non so più scrivere.
Finiscono i giorni e i colori per i contorni e tutto ha un senso di sfumato che tutto pare essere le tue sigarette. Come quando da piccola salivi sul tetto di casa a vedere l'orizzonte dietro le fabbriche. Salutando papà che usciva.
Il tuo contorno bocca: ti sto ascoltando.
Quando abbiamo capito che tutto era davvero finito è venuto giù il sipario e un temporale maestoso che sei corsa a chiudere la finestra del nostro futuro. Sei stata, in un qualche modo, premurosa.
Noi siamo stati, in qualche modo, prematuri.














Ora la battaglia.
Dispero
e
.




Text: Mattia Barro
Pics: Chiara Esposito

martedì 9 marzo 2010

"Quando la casa esplose"

Quando la casa esplose tutto quanto attorno sembrava essersi fermato.

Pareva che l'aria fosse vuota, sospesa tra il niente e il nulla.
Impregnata come non mai della vacuità della provincia.





Erano le 14:32 e il mondo non esisteva se non oltre un fotogramma catturato e propagato nei minuti adiacenti.

L'esplosione fu epica.

Il paesaggio prendeva i colori delle fiamme e delle mura che si sbriciolavano innalzando polvere bianca come a sfumare i contorti. I riflessi dei vetri e i giochi di luce e ombre come se il sole inciampasse di tanto in tanto. Di tanto. In tanto.

Pareva fosse mezzogiorno.





Erano le 14:32 invece e il mondo era un magnifico fotogramma dai colori vivi.

L’esplosione fu epica.

L'epica delle urla e dei pianti e dei versi dei corpi bruciati; nient'altro che macerie sociali. Tutto era bianco come se una nevicata sporca avesse invaso l'agosto della provincia.


Pareva fosse gennaio.
gennaio.





Erano le 14:32.

L’espolsione fu epica.

Quando la casa esplose,
misi gli occhiali da sole e accesi una sigaretta,
perso nella grandiosità di tal dipinto vivente.



Text: Mattia Barro
Pic: Chiara Esposito