mercoledì 26 novembre 2008

INTERVISTA - Milosh

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT


Interview: Milosh
Incontriamo Milosh (accompagnato dal fido chitarrista Paul Pfisterer) alla Casa 139, appena finito il suo soundcheck. Ci sediamo e ordiniamo solo birra italiana, come loro desiderano. Accendiamo il registratore e ci inoltriamo in un percorso, a tratti psicologico, alla scoperta dell'intimo produttore canadese.

I-R : Qualche tratto generale per conoscerti: che musica ascolti solitamente?

Milosh: Vecchio folk, cose come Neil Young. Mi piacciono i Pink Floyd e ascolto molta musica classica. Seguo anche alcune etichette elettroniche, apprezzo molto i Telefon Tel Aviv...

I-R: hai anche collaborato con Josh Eustis dei Telefon Tel Aviv in questo disco, giusto?

M: Si, si è occupato del mixaggio e del mastering dell'album. Siamo buoni amici, parliamo spesso.

I-R: Puoi dirmi un nome di un'artista emergente che apprezzi molto?

M: Non è emergente, ma ultimamente ascolto molto Apparat, penso che abbia fatto davvero un bell'album...

I-R: Dato che hai citato Apparat, apprezzi anche la sua amica Ellen Allien?

M: Non conosco molto la musica della Allien, ma ciò che ho sentito mi piace, suona bene. Per tornare su chi ascolto, amo il nuovo disco di Dntel, un'artista di Los Angeles che ha lavorato anche nella mia stessa etichetta (Plug Research). L'avete sentito? E' folk contaminato dall'elettronica, è sorprendente. E' il mio disco preferito di questo periodo.

I-R: Ho letto che hai iniziato a suonare il violoncello quand'eri giovanissimo, addirittura a 3 anni. Quanto è stato importante questo evento? Come mai hai iniziato con quello strumento?

M: Sì, è stato chiaramente un evento fondamentale per me. Ho iniziato grazie a mio padre, lui suona il violino. Suonavamo insieme spesso, poi iniziai con il conservatorio e qualche piccola orchestra. Amo il suono del violoncello, lo trovo decisamente melodico. E' molto simile alla voce umana, a quella di un tenore.

I-R: Spazi tra Neil Young, musica classica, Apparat e ciò si rispecchia molto nella tua musica. Quanto serve, secondo te, avere un'ampia cultura musicale?

M: Credo sia veramente veramente veramente importante. Bisogna sentire qualsiasi cosa. Puoi trarre idee dalle ritmiche della techno, melodie dalla pop music e dall'elettronica puoi trovare interessanti modi di lavorare il suono da poter poi utilizzare per la tua propria musica. L'opportunità di avere una mente aperta può portare a dare diversi sapori alla musica che fai.

I-R: Recensendo il tuo disco ("iii"), ho scelto, per definirlo, termini come 'Primo Amore', 'Intimità'. Tu che emozioni ci hai messo li dentro?

M: Ho messo ogni mia emozione in quel disco. Cerco sempre di scrivere canzoni che siano molto personali e intime. Tutti i miei brani parlano di esperienze che son accadute a me. Parlando di eventi ed emozioni condivisibili, la gente può, in un qualche modo, connettersi a ciò. Credo che questa sia la cosa più importante del fare musica.

I-R: Come sei cambiato e come è cambiata la tua musica dalle tue prime produzioni?

M: Personalmente, ho avuto due relazioni che son finite.

I-R: Oh...

M: ...capita. Comunque, ho registrato l'ultimo disco in Thailandia mentre il primo l'avevo registrato il Polonia. Ho viaggiato, e viaggio ancora, parecchio, scoprendo e conoscendo molte altre culture. Musicalmente son diventato un po' più pignolo riguardo alla scelta dei singoli suoni. Nel primo disco non riuscivo ad avere un controllo così preciso su ciò che volevo fare mentre, in quest'ultimo, avevo idee ben precise. Con l'introduzione della chitarra ho reso meno elettronica la mia musica. Questo è, probabilmente, il cambiamento più grande: è il percorso che in futuro voglio seguire. Credo sia una buona risposta, no?

(sorrisi vari)

I-R: Come ti trovi a viaggiare cosi spesso?

M: Viaggiare è difficile perché suonando è un continuo spostarsi: Londra-Milano-Berlino, aerei-treni-macchine. La parte più stressante è svegliarsi alle 4 del mattino per prendere l'aereo alle 6 per arrivare alle 10 ed essere in uno show radiofonico alle 11. è tutto un ta-ta-ta-ta, sai, senza sosta. E sei sempre stanco...

Paul Pfisterer (chitarrista che segue in tour Milosh): ...e con la barba incolta.

(risate)

I-R: In una tua intervista hai definito la tua musica come una fotografia della vita. Come descriveresti questa fotografia se dovessi solamente usare le parole e non la musica?

