lunedì 11 agosto 2008

RECENSIONE FESTIVAL - FIB, Benicassim (17/18/19/20.07.08)

Pubblicato su INDIE-ROCK.IT

DAY 1
DAY 2
DAY 3
DAY 4


FIB 2008


Non c’è due senza tre. E così anche quest’anno la ridente cittadina di Benicassim, situata a circa 70 Km a nord di Valencia ci ospita. Splendida location per un festival situato alle spalle delle colline e il deserto de Las Palmes e di fronte al mar Mediterraneo.
In questi ultimi tre anni abbiamo raccontato oramai tutto quel che c’è da sapere su questo festival che di anno in anno cresce e si contorna di manifestazioni collaterali in cui si trovano mostre, spettacoli teatrale e molte altre attività.
La novità principale di quest’anno è il Saturday Night Fiber Madrid organizzato in parallelo al secondo giorno di festival. Tra gli artisti più famosi Morrissey, My Bloody Valentie, Mika, Siouxsie, Babyshambles e Hot Chip.

Vuoi per il cartello meno ricco di artisti ultra famosi, vuoi per la concomitanza con il Summercase a Barcellona, questa edizione ha visto una tendenza in ribasso di pubblico (circa 35.000 al giorno rispetto ai 40.000 del 2007).

DAY.1
A dare il via all'ultima edizione del Fib, sono i Krakovia (voto: 6) sul palco principale (l'Escenario Verde). Già dal look, la band spagnola mostra i loro intenti: un punk cabaret senza troppe pretese. Ci si divide tra la cresta esagerata del cantante, alle pose da pin-up della cantante (studiate millemetricamente). La sezione vocale, però, non riesce mai ad impossessarsi dei brani che si perdono o non si completano mai. Lasciano poco. Creste e pose.

Il primo vero scossone arriva con l'ingresso sul palco dei Nada Surf (voto: 8.5). La carica della band è davvero impressionante sia in chiave musicale sia in relazione al pubblico. Non mancano coinvolgimenti in uno spagnolo tanto divertente quanto maccheronico in cui il pubblico è invitato prima in un ballo 2step, poi ad intonare i vari ritornelli (addirittura prima dell'esecuzione di un brano viene insegnata la melodia da eseguire). Lo show, galoppando sulla relazione ormai amichevole tra gruppo e spettatore, impressiona per intrattenimento e atmosfere. E' un rock smaccatamente pop che ti s'incolla alle orecchie e si trasferisce sulle gambe. Alla fine si è felici di essere stati coinvolti in un gioco così piacevole.

Gli headliner della prima giornata sono i folletti islandesi degli Sigur Ros (voto: 10). Parlare prettamente della musica che suonano minuto dopo minuto sarebbe impossibile. Bisognerebbe trovare per ogni suono una frase o una parola che riporti ad una sensazione. Così Hoppipolla sarebbe un cuore che si stringe, Glosoli un volo spiccato, Gobbledigook puro colore.
Ma il compito di descrivere quanto è magnifico ciò che stiamo vivendo sarebbe ancora lontano. Si potrebbe allora parlare a livello visivo di Jonsi che viola la sacralità della sua chitarra con l'archetto, delle quattro ragazze addette alla sezione degli archi, dei quattro uomini ai fiati, dell'incredibile spettacolo visivo che ci regala Gobbledigook e del frac del pianista Kjarri.
Ma non sarebbe ancora abbastanza. E allora si è costretti a usare le proprie emozioni.
I Sigur Ros rendono gli occhi lucidi. Ad ogni brano rapiscono in modo differente e trascinano sulla loro terra, così affascinante e nuova per noi. Veniamo portati in un mondo così diverso in cui qualsiasi cosa ci reca stupore.
"Questa cantatela con noi", è un onore immenso dal cui è impossibile esimersi.
La musica si allontana e si dissolve, i 12 elementi di questo capolavoro si portano ad inizio palco e s'inchinano.
E ci applaudono.
E noi, noi ci limitiamo ad esplodere di colore.

Dopo l'esplosione emozionale firmata Sigur Ros, il main stage è occupato dai Mates Of State (voto: 6). Seduti in lontananza a riprendere fiato e a mangiare, la loro formula pop passa quasi inosservata per quasi tutto il pubblico. Ma più che altro, tutto sembra più vuoto, passaggero, quasi inutile dopo l'ondata islandese.
C'est la vie.

I Black Lips (voto: 7) sono la band successiva ad occupare l’Escenario Verde, portando una grossa scossa di energia, casino e anarchia. Martoriati da svariati problemi tecnici (instabilità del microfono del batterista, corde saltate alla chitarra del cantante ed effetti del primo chitarrista che lo abbandonano per una decina di minuti), cercano in tutti i modi di fare gran caciara e trasmettere quell'elettricità che sembra percuotere i loro corpi. La carica c'è, la precisione meno. Kids with guitars.

Il primo vero live al di fuori del palco principale è lasciato in mano ai Battles (voto: 9.5). E' solo passata una settimana dal loro live al Traffic Festival, ma rivederli è uno spasso ed uno sfizio. La carica è ancora maggiore da parte di tutti i componenti e il pubblico risponde come fosse di fronte ad una band importante, e i Battles si dimostrano esserne tali, per la gioia dei presenti. Ancora meglio che a Torino.
Un muro di suoni potenti, precisi, netti. Il sudore sui loro visi è simbolo di pura energia. A tratti quasi ‘disco’ i loro ritmi colpiscono e fanno muovere gambe e braccia.
I have Battles in my life.

L'ultimo concerto della giornata sul main stage è affidato ai These New Puritans (voto: 4). Spenti come pochi e senza nessuna grinta si lasciano trasportare dall'inerzia di un live senza emozioni. Un'annoiata platea li guarda senza convinzione e non risponde nemmeno alle indie hits come Elvis e Numerology. Non è un live rock, non è un live elettronico. E' solo inerzia, e a noi non interessa. Peccato perché il disco lasciava intendere polvere di novità e brillantezza. Il live asettico dimostra che oltre a non aver voce Jack Barnett è pure stonato.

Chiude il FIBstart Dj Supermarket (voto: 5), tedesco che tanto faceva sperare e invece è stato un flop.
Diciamo che nel 2008 se davanti a 20mila persone metti su “Hey boy, hey girl” sei uno sfigato. La gente avrebbe ballato pure qualcosa di un po’ meno inflazionato.



DAY.2

Primo giorno ufficiale di festival.
Iniziamo la giornata con i South San Gabriel (voto: 7) al FiberFib.com che oggi debutta come palco. La band ci pone di fronte ad un rock atmosferico molto ricco e ricercato. I suoni sono ampi e si allargano perfettamente nel caldo pomeriggio di Benicassim. Lasciano una sensazione di completezza che rimane per tutta la giornata.

Giungono poi dall'Inghilterra, tre simpatici volti chiamati Metronomy (voto: 7). L'electro-pop a cui danno anima è un continuo gioco tra simpatiche coreografie (i tre suonano in linea di fronte alle proprie tastiere). L'attitudine easy & funny che predomina diverte tutti i presenti. Happy games for funny people.

Ma la band più chiacchierata della giornata è comunque quella di Doherty, i Babyshambles (voto: 8).
Rumors a parte, Doherty e compagni fanno la loro parte. Tenendo in considerazione che Pete, a volte, si dimentica le parole dei propri brani, questi inglesi non son così male come ci si immaginerebbe. Qualche momento di buon brit pop investe la folla che però, senza motivi apparenti o senza più voglia di parole parole parole, non partecipa come ci si aspetterebbe a inni generazionali come Albion e Fuck Forever.
Ma qualche fiamma da Albione brucia ancora. Ad ogni modo il loro show convince ancor di più di due anni fa (suonarono alle 18.40 sotto il cocente fiberfib.com, allora la band sembrava un po’ appannata).

Ci sono band che rimangono a galla grazie ai gossip attorno ai propri membri e band, invece, che riescono a trovare un peso e una posizione nella storia. Un pezzo di storia sono i New York Dolls (voto: 7).
Probabilmente vedere vecchi rocker con magliette corte ultra-aderenti strappa qualche sorriso ma, sorvolando sulla parte visiva, i NY Dolls tirano fuori l'anima che li ha resi celebri. C'è grinta, c'è rock'n'roll. Diametralmente opposti alla pessima figura fatta dai Sex Pistols in Italia, le bambole di NY riescono veramente ad ingannarci e a farci credere che ci sia ancora del rock e del punk con i controcoglioni. Il bello è che si divertono. Il bello è che ci divertiamo.

