sabato 29 novembre 2008

RECENSIONE - Offlaga Disco Pax (Magnolia, 26.11.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

26-11-2008
Offlaga Disco Pax @ Magnolia, Segrate (MI)
E che ogni tanto bisogna schierarsi. Anche in Italia. E allora ci schieriamo dalla parte della musica e della scrittura e andiamo a vedere gli (attivisti) Offlaga Disco Pax. E' stancante essere sempre campanilisti in qualsiasi forma.

Gli Offlaga Disco Pax raddoppiano sul palco e, accompagnati dal trio d'archi Ginko Narayana, affrontano un'altra tournée, come se i 250 (e rotti) concerti precedenti sia stati troppo pochi per farsi ascoltare.

Un'ora e mezza, forse più, di fiato sospeso di un pubblico che si accende nei momenti d'apice politici come in Sensibile o di congratulazioni come in Dove ho messo la golf?. Perché lo spoken-word degli Offlaga è una forte orazione, quasi Popolare e di comizio.

Il nuovo approccio musicale, portato dal trio d'archi, aumenta la NEOsensibilità del gruppo emiliano e il silenzio contemplativo rispettoso del pubblico rende quasi surreale la location. Il tempo si ferma, lo spazio non muta, e si rimane sospesi.

Che tra lanci di Tatranky e Cinnamon, tra i ringraziamenti sentiti di Max Collini verso pubblico e addetti ai lavori, tra le basi elettroniche e i nervosismi-e-virtuosismi degli archi, qualcosa in più nell'aria si crea. Un comizio anni '80 tra elettori conquistati.

Usciti dalle urne andateli a vedere, qualsiasi credo politico abbiate. Uno spettacolo che non è facile da trovare e che non ritroverete. Ci son ancora belle storie da sentire. Presenti, future e passate.

Mattia Barro

RECENSIONE - Le Luci Della Centrale Elettrica (Magnolia,19.11.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

19-11-2008
Le Luci Della Centrale Elettrica @ Magnolia, Segrate (MI)
Che, probabilmente, Vasco Brondi abbia fatto il disco italiano dell'anno è quasi certo. Che, probabilmente, Vasco Brondi renda al massimo dal vivo è quasi certo. Certezze a parte, il progetto Le Luci Della Centrale Elettrica live si allarga aggiungendo Daniela al violoncello (che si affianca all'ormai sempre presente Giorgio Canali) e trova nuovi spunti, nuovi atmosfere e nuovi nervi scoperti da toccare.

Il carisma di Vasco è un valore a sé. Con la sua voce cammina sul filo sottile del cantato-parlato e spesso sfocia in un qualche genere di spoken word. Le aggiunte al nuovo live set si manifestano nei vari brevi reading che intervallano alcuni brani (con la tensione sempre mantenuta alta dal sottofondo musicale) e che ci riportano più a quelle Luci che si erano fatte amare per il blog e che forse, proprio in quel campo, trovano la loro maggior forza.

Le parti vocali ora vengono, in alcuni episodi, giocate e scambiate tra Brondi e Canali aprendo ancora di più lo scenario dell'immaginario creatosi. Pura tensione. Il pathos esce da ogni singola esecuzione anche se ora si predilige un aspetto più armonioso ad uno meno spigoloso (vengono tolte molte 'urla' rispetto al disco) e si completa con il brano conclusivo dove vengono di colpo spenti tutti gli amplificatori e Vasco, in piedi al limite del palco, strimpella e canta, quasi in uno sfogo personale. Emozione.

Mattia Barro

mercoledì 26 novembre 2008

INTERVISTA - Milosh

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT


Interview: Milosh
Incontriamo Milosh (accompagnato dal fido chitarrista Paul Pfisterer) alla Casa 139, appena finito il suo soundcheck. Ci sediamo e ordiniamo solo birra italiana, come loro desiderano. Accendiamo il registratore e ci inoltriamo in un percorso, a tratti psicologico, alla scoperta dell'intimo produttore canadese.

I-R : Qualche tratto generale per conoscerti: che musica ascolti solitamente?

Milosh: Vecchio folk, cose come Neil Young. Mi piacciono i Pink Floyd e ascolto molta musica classica. Seguo anche alcune etichette elettroniche, apprezzo molto i Telefon Tel Aviv...

I-R: hai anche collaborato con Josh Eustis dei Telefon Tel Aviv in questo disco, giusto?

M: Si, si è occupato del mixaggio e del mastering dell'album. Siamo buoni amici, parliamo spesso.