M: Uhm... Credo che la definerei: Abbastanza bella. Ci son cose positive, altre meno, ed altre totalmente negative. C'è dentro la gente che incontri. Direi che è come la mia vita: abbastanza buona [definita proprio "Pretty good", ndr]. So che la mia musica spesso suona molto triste, ma sai, la tristezza è così bella. Non credo che la tristezza sia una sensazione negativa, anzi, penso che sia veramente bellissima. Magnifica.

I-R: In una tua dichiarazione sostenevi che nella tua musica cerchi il giusto compromesso tra tecnologia ed anima. Credo che il punto di unione sia la tua voce, trasmette la tua anima anche attraverso le varie lavorazioni che compi su di essa. Pensi che quel legame sia mantenuto dalla voce?

M: Per me la voce è uno strumento, è importantissima, soprattutto in chiave live. Ciò che cerco, però, è il giusto bilanciamento tra i suoni. La chiave sta nel bilanciamento. Ogni suono deve perfettamente amalgamarsi con gli altri fino a creare una perfetta armonia.

I-R: Qual'è il processo di lavorazione delle tue canzoni?

M: Ah, quello è sempre diverso. Cerco di non limitarmi mai e di non incanalarmi in un'unica strada per sviluppare un brano. A volte parto da un beat che suona bene o suonando dalla tastiera. A volte parto da una linea melodica. Non ho una sola via di sviluppo. Voglio divertirmi a far musica.

I-R: Cosa provi prima-durante-dopo un concerto?

P & M: Questa è una buona domanda. Ah.

M: Come ti senti te Paul prima di un live?

P: Nervoso. Ma non è una sensazione negativa. E' quel nervosismo che fa si che l'emozione e la carica giusta rimangano in te per farti fare un buono show.

I-R: Quindi tendete ad essere nervosi?

M: Sì, decisamente. Ma è un buon nervosismo. Come quando devi baciare per la prima volta una ragazza. Il momento prima sei nervoso anche se sai che sarà stupendo ed emozionante. Ed è lo stesso quando suoni. In più, quando sali sul palco, non ci sei solo più te con i tuoi sentimenti, ma un reciproco scambio con il pubblico che ti sta ascoltando ed è come un continuo movimento di emozioni all'interno di uno stesso ambiente. E' importante creare un rapporto. Quando finisce il live, invece, siamo quasi sempre un po' dubbiosi sulla nostra performance e pensiamo cose tipo "potevamo far meglio", "abbiamo suonato di merda", ma invece, un paio d'ore dopo iniziamo ad apprezzare e a dire "ah, abbiamo suonato bene", "è stato un bel live, divertente".

P: Il live dipende sia dal pubblico che da chi suona. E' un rapporto inscindibile. Il pubblico diventa parte dello show. A volte suoni meglio, a volte peggio...

M: E' una questione di Esserci. Esserci in quel momento. Essere presenti. Ci sei te e c'è il pubblico: questo è il bello. Come diceva Paul, a volte canti meglio, a volte suoni peggio, non è ciò che importa. Tutto dipende da il rapporto che si è instaurato con l'audience.

I-R: Qual'è la tua opinione riguardo alla diffusione della musica in internet?

M: Ne sono affascinato. Personalmente, mi piace come la gente possa parteciparvi e, ad esempio, possa cercare la mia musica, vedere dove suono, contattarmi. Devo molto ad internet. Credo che 10-15 anni fa era tutta una questione di mainstream, di pop, di majors. Internet ha riportato la musica al suo stato di creatività. Negli anni '60 prima c'era la musica e l'arte e poi l'immagine. Ultimamente con tutte queste Britney Spears la situazione stava degenerando. Ora, invece, puoi decidere cosa ascoltare, chi ascoltare, trovare nuovi artisti. Acculturarti. Credo che internet abbia davvero un potere enorme.

I-R: Spostiamoci in una sfera più personale. 'Remember The Good Things' è il titolo di una tua canzone (dall'ultimo disco). Qual'è la prima bella cosa che ricordi della tua vita musicale e della tua vita in generale?

M: Uhm...

P: Un'intervista tosta, eh?

M: Si, decisamente dura. Partiamo con la musica. Il primo ricordo si rifà a quando avevo 16 anni e ho suonato la batteria davanti a 3000 persone. E' stato fantastico. Ed è ciò che poi, quando ho iniziato la mia carriera, mi è sempre piaciuto provare. Il sapore dei live show. Un altro ottimo ricordo è stato quando ho firmato per la Plug Research e ho potuto così pubblicare i miei dischi e farli sentire ad un maggior numero di persone. Son contento che mi abbiano dato questa possibilità.

I-R: E personalmente?

M: Ce ne sono parecchie. Il periodo scolastico è stato fantastico. Sono andato ad una scuola eccezionale, una scuola d'arte. Mi ha lasciato molto. Cos'altro... Il mio primo bacio con una ragazza è stato figo, la prima volta che l'ho fatto è stato figo...

I-R: Diciamo le prime volte in generale quindi?

M: Si si, giustissimo. Le prime volte ti lasciano qualcosa dentro, sempre.

I-R: Qual'è la cosa più importante nella tua vita?

M: Ah, un'intervista difficilissima.

P: Da psicologo...

M: Allora mi sa che scoppio a piangere

(risate)

M: La cosa più importante per me, credo sia essere una brava persona. Far sentire le persone meglio, anche solo in parte. C'è tanta musica arrabbiata o dance music/drug music, io, invece, voglio fare musica che lasci qualcosa di bellissimo. Poi credo che sia davvero importante l'ambiente. Impegnarsi a salvaguardare il mondo in cui siamo coinvolti con le scelte che si fanno: cosa mangi, come vivi, con che mezzi ti sposti. Ad esempio, noi andiamo in bicicletta il massimo che possiamo. Ci son tante piccole cose che ognuno di noi può fare per cercare di migliorare il nostro ambiente. Fare la scelta migliore ogni volta che c'è la possibilità: credo sia questo ciò che è davvero importante. Ora in tournée dobbiamo spostarci spesso in aereo e questo non è il massimo. Infatti per spostarci in Europa eviteremo gli aerei e ci sposteremo con mezzi decisamente meno inquinanti.

I-R: Per esempio, i Radiohead utilizzano navi per i loro spostamenti.

M: E' un piccolo, ma importante cambiamento: cercare di portare il minimo disagio al mondo. Ritengo altrettanto rilevante la questione Cibo. Meglio prediligere cibi organici rispetto agli Ogm, meglio comprare ciò che c'è nei mercati di Montreal rispetto a quello che arriva direttamente dalle industrie. Privilegiare ciò che è locale così da evitare l'inquinamento derivante dal trasporto di esso. E' davvero importante. E' stata una domanda davvero difficile, ma credo di aver dato una buona risposta, no?

I-R: Certo. Questo discorso mi ha fatto venire in mente i Sigur Ros, tornando anche a parlare di musica che cerca di portare buone sensazioni. Che ne pensi di loro?

M: Li ammiro molto. Li ho visti ad un festival in Irlanda e penso che facciano davvero della musica grandiosa. E' ciò che serve alle persone. Non quelle cazzate che passano in tv, tipo 50 Cent, donne, sesso, diventa ricco o muori provandoci. Quelle son stronzate. Penso ci siano davvero emozioni Stupide dentro. Non è il mondo che viviamo, non è ciò di cui ha bisogno il mondo.

I-R: La cosa più importante che hai imparato nella tua vita?

M: L'idea di essere presenti. Non nasconderti o progettare il tuo futuro. Essere presente. Quando fai musica, quando parli con la gente, quando fai l'amore. Esserci. La cosa migliore che tu possa fare è vivere il momento. Sto andando bene in queste domande difficile. (ride)

I-R: Hai parlato di essere presente, quale pensi sia il tuo ruolo nella musica, nell'arte?

M: Non penso sia importante pensare ad il proprio ruolo. Io cerco di essere onesto, onesto nella musica che faccio e nella vita. Provare a fare ciò che ritengo importante per me. Divertirmi a far musica e trovarmici a mio agio. Non cercare di fare qualcosa per qualcuno per forza. Essere una buona persona che crede in sé e che cerca di regalare emozioni. Potrei dire di sentirmi quasi come un cantautore, per quanto la mia musica sia abbastanza lontana da questi canoni.

I-R: Dato che abbiamo ancora un po' di tempo, torniamo a parlare della tua musica. Campioni molti? Ad esempio suoni dalla natura, effetti tratti dall'ambiente che ti circonda?

M: Nel primo disco ho campionato molte cose: io che suonavo il bongo della mia ragazza, io e lei che ci baciavamo, bottiglie, cose così. Mi piace registrare il pianoforte mentre lo suono in una stanza, così da salvare la sensazione che si viene a creare mentre suono quelle note. Rende tutto più intimo e personale. Amo anche i synth e i software; è fantastico poter far musica ovunque e sempre.

Finiamo l'intervista con un enorme sensazione di benessere, e Milosh e Paul ci invitano a cenare con loro. Dopo il live ci chiedono se possiamo portarli a far vedere un po' Milano e ce li portiamo dietro prima al Rocket a sentire i Sexual Earthquake Of Kobe (che apprezzano molto e per cui Paul spende tutti i suoi soldi in merchandising), poi ai Magazzini Generali e infine a mangiare brioches con nutella ad un forno. Dire di aver conosciuto due persone squisite, sarebbe riduttivo.

Recuperiamo solo in un dialogo di una notte divertente ed intensa.

M: io non credo in Dio.

I-R: volevo farti questa domanda all'intervista, ma mi sembrava troppo personale...

M: No no, dovevi farla. E' importante questo discorso. Io non condanno chi crede in Dio, assolutamente, ma condanno la Chiesa. Gli sprechi, i vantaggi tratti dall'ingenuità delle persone, i lussi per una religione che si fonda sull'umiltà.

I-R: Pensa che in Italia, con lo Stato Vaticano a due passi, siamo praticamente in balia del clero ancora adesso, nel 2008. Ciò che viene detto dalla Chiesa è ciò che dobbiamo fare, praticamente. Immagina solo questo.

M: Incredibile...


Mattia Barro con la collaborazione di Roberto Grosso Sategna

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