Ma la rivelazione della giornata e, forse, dell'intero festival sono gli Hot Chip (voto: 9). E lo si capisce da subito. In formazione completa, invadono il palco con un'elettronica colta e compatta: gran stuolo di tastiere, effetti e computer. I cinque inglesi intonano il primo pezzo (‘Out at the picture’, tratto dall’ultima fatica: Made in the Dark) e la folla è già in delirio. Sotto il tendone bianco manca l’aria, siamo sardine chiuse in una scatola che si muovono a ritmo di cassa e ballano, cantano senza sosta.
Alexis, il Woody Allen della musica internazionale, traccia melodie pop appiccicose e il pubblico non può che rispondere in modo entusiasta. I singoli Over And Over e Ready For The Floor incendiano i fan e non c'è cosa migliore di perdersi tra quei groove e la bellezza delle ragazze catturate da tutto ciò. La perla finale, in conclusione al live, è ciò che di tanto lieto e inaspettato nascondevamo nei nostri cuori sotto forma di speranza. Ma non sarebbe stato forse il caso di cedere agli Hot Chip il main stage!?

Gli headliners di questa seconda serata, sull'Escenario Verde, hanno un nome che nella scena alternative, oramai, pesa oro. E i My Bloody Valentine (voto: 8 ) valgono oro. Il noise, le distorsioni, il muro di suoni imprigionano il pubblico. E' come se ogni nota venisse riflessa su centinaia di specchi e si moltiplicasse, seguita di volta in volta da maree di rumori (nel senso più musicale del termine) che implodono su se stessi fino a formare colore.

A seguire, cattura il palco l'ex regina dei Moloko, Roisin Murphy (voto: 7). Che sul palco ci sia una prima donna affermata lo si capisce subito. Prepara per sè un vero show con tanto di guardaroba a bordo palco per cambiarsi e poter interpretare in maniera diversa i vari brani. Se i primi pezzi sono pulsazioni minimali, pian piano il suono diviene molto più house, molto più funky. Il cambiamento è apportato anche dai vari turnisti della band che arricchiscono un po' alla volta il palco. Roisin fa show: balla e si diverte nel giocare con le due coriste i membri del gruppo. Sfortunatamente, i brani più freschi ed estivi non decollano mai e non si rivelano all'altezza di quelli più ombrosi e drogati, dove la Murphy sembra viaggiarci perfettamente.

Ore 2.00: sua maestà Erol Alkan (voto: 8 ) sale in consolle e a differenza di due anni fa ci va giù pesante. Un set di due ore immersi in ipnotiche battute di cassa elettronica tecno-house che non lascia scampo. Non ci si ferma mai, si prede solo il respiro durante gli attimi in cui la cassa rallenta sino a sparire, il basso sibila sino a creare quella suspance che fa da preludio a un ritorno imponente di cassa in quarti e bassi profondi. Da notare il momento in cui il dj fondatore del Trash di Londra esce dalla consolle e abbraccia lo scanner che crea gli effetti laser sino a che la security lo ferma. Lui si scusa con loro e fa ripartire i bassi.


Sul palco Vodafone troviamo i Chromatics (voto: 5). La band si rivela come lo specchio della loro cantante: così bella e pura quando estrapolata dal palco, così monotona e banale on stage. Ruth Radelet si disegna nella mente un spazio di un metro nel quale per tutta la durata del live rimane a dondolare come una bambina dello zecchino d'oro. Un fatale ostacolo che li tiene legati alla mediocrità.

Stanchi ma ancora attivi arriviamo in tempo per assistere all’ultima mezzora di Mika (voto: 10). Che il venticinquenne di Beirut fosse bravo già lo sapevamo ma ci siamo mangiati le mani per non essere andati a vedere un suo live prima. Esplosivo, lucido, con una voce potente ed intonata, una coreografia da lasciare a bocca aperta e una gran band alle spalle. Goliardico show ispirato al circo condito di stelle filanti, coriandoli, mascotte vestite da coniglio stile superball americano, ballerine, coriste e chi più ne ha più ne metta. Probabilmente il miglior live del FIB 2008 con un valore aggiunto non da poco.

DAY.3

Nello stesso giorno si svolge il Saturday Night Fiber a Madrid e lo si nota. Il cartello di stasera è un po’ povero.
Il nostro giorno inizia con gli spagnoli Manos De Topo (voto: 7). Hanno dalla loro un nome orrendo e un suono davvero piacevole. Il loro pop d'autore ha una gran presa tra il pubblico di origine spagnola e ciò consente che ci sia un ottimo scambio palco-pubblico.

