giovedì 18 novembre 2010

"Tu che poi giochi a shangai con le mie ossa"

A volte poi ti ricordi come si sorride e lo fai quasi nascondendoti da me, che è passato tanto, troppo tempo oramai, da quando ti ho vista ridere. e deridermi.
I giorni passano come i treni sopra i miei piedi che non ho nemmeno più le forze per bestemmiare e basterebbe iniziare a rassegnare le dimissioni di missione in missione. Missionaria di popoli sottosviluppati come il mio senso del pudore che quanto ti dico t'amo tu mi dici sono le otto e mi ostino a prenderla con ironia anche quando il destino è di prenderla in un'altra via in un'altra vita.
Quando poi sono diventato dottore ti ho prescritto una trasfusione del mio sangue per farti essere immune ma lo eri di già, e si son spiegate tante cose che ho preso appunti e ho preso a pugni il muro e in ospedale i punti che posso dire in giro di essere un duro mentre mi prendono in giro di sicuro.
Tu che poi giochi a shangai con le mie ossa e chiunque possa uscirne vivo dovrebbe insegnarmi come si fa.
Non c'è né la matitina, né le notifiche che spuntano come brufoli. Persa nell'etere e nell'entroterra italico che ci schiaccia le dita come le portiere delle auto in doppia fila sotto casa, che quando ti aspettavano davanti, siamo entrati da dietro. Comunque non ti trovo, e non sono un pugile io.
Sul calendario segno con delle x i giorni in cui non ci vediamo e novembre è un campo minato e son troppo goffo per uscirne vivo. Che non sono come te, ahimé.
E' che poi nel 2010 non sentirsi mai, con le grandi novità tecnologie di fine secolo, è una dichiarazione di intenti e il notaio firma per i miei tentativi a vuoto di farti capire che non era un calesse.
Quando poi la poesia è diventata sempre meno e non ce la facevo più a competere con i volti. Cari a te, cari a me ma con un diverso significato linguistico.
Che dall'ultima volta che ti ho visto, sogni ubriachi a parte, avevi le labbra secche,gli occhi assonnati e le ossa in vista. Ma sta svanendo tutto e non ho una Delorean e sei irraggiungibile come il mio telefono se sto in cucina in provincia. E non ho nemmeno una bicicletta per farmi tagliare il volto dal vento e vantarmi delle lacrime. Che avevo bucato i sentimenti.
E ora perdo solo.


Mattia Barro

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