I-R: Puoi dirmi un nome di un'artista emergente che apprezzi molto?

M: Non è emergente, ma ultimamente ascolto molto Apparat, penso che abbia fatto davvero un bell'album...

I-R: Dato che hai citato Apparat, apprezzi anche la sua amica Ellen Allien?

M: Non conosco molto la musica della Allien, ma ciò che ho sentito mi piace, suona bene. Per tornare su chi ascolto, amo il nuovo disco di Dntel, un'artista di Los Angeles che ha lavorato anche nella mia stessa etichetta (Plug Research). L'avete sentito? E' folk contaminato dall'elettronica, è sorprendente. E' il mio disco preferito di questo periodo.

I-R: Ho letto che hai iniziato a suonare il violoncello quand'eri giovanissimo, addirittura a 3 anni. Quanto è stato importante questo evento? Come mai hai iniziato con quello strumento?

M: Sì, è stato chiaramente un evento fondamentale per me. Ho iniziato grazie a mio padre, lui suona il violino. Suonavamo insieme spesso, poi iniziai con il conservatorio e qualche piccola orchestra. Amo il suono del violoncello, lo trovo decisamente melodico. E' molto simile alla voce umana, a quella di un tenore.

I-R: Spazi tra Neil Young, musica classica, Apparat e ciò si rispecchia molto nella tua musica. Quanto serve, secondo te, avere un'ampia cultura musicale?

M: Credo sia veramente veramente veramente importante. Bisogna sentire qualsiasi cosa. Puoi trarre idee dalle ritmiche della techno, melodie dalla pop music e dall'elettronica puoi trovare interessanti modi di lavorare il suono da poter poi utilizzare per la tua propria musica. L'opportunità di avere una mente aperta può portare a dare diversi sapori alla musica che fai.

I-R: Recensendo il tuo disco ("iii"), ho scelto, per definirlo, termini come 'Primo Amore', 'Intimità'. Tu che emozioni ci hai messo li dentro?

M: Ho messo ogni mia emozione in quel disco. Cerco sempre di scrivere canzoni che siano molto personali e intime. Tutti i miei brani parlano di esperienze che son accadute a me. Parlando di eventi ed emozioni condivisibili, la gente può, in un qualche modo, connettersi a ciò. Credo che questa sia la cosa più importante del fare musica.

I-R: Come sei cambiato e come è cambiata la tua musica dalle tue prime produzioni?

M: Personalmente, ho avuto due relazioni che son finite.

I-R: Oh...

M: ...capita. Comunque, ho registrato l'ultimo disco in Thailandia mentre il primo l'avevo registrato il Polonia. Ho viaggiato, e viaggio ancora, parecchio, scoprendo e conoscendo molte altre culture. Musicalmente son diventato un po' più pignolo riguardo alla scelta dei singoli suoni. Nel primo disco non riuscivo ad avere un controllo così preciso su ciò che volevo fare mentre, in quest'ultimo, avevo idee ben precise. Con l'introduzione della chitarra ho reso meno elettronica la mia musica. Questo è, probabilmente, il cambiamento più grande: è il percorso che in futuro voglio seguire. Credo sia una buona risposta, no?

(sorrisi vari)

I-R: Come ti trovi a viaggiare cosi spesso?

M: Viaggiare è difficile perché suonando è un continuo spostarsi: Londra-Milano-Berlino, aerei-treni-macchine. La parte più stressante è svegliarsi alle 4 del mattino per prendere l'aereo alle 6 per arrivare alle 10 ed essere in uno show radiofonico alle 11. è tutto un ta-ta-ta-ta, sai, senza sosta. E sei sempre stanco...

Paul Pfisterer (chitarrista che segue in tour Milosh): ...e con la barba incolta.

(risate)

I-R: In una tua intervista hai definito la tua musica come una fotografia della vita. Come descriveresti questa fotografia se dovessi solamente usare le parole e non la musica?

M: Uhm... Credo che la definerei: Abbastanza bella. Ci son cose positive, altre meno, ed altre totalmente negative. C'è dentro la gente che incontri. Direi che è come la mia vita: abbastanza buona [definita proprio "Pretty good", ndr]. So che la mia musica spesso suona molto triste, ma sai, la tristezza è così bella. Non credo che la tristezza sia una sensazione negativa, anzi, penso che sia veramente bellissima. Magnifica.

I-R: In una tua dichiarazione sostenevi che nella tua musica cerchi il giusto compromesso tra tecnologia ed anima. Credo che il punto di unione sia la tua voce, trasmette la tua anima anche attraverso le varie lavorazioni che compi su di essa. Pensi che quel legame sia mantenuto dalla voce?

M: Per me la voce è uno strumento, è importantissima, soprattutto in chiave live. Ciò che cerco, però, è il giusto bilanciamento tra i suoni. La chiave sta nel bilanciamento. Ogni suono deve perfettamente amalgamarsi con gli altri fino a creare una perfetta armonia.

I-R: Qual'è il processo di lavorazione delle tue canzoni?

M: Ah, quello è sempre diverso. Cerco di non limitarmi mai e di non incanalarmi in un'unica strada per sviluppare un brano. A volte parto da un beat che suona bene o suonando dalla tastiera. A volte parto da una linea melodica. Non ho una sola via di sviluppo. Voglio divertirmi a far musica.

I-R: Cosa provi prima-durante-dopo un concerto?

P & M: Questa è una buona domanda. Ah.

M: Come ti senti te Paul prima di un live?

P: Nervoso. Ma non è una sensazione negativa. E' quel nervosismo che fa si che l'emozione e la carica giusta rimangano in te per farti fare un buono show.

I-R: Quindi tendete ad essere nervosi?

M: Sì, decisamente. Ma è un buon nervosismo. Come quando devi baciare per la prima volta una ragazza. Il momento prima sei nervoso anche se sai che sarà stupendo ed emozionante. Ed è lo stesso quando suoni. In più, quando sali sul palco, non ci sei solo più te con i tuoi sentimenti, ma un reciproco scambio con il pubblico che ti sta ascoltando ed è come un continuo movimento di emozioni all'interno di uno stesso ambiente. E' importante creare un rapporto. Quando finisce il live, invece, siamo quasi sempre un po' dubbiosi sulla nostra performance e pensiamo cose tipo "potevamo far meglio", "abbiamo suonato di merda", ma invece, un paio d'ore dopo iniziamo ad apprezzare e a dire "ah, abbiamo suonato bene", "è stato un bel live, divertente".

P: Il live dipende sia dal pubblico che da chi suona. E' un rapporto inscindibile. Il pubblico diventa parte dello show. A volte suoni meglio, a volte peggio...

M: E' una questione di Esserci. Esserci in quel momento. Essere presenti. Ci sei te e c'è il pubblico: questo è il bello. Come diceva Paul, a volte canti meglio, a volte suoni peggio, non è ciò che importa. Tutto dipende da il rapporto che si è instaurato con l'audience.

I-R: Qual'è la tua opinione riguardo alla diffusione della musica in internet?

M: Ne sono affascinato. Personalmente, mi piace come la gente possa parteciparvi e, ad esempio, possa cercare la mia musica, vedere dove suono, contattarmi. Devo molto ad internet. Credo che 10-15 anni fa era tutta una questione di mainstream, di pop, di majors. Internet ha riportato la musica al suo stato di creatività. Negli anni '60 prima c'era la musica e l'arte e poi l'immagine. Ultimamente con tutte queste Britney Spears la situazione stava degenerando. Ora, invece, puoi decidere cosa ascoltare, chi ascoltare, trovare nuovi artisti. Acculturarti. Credo che internet abbia davvero un potere enorme.

I-R: Spostiamoci in una sfera più personale. 'Remember The Good Things' è il titolo di una tua canzone (dall'ultimo disco). Qual'è la prima bella cosa che ricordi della tua vita musicale e della tua vita in generale?

M: Uhm...

P: Un'intervista tosta, eh?

M: Si, decisamente dura. Partiamo con la musica. Il primo ricordo si rifà a quando avevo 16 anni e ho suonato la batteria davanti a 3000 persone. E' stato fantastico. Ed è ciò che poi, quando ho iniziato la mia carriera, mi è sempre piaciuto provare. Il sapore dei live show. Un altro ottimo ricordo è stato quando ho firmato per la Plug Research e ho potuto così pubblicare i miei dischi e farli sentire ad un maggior numero di persone. Son contento che mi abbiano dato questa possibilità.

I-R: E personalmente?

M: Ce ne sono parecchie. Il periodo scolastico è stato fantastico. Sono andato ad una scuola eccezionale, una scuola d'arte. Mi ha lasciato molto. Cos'altro... Il mio primo bacio con una ragazza è stato figo, la prima volta che l'ho fatto è stato figo...

I-R: Diciamo le prime volte in generale quindi?

M: Si si, giustissimo. Le prime volte ti lasciano qualcosa dentro, sempre.

I-R: Qual'è la cosa più importante nella tua vita?

M: Ah, un'intervista difficilissima.

P: Da psicologo...

M: Allora mi sa che scoppio a piangere

(risate)

M: La cosa più importante per me, credo sia essere una brava persona. Far sentire le persone meglio, anche solo in parte. C'è tanta musica arrabbiata o dance music/drug music, io, invece, voglio fare musica che lasci qualcosa di bellissimo. Poi credo che sia davvero importante l'ambiente. Impegnarsi a salvaguardare il mondo in cui siamo coinvolti con le scelte che si fanno: cosa mangi, come vivi, con che mezzi ti sposti. Ad esempio, noi andiamo in bicicletta il massimo che possiamo. Ci son tante piccole cose che ognuno di noi può fare per cercare di migliorare il nostro ambiente. Fare la scelta migliore ogni volta che c'è la possibilità: credo sia questo ciò che è davvero importante. Ora in tournée dobbiamo spostarci spesso in aereo e questo non è il massimo. Infatti per spostarci in Europa eviteremo gli aerei e ci sposteremo con mezzi decisamente meno inquinanti.

I-R: Per esempio, i Radiohead utilizzano navi per i loro spostamenti.

M: E' un piccolo, ma importante cambiamento: cercare di portare il minimo disagio al mondo. Ritengo altrettanto rilevante la questione Cibo. Meglio prediligere cibi organici rispetto agli Ogm, meglio comprare ciò che c'è nei mercati di Montreal rispetto a quello che arriva direttamente dalle industrie. Privilegiare ciò che è locale così da evitare l'inquinamento derivante dal trasporto di esso. E' davvero importante. E' stata una domanda davvero difficile, ma credo di aver dato una buona risposta, no?

I-R: Certo. Questo discorso mi ha fatto venire in mente i Sigur Ros, tornando anche a parlare di musica che cerca di portare buone sensazioni. Che ne pensi di loro?

M: Li ammiro molto. Li ho visti ad un festival in Irlanda e penso che facciano davvero della musica grandiosa. E' ciò che serve alle persone. Non quelle cazzate che passano in tv, tipo 50 Cent, donne, sesso, diventa ricco o muori provandoci. Quelle son stronzate. Penso ci siano davvero emozioni Stupide dentro. Non è il mondo che viviamo, non è ciò di cui ha bisogno il mondo.

I-R: La cosa più importante che hai imparato nella tua vita?

M: L'idea di essere presenti. Non nasconderti o progettare il tuo futuro. Essere presente. Quando fai musica, quando parli con la gente, quando fai l'amore. Esserci. La cosa migliore che tu possa fare è vivere il momento. Sto andando bene in queste domande difficile. (ride)

I-R: Hai parlato di essere presente, quale pensi sia il tuo ruolo nella musica, nell'arte?

M: Non penso sia importante pensare ad il proprio ruolo. Io cerco di essere onesto, onesto nella musica che faccio e nella vita. Provare a fare ciò che ritengo importante per me. Divertirmi a far musica e trovarmici a mio agio. Non cercare di fare qualcosa per qualcuno per forza. Essere una buona persona che crede in sé e che cerca di regalare emozioni. Potrei dire di sentirmi quasi come un cantautore, per quanto la mia musica sia abbastanza lontana da questi canoni.

I-R: Dato che abbiamo ancora un po' di tempo, torniamo a parlare della tua musica. Campioni molti? Ad esempio suoni dalla natura, effetti tratti dall'ambiente che ti circonda?

M: Nel primo disco ho campionato molte cose: io che suonavo il bongo della mia ragazza, io e lei che ci baciavamo, bottiglie, cose così. Mi piace registrare il pianoforte mentre lo suono in una stanza, così da salvare la sensazione che si viene a creare mentre suono quelle note. Rende tutto più intimo e personale. Amo anche i synth e i software; è fantastico poter far musica ovunque e sempre.

Finiamo l'intervista con un enorme sensazione di benessere, e Milosh e Paul ci invitano a cenare con loro. Dopo il live ci chiedono se possiamo portarli a far vedere un po' Milano e ce li portiamo dietro prima al Rocket a sentire i Sexual Earthquake Of Kobe (che apprezzano molto e per cui Paul spende tutti i suoi soldi in merchandising), poi ai Magazzini Generali e infine a mangiare brioches con nutella ad un forno. Dire di aver conosciuto due persone squisite, sarebbe riduttivo.

Recuperiamo solo in un dialogo di una notte divertente ed intensa.

M: io non credo in Dio.

I-R: volevo farti questa domanda all'intervista, ma mi sembrava troppo personale...

M: No no, dovevi farla. E' importante questo discorso. Io non condanno chi crede in Dio, assolutamente, ma condanno la Chiesa. Gli sprechi, i vantaggi tratti dall'ingenuità delle persone, i lussi per una religione che si fonda sull'umiltà.

I-R: Pensa che in Italia, con lo Stato Vaticano a due passi, siamo praticamente in balia del clero ancora adesso, nel 2008. Ciò che viene detto dalla Chiesa è ciò che dobbiamo fare, praticamente. Immagina solo questo.

M: Incredibile...


Mattia Barro con la collaborazione di Roberto Grosso Sategna

RECENSIONE - Sexual Earthquake In Kobe (29.10.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

Sexual Earthquake In Kobe @ Rocket, Milano
Uscire dall'incredibile emotività di Milosh e infilarsi al Rocket, nella stessa sera, è impresa ardua. Di scena, al Rocket, i francesi Sexual Earthquake In Kobe, giovane band nu-rave.

Si passa dal blu e rosso diffuso della Casa, alle strobo epilettiche che accompagnano i ritmi scatenati dei cugini d'oltralpe. Giovani e veramente nerd, sul palco, si trasformano in Psycho Killers. Basso, voce e tastiere e con ingegnere del suono a seguito. Ritmi forsennati, tastiere fluo e riff di basso sporchi. Una perfetta combinazione di suoni homemade.

Si sente decisamente troppo spesso, però, quel suono tipico francese, in italiano traducibile con 'tamarro'. Spesso i loro fratelli grandi, i Justice, appaiono qua e la come spesso appaiono i cugini Crookers, con tutta la nuova scena da clubbin' al seguito, in particolare quando la band cerca un approccio più dance-club e meno rock.

In evidenza la sezione visual, grazie alla proiezione in contemporanea dello stesso live con effetti deformanti. Il pubblico, comunque un po' scettico sul livello di rumore prodotto, rimane molto ancorato al pavimento, senza lasciarsi andare.

La forza dei SEIK è, chiaramente, l'energia e la spigliatezza on stage e forse, con una risposta maggiore del pubblico, l'atmosfera sarebbe potuta esplodere o, quantomeno, generare un terremoto sessuale a Milano. Peccato.

A show concluso, il classico banchetto della band mostra una varietà incredibile di copertine con cui viene incartato il disco-ep dei SEIK (tutto fatto a mano con materiale di riviste, giornali, confezioni) che, oltretutto, è venduto ad offerta libera.

Un gruppo da tenere in considerazione e da riosservare e riascoltare tra un pizzico di maturità in più.

Mattia Barro

lunedì 24 novembre 2008

"Bisturi, tampone, divaricatore, bistruri, tampone, complicazioni, bisturi, tampone" - SDVQ-

E lei era sotto i ferri mentre io ero ai ferri corti con la vita.
Vorrei salvarti, ma non posso. Come la masturbazione ed il sesso. I miei rapporti asettici come la sala operatoria dove giaci e conti alla rovescia per dar tempo all'anestesia di portarti via.
10.
E non c'è rumore più raccapricciante dei guanti che vengono indossati.
9.
E puoi sentire solo il freddo. Delle emozioni, del dolore, del metallo.
8.
E della morte. Che canta la ninna nanna.
7.
Sentirsi vegetali con un tubo in gola. Un tubo in gola. Hai un tubo in gola.
6.
Sei un po' stanca vero?
Ti lascio dormire.


I rosari nelle mani dei parenti lasciano stigmati. Ma non è Dio, ma la forza di crederci sempre.
Dio sbadiglia della routine.
Ti nutriranno in flebo. Poi con pappette. Odierai lo spreco egoista dell'anoressia.
"Sei incinta?"
"Sei sicura di non essere incinta?"

Bisturi, tampone, divaricatore, bistruri, tampone, complicazioni, bisturi, tampone.


Mattia Barro

"Ora che inizi a lavorare a tempo pieno" -SDVQ-

E ora che inizi a lavorare a tempo pieno devo capire come occupare attimi, case, scuole, palazzine abusive. Calpesto i tuoi piedi di piombo senza che tu possa sentire me o i Tv On The Radio. Diminuiranno scopate e nottate a parlare come adolescenti: siamo già vecchi.
Muro contro muro è solo claustrofobia.
Milano contro Milano.
Son salito in macchina e son sceso al primo allarme perchè è tutto così scontato che sembra già periodi di saldi o periodi di Natale che gli abbondanti ipermercati già trasmettano Jingle Bells. Son sceso al primo verso. Ho imprecato verso te.
E ora che inizi a lavorare a tempo pieno devo capire come occupare attimi, case, scuole, penitenziari stracolmi. Sindaco di sto beneamato cazzo. Sindaco di sto beneamato cazzo.
Mi han chiamato e detto di ubriacarmi mi han chiamato e detto di ubriacarmi mi han chiamato e mi han chiesto da quanto è che non bevo e mi han detto di ubriacarmi. Il gomito si eleva. Il tasso alcolico si eleva. This wil be my next saturday baby. Sto morendo di riff anoressici e della tua voglia asettica di strapparmi il cuore. Te lo volevo dare senza tutte queste sale operatorie affittate o camici o guanti in lattice o latte in polvere. Ma preferisci prenderlo perchè non ti è dato, come il sesso a prostitute. Come il sesso.
C'è scritto di non spingere il tasto rosso e ti ci sei seduta sopra con tanta noia che ti ho detto "dato che ci sei sputaci anche sopra no?". Hai detto "Oggi voglio litigare", ti ho detto "non puntualizzare il momento". Avverbi di tempo con perturbazioni su tutta la penisola. I crolli a picco delle nostre azioni, delle nostre azioni e dei gradi centigradi. Gradi centigradi. - 2 gradi centigradi. Fa un freddo del cazzo e non ho una giacca pesante per coprire le ferite che mi hai aperto sulle braccia. Che ora sembro un tossicodipendente. Un eroinomane. E tu ti senti un'eroina. E non riesco a comprarti nemmeno con i soldi che mi son fatto dando via culo ed anima. Ed anima.
Mi hai detto che è normale essere freddi a questa temperatura. Io ho detto che è normale essere stronzi. Non ci troveremo mai d'accordo. Ci stan rubando tutto. Emozioni, sensazioni, opere d'arte. Anche la lettera M cazzo. Che il nostro a_ore sarà a_ore per se_pre. A_ore per se_pre.


Mattia Barro

martedì 11 novembre 2008

"Occupato. Spazio" - SDVQ

Ti respiro addosso. E non c'è contatto. Cazzo. Non c'è contatto.
Il contrasto delle nostre ombre sul muro perchè fuori, si, c'è luce, ma è nuvolo da far schifo. Le mie mani scorrono sul tuo freddo carbonio.
Muro contro muro.
Gelo contro gelo.
Me contro me.
Te contro me.
E ti respiro addosso, quasi. Il tuo corpo, per quanto sia sinuoso, è dannatamente rigido. Occupi spazio. Sai, occupi. Spazio. Occupi. Spazio.

OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO. OCCUPI SPAZIO.


Il gelo canta brani commerciali. Fottute sigle pubblicitarie.


-Stralci di Vita Quotidina-
Mattia Barro

lunedì 10 novembre 2008

"E gli eventi" - SDVQ

E mi alzo con un mal di testa tremendo a causa del tuo zampettare tra i tasti che sei sveglia da un po' ed è tutto un tictactactictac che le mie tempie pompano benzina a 1,4 €/l, come le prostitute. Rumene e per lo più minorenni.
Tu dici "i miei capelli sono uno schifo" e io metto su il caffè che lasceremo raffreddare e che porteremo alle nostre bocche freddo ed amaro. E americano. USA. Mischialo alla mia personalità. Shakera.
Le tue gambe son così magre e le tue labbra così all'ingiù che mi ricordi la bambina con in mano il cartello "non o familia aiuta me" che ho superato ieri, sbadigliando e con l'ipod al massimo. Siamo anestetizzati dalla pietà, dalla violenza, dalla sofferenza, dalla sofferenza, dalla sofferenza e dalle operazioni a cuore aperto. Medici della mutua. Mute subacquee per uscire da sto mare di merda.
E sei pallida. Cazzo se lo sei. Da spaventarmi.
Ti faccio mangiare.
Ti faccio bere.
Ti faccio coraggio.
Tictictictictictictictactactactactactactictictactactictictactactictictactactactictictaccc.
Ti passo la mano tra i capelli come per dirti "stai tranquilla, ci sono io" e vorrei che dicessi "grazie", ma dici "ho dei capelli orrendi ora".
Ma non staresti bene con il segno della mia mano sul tuo viso pallido. Pallido da spaventarmi.
E gli eventi e gli eventi e gli eventi, dicono che mi salveranno. Come nei videogiochi ai save points. Ma la memory card è piena.
Cazzo.
Mi chiama e dice "Ne uscirai, ne uscirai, ne uscirai", chiedo come. "Ne uscirai", dice.

RECENSIONE - Milosh (29.10.08)

PUBBLICATA SU INDIE-ROCK.IT

29-10-2008
Milosh @ La Casa 139, Milano
Luci basse, prevalentemente un rosso diffuso, o un blu, sedie e tavolini sotto il palco. Qualche birra a metà. La Casa 139 si veste d'intimità per la messa in scena dell'unica data italiana del canadese Milosh.

Ad aprire, i Noise Under Dreaming. Suonano un rock strumentale senza la partecipazione del basso che, almeno secondo noi, sarebbe fondamentale, soprattutto in questo genere. Manca qualcosa nelle loro atmosfere e, forse, l'abbiamo già trovata.

Presentazione minimale, invece, per Milosh, che si circonda solo di tastiera, Macintosh e loop station per la voce, accompagnato sul palco dal chitarrista canadese Paul Pfisterer.

E' sarà proprio l'uso dei loop sulla voce a ricreare quelle oniriche rappresentazioni sonore che contraddistinguono le produzioni di Milosh e ad arricchire il minimale approccio strumentale. La componente elettronica lascia maggiore spazio alla componente acustica producendo un maggiore impatto emotivo e riservato. Il connubio voce-chitarra si fa padrone dell'intero live, mostrando le enormi capacità vocali di Mike Milosh, vero valore aggiunto.

E più che di canzoni suonate, bisognerebbe parlare di emozioni evocate, di colori tenui, di autunni e primavere. Perchè un concerto di Milosh è prevalentemente questo: cercare di migliorare l'umore delle persone, tinteggiarlo. Un'ora di benessere ed intense sensazioni.

Mattia Barro

domenica 2 novembre 2008

INTERVISTA - The Banshee

Pubblicata su
INDIE-ROCK.IT



Interview: Banshee
Raggiungiamo tramite MySpace i Banshee (in particolare Jago, voce chitarra, e Nico, chitarra) per una chiacchierata, dopo che la band ligure ha pubblicato l'album 'Your Nice Habits' e dopo le recenti tappe live a Londra e nel sud Italia.

Indie-Rock.it: Iniziamo con qualcosa di facile: una parola per definire i Banshee. :

Banshee: Estremi.

I-R: Il vostro nome riporta subito alla mente la scena new wave degli anni '80. Secondo voi, quanto è stato importante quel periodo storico nella storia della musica e quanto è stato influente per la vostra musica?

B: Mi diverte l'aspetto sperimentale ed eversivo della new wave. Non solo nella musica, ma anche nella letteratura e nel cinema. Ritengo che sia stato molto importante come periodo storico e sinceramente vorrei averlo vissuto!

I-R: Che musica ascoltate?

B: Death metal.

I-R: Segnalate gli artisti che, su di voi, hanno ed hanno avuto una forte influenza e un'artista/band emergente che vi ha interessato. Perché tale scelta?

B: Forse una delle band che da anni e tutt'ora ho come riferimento sono i Radiohead, penso che abbiano creato qualcosa di veramente nuovo e che molti dei loro dischi siano tra i migliori della mia 'collezione'. Un artista emergente che ci ha stuzzicato parecchio ultimamente è White Williams, giovane solista newyorkese che ha recentemente pubblicato il suo esordio, credo che abbia sonorità e idee geniali.

I-R: Quale è stato l'evento che vi ha portato ad iniziare a suonare, sia singolarmente che poi con il nome di Banshee?

B: Ne parlavo in questi giorni, è difficile identificare un momento, credo che per tutti noi i sabati pomeriggio da teenagers al Fitzcarraldo di Genova abbiano significato molto all'epoca, peccato che ora sia chiuso da anni.

I-R: Come i Port-Royal (altra band riconosciuta a livello internazionale), venite da Genova. Quanta importanza date alla vostra città? Com'è la scena?

B: La scena è scarsina anche se ci sono diverse band che fanno ottimi dischi, direi che, collegandomi al discorso di prima, il problema di Genova sta proprio nel fatto che adesso un 13enne non ha più un Fitzcarraldo dove andare. In realtà neanche io ho un posto dove andare e non ho più 13 anni, da noi si dice così: 'a letto senza scena'.

I-R: Vi ho visti la scorsa primavera al Gasoline e mi avevate colpito per il forte impatto dell'esibizione. Che valore ha per voi la dimensione live e quale sensazioni provate quando accende gli amplificatori di fronte al pubblico? Soprattutto considerando i vostri brani che sembrano dipendere molto dalla stretta relazione pubblico-palco-disco.

B: La dimensione live è tutto per noi, è l'inizio e la fine di tutto, la sensazione di suonare i propri pezzi davanti ad un pubblico e riuscire a coinvolgerlo nella nostra delirante messinscena é impagabile. Ti fa venire voglia di fare migliaia di chilometri in furgone alla settimana sulle autostrade italiane, mi spiego?

I-R: Che sensazioni avete provato nel vedervi nominare dall'NME, una delle testate più importanti del genere? A proposito, come siete stati accolti dal pubblico londinese nei vostri recenti live anglosassani?

B: Quando ho visto l'NME, la prima cosa che ho pensato è stata: "No, dai! E' chiaramente un fotomontaggio!" poi ho cominciato a barcollare e sono svenuto sul pavimento... I live in UK sono comunque sempre un gran divertimento, il pubblico là è fantastico e si conosce sempre gente interessante con cui confrontarsi, parlare... Molto stimolante.

I-R: Unendo l'Inghilterra e il vostro ultimo disco, come è nata la collaborazione Luke Smith? Come vi siete trovati ad affrontare un lavoro che già sulla carta sarebbe stato di respiro internazionale?

B: Abbiamo cercato noi Luke, era il primo della lista per i produttori di 'Your Nice Habits', l'unico che abbiamo contattato perché ha accettato subito. Lui è un grande, proprio simpatico, oltre che essere un produttore geniale e un'ottima persona con cui lavorare. Tutto è venuto da sé comunque, ci siamo trovati benissimo fin da subito, dalle prime telefonate alle giornate in sala prove per poi finire in studio a lavorare a ritmi serratissimi ma con grande tranquillità ed entusiasmo. Ora è New York, al lavoro per i Depeche Mode. Però se non avesse registrato un disco per noi, non so se Dave Gahan & Co. lo avrebbero preso, eh!?

I-R: Continuando a parlare del vostro ultimo lavoro, quali riscontri avete avuto tra pubblico e critica? Come pensate che si sia evoluto il vostro percorso sonoro?

B: Devo dire che i riscontri sono ottimi, meglio di quanto mi aspettassi, sia dalla critica che dal pubblico. Il discorso dell'evoluzione sonora è complicato e ovviamente in atto continuamente, ora stiamo sperimentando molto, abbiamo scritto pezzi con computer e campionatori, vedremo che ne verrà fuori, al momento so solo che c'è una grande spinta creativa, non so dove ci porterà di preciso ma va bene così!

I-R: Cosa vi ha lasciato 'Public Talks' a livello personale? :

B: Cosa ho lascio io a livello personale, vorrai dire?! Pensa che avevo una relazione con Heidi Klum, solo che suonavo moltissimo e non ci riuscivamo mai a vedere!

I-R: Italianità e musica. Come si rispecchia l'essere musicisti nel vostro quotidiano? C'è maggior interesse da parte della gente o siamo ancora in uno stato dove essere musicisti equivale ad essere "perditempo" e "bamboccioni" [citando chi può permettersi di perder tempo sul serio, ndr]?

B: Mia madre mi considera un perditempo e così molte altre persone, in realtà l'idea di poter fare solamente i musicisti è utopica almeno in Italia, è ovvio che se capiterà ne saremo ben contenti, per ora stiamo coi piedi per terra e ci teniamo aperte altre strade.

I-R: Facendovi un'intervista tramite e-mail e avendovi contattato tramite MySpace, quest'ultima domanda sorge spontanea. Quanto è importante la dimensione web nella vostra musica e nella vostra vita?

B: E' importante ma non totalizzante, ovviamente il web ci serve e ci aiuta moltissimo, ma non siamo tipi da passare le giornate su MySpace o Facebook, ci piace fare altre cose, inoltre con tutte le cose che abbiamo da fare, non abbiamo veramente tempo per abusarne.

I-R: Se volete concludere con una libera dichiarazione...

B: La libertà sta nel non dire nulla, a volte.

Mattia Barro