A seguire The Ting Tings (voto: 7). Il duo inglese sul palco ha una carica mostruosa e il fatto che siano solo in due, non pregiudica nulla. Jules De Martino (batteria) suona la chitarra tenendo il tempo con la cassa dritta e Katie White (voce-chitarra) che tra riff spudoratamente orecchiabili e melodie giocose salta da una parte all'altra del palco trascinando il microfono dal cavo arancione fluo. Non sono solo i singoli a far presa, ma quasi tutto il materiale estratto dal loro esordio. Anche l'unica ballata (definita come "l'unico brano lento dei Ting Tings" da loro stessi) ha una buona presa. Si balla e si sorride parecchio. Speriamo che riescano a raggiungere la maturità (musicale) necessaria nel loro prossimo disco.

Sull'Escenario Verde troviamo i The Brian Jonestown Massacre (voto: 5). Che sul palco il clima sia uno dei più scazzati della storia ci vuole poco a capirlo. Il cantante sbaglia lo stato in cui si trova (come fai a non sapere che ti hanno portato in Spagna?!?), si accende sigarette su sigarette accordando chitarre che non deve suonare, parla con amici del pubblico. La musica passa oggettivamente in secondo piano.

A seguire, i My Morning Jacket (voto: 8 ) decidono che è ora di suonare e far rock coi controcazzi e senza sbornie. Amplificatori al massimo e psichedelia pura. Un'invasione di ‘70s miscelato ad un ottimo hard-rock. C'è molta intelligenza in tutto ciò, e può solo fare piacere. Viene creato un mondo di suoni, quasi palpabile, che ondeggia sopra e in mezzo a noi.

Tricky (voto: 5). Ci aspettavamo molto da lui ma evidentemente ci sbagliavamo. Dopo un quarto d’ora di noia ci spostiamo nel main stage sperando che il live dei Kills (Voto: 5) ci faccia tornare il sorriso. Invece no. Prendete ciò che è stato detto a riguardo ai Ting Tings e invertite. I Kills come duo non reggono il palco. Ma ciò è determinato fortemente dalla mancanza della sezione ritmica (tutta in digitale). I riff e le voci sono quelli morbosi e taglienti che conosciamo ma su un tappeto di nulla mischiato ad un computer non prendono vita. Qualcuno dovrebbe spiegarci che senso ha fare un live rock utilizzando basi per batteria e tastiere, senza una band alle spalle. Banali ed insipidi.

Torniamo al palco Fiberfib.com mentre i Booka Shade (voto: 7) iniziano il loro live set. Energici, potenti e ricchi di suoni interessanti che fanno ballare e saltare, ma c’è qualcosa che manca.

Unica grande soddisfazione della serata: The Raconteurs (voto: 9). Sarà che in mezzo c’è lo zampino del genio di Jack White ma la band americana ha una forza esplosiva. Chitarre decise che martellano. Un tocco unico; il nervosismo degli assoli di White, la precisione di Brendan Benson, la possibilità di fare della fottuta musica (parola di Jack White). Are you steady now?

Incuriositi, seguiamo poi le vicende dello strano duo (è il tema del giorno?) Gnarls Barkley (voto: 7). Che l'apporto live di Danger Mouse sia limitatissimo è evidente da subito, come da subito è evidente che la band che li accompagna è veramente sopra la media e allo stesso tempo sopra le righe. Basti vedere i salti del tastierista per capirci. Ceelo ci mette quello che può finchè la voce c'è (perde molto col passare dei brani). Il ritmo funky è recuperato dal passato senza troppa innovazione e i brani che hanno devastato le classifiche come Crazy, mancano di qualcosa e suonano un po' troppo mosci ed omologati.
Pessima la cover dei Radiohead che ci propinano quasi a fine concerto. Non basta avere una bella voce per essere Thom Yorke, perchè Thom Yorke ha la voce di Thom Yorke. e basta.


DAY.4

La prima parte dell’ultimo giorno del festival la passiamo sotto il tendone bianco del Fiberfib.com. Oggi a differenza del giorno precedente il cartello non lascia un attimo di respiro.
Si inizia alle 18.40 con i National (voto: 7) che ci regalano da subito un' ottima musica. La loro miscela di Editors (Joy Division di conseguenza) e U2 non disturba così tanto (tranne per le pose del cantante). Il suono trova la miglior posizione quando riesce ad innervosirsi e a defibrillare tra i vari componenti.

A seguire i tanto aspettati Death cab for cutie (voto: 8 ). Tempo fa leggevo un articolo che presentava il loro sesto disco intitolato “La rivincita dei nerd”. Ma quali nerd? Per nulla impacciati o timidi i quattro di Washington capitanati da Ben Gibbard sanno suonare in modo strepitoso. La tecnica della scuola americana si vede: non una nota fuori posto, la voce di Ben senza sbavature. Nicholas Harmer al basso si muove benissimo. Lui e Nathan Good alla batteria si intendono perfettamente e sono una cosa sola. Ritmi dilatati dai suoni curati e misurati si alternano a ballate pop arricchite da splendide linee vocali.

Nota di merito, e sopratutto di rispetto, a Leonard Cohen (voto: 7) che nel caldo pomeriggio di Benicassim riesce a regalare blues, jazz, funk e pop d'autore. La sua collocazione in contemporanea ai Death Cab For Cutie, ci fa seguire solo gli ultimi venti minuti di pathos e gioia. L'ovazione finale è la dimostrazione d'amore che un pubblico dà ad un eroe e che un eroe dà al suo pubblico, compagno d'avventura. Grazie Leonard.

La sorpresa del giorno è il giovane Calvin Harris (voto: 8 ). La formula sulla carta è facile: prendi una band che sa suonare e sa divertirsi, produci brani a colpi di cassa dritta molte orecchiabili e salta come un matto. Harris si trasforma quasi in un Mc piuttosto che in un cantante, quasi in un dj a tratti. Le frasi ad effetto prima di ogni esplosione dei brani hanno un effetto devastante sulla folla che un po' stupita si trova a ballare, saltare e canticchiare come non mai. Non puoi non muoverti nelle versioni live di Merrymaking At My Place, Acceptable In The 80's e la conclusiva The Girls. Irresistibile.

Senza un attimo di respiro poco dopo toccherà ai Justice (voto: 9). Dilemma: nello stesso istante sul main stage sarebbe salito il magnifico Morrissey… la matematica aiuta la scelta a favore dei Justice (perdonaci Moz), che qui abbiamo visto solo due anni fa quando erano conosciuti solo per il loro remix dei Simian (Never be alone).
Il palco coperto da un muro di casse Marshall con al centro la consolle con la croce luminosa, il buio in pista, caldo, gente che si stringe sino a rendere il Fiberfib.com saturo. Ecco salire i due francesi. Croci costruite alla meglio spiccano in aria sulla gente. Lo spettacolo ha inizio.
Non siamo certi di quanto effettivamente sia stato suonato live e quanto invece il semplice djset, fatto sta che Gaspar e Xavier sono riusciti nel giro di qualche anno a consacrarsi mostri sacri di un genere che fonda le sue basi nell’electro-house / disco-punk percorrendo la strada iniziata dieci anni fa dai Daft Punk e ora così in voga.

Un po’ in colpa corriamo a seguire sul palco principale l’ultima parte del live di Morrissey (voto: 7). La sua voce è maestosa, intensa, immaginifica. Tutti aspettano soprattutto il repertorio de The Smiths, ma non si può solo vivere di passato.

Ci spostiamo nel palco Vodafone per il live di Yelle (voto: 8). French-pop di derivazione eighties davvero convincente. Julie Budet accompagnata da batteria e tastiere ha una voce decisa. Non troppo impegnative le sue canzoni ma sicuramente divertenti, senza pretese. Sul palco Julie con il suo vestito a paiette blu e le scarpe da ginnastica si muove bene, balla e fa ballare. E quando iniziano le note di “A cause des garçons” il pubblico intona il ritornello saltando. Una parte di pubblico resta comunque attonita e non approva lo spudorato pop maledettamente french, a volte troppo teenager.

Da una regina senza corte, corona e re ad un personaggio che è stato davvero la regina degli anni 80 dark. Siouxsie (Voto: 7) torna sul palco come solista e di classe ne ha davvero tanta. Oltre ad un incredibile energia e dinamismo, Siouxsie ha il rock e la malizia che le percuotono il colpo e lo show è denso di qualità.

A concludere la quattordicesima edizione del festival di Benicassim sull'Escenario Verde sono i Vive la fête (voto: 7). L'electropop della band ogni tanto decolla, ogni tanto rimane ancorato al palco e non raggiunge gli spettatori. La voce di Els Pynoo si dimostra la giusta combinazione tra Blondie ed una qualsiasi attrice delle commedie sexy italiane; erotismo, poca qualità e molto nervosismo vocale.
Il loro singolo storico Nuit Blanche non sconvolge affatto. Pensavo fosse amore, invece…


Il FIB rimane comunque sempre il FIB. Festoso, brillante, accogliente. C’è un pezzo di cuore che resta in questa lingua di terra baciata dal sole.

Mattia Barro & Andrea Alibardi

Nessun commento: