giovedì 11 dicembre 2008

"XXIV Maggio" - SDVQ

Che vorrei diventare famoso-ricercato-voluto solo per scoparmi chiunque pensando a te.
Che suicidarsi costa 3 euro in un bar in XXIV Maggio. Per di più un pessimo bar.
Avrei voluto fossi codarda come me.
Il 2x1 dei sentimenti non corrisposti e ti corro addosso e ti sposti e finisco a scivolare sulla neve che si sta sciogliendo.
Perchè vado a morire con una nevicata epica. Che nei momenti decisivi, il tempo è decisivo. Il tempo è importante. Le parole sono importanti. Ma non ti importa più di nulla quando alzi il sopracciglio sinistro e ti distacchi.
Stacco la spina e mi spacco di birre alla spina. Che c'ho ancora cinquanta euro da spendere o in alcool o in sesso a pagamento. Mi hai reso asessuato. E ubriaco. E asessuato.
E asessuato.
Che non credo si possa essere normali ora. Anche se dovremo avere norme norme norme e più nonne pronte a farci da mangiare, no? Cristo.
Hai un bloc notes pieno di appunti che sai già come vedere il futuro che sai già cosa penserai nel futuro che sai già. Che sai già. Che. Sai. Già. Tutto.
Che ho spezzettato quella bustina di zucchero mentre mi spezzettavi il cuore e tutti quelli attorno urlavamo e giocavano come se ci fosse ancora qualcosa per cui divertirsi/divertire/divenire.
Chissà perchè sembrano tutte fidanzate gelose. Zitelle.
Chissà perchè sembra sempre che tutto vada di merda.
Ah no, quello non sembra. Quello è così.
Ho scritto sulla neve che mi avevi fatto un male cane e che ti volevo bene lo stesso. Ma sulla seconda parte c'ha pisciato sopra un cane e si è sciolto. Fatalità no? Casualità no? Oggettività vs soggettività. No?
Ho scritto sulla neve che mi avevi fatto un male cane. Che quando poi ho attraversato la piazza, dopo il mercato, aspettando il verde a bordo delle strisce pedonali, avevo un freddo così deciso che tremavo. Ma tremavo così forte da sembrare Ian da sembrare epilettico da sembrare fottuto. Che poi si è aggiunto lo sconforto, la morte, il dolore, te, me, Dio, il Diavolo. E un brano degli Smiths. E tremavo così forte che ho pianto e tu forse hai pensato che le lacrime occupano spazio. Occupano spazio. OCCUPATO, SPAZIO.
Non provi niente a vedermi congelare vivo?
Tremante e stringendomi il più forte possibile ero così tagliato dal vento da avere ancora le ferite sul viso, che quando son scoppiato son entrato nel primo negozio che è spuntato. E il fatto che fosse un negozio di dischi era pura fatalità, casualità, oggettività vs soggettività. Una specie di segno. Come quelli che fai e fraintendo. Che ho guardato per due volte tutti i dichi con gli occhi lucidi fino a rovinarmeli. Ed ho comprato qualcosa per salvare me, per salvare il loro ricordo. Per salvare le etichette discografiche. O le fighe. O le groupies. O le mie retine.
Finirà di merda come sempre.
Che ci abbiamo fatto l'abitudine.
E che continuo a credere che dovremo andare a Stoccolma a scopare come animali selvatici o a litigare come animali selvatici. Ma staresti troppo tempo a lavarti le mani. A levartene le mani. Cazzo.
Ti ho detto che mi hai ucciso e tu mi hai detto che non ti prendo sul serio e allora ti ho ripetuto che stavo sanguinando e mi hai detto "no, non è il momento".
No, non è il momento. Come quando morente disteso sul tavolo ti ho allungato la mano chiedendo aiuto e tu ti sei ritratta. Come facciamo con quelli che ci chiedono l'elemosina ai semafori e noi tiriamo su il finestrino.
Qualcosa di positivo si trova sempre.
Alla fine ci si ride sempre su.
Alla Fine. E la Fine, che io ricordi, e quando Finisce tutto. Vita compresa.
Che suicidarsi costa 3 euro in un bar in XXIV Maggio. Per di più un pessimo bar.
Ed era la fine.
E finalmente potevamo riderci su.

Nessun